Coronavirus e panico, parla lo specialista
Intervista allo psicologo Roberto Anchisi: impariamo a vivere nel presente senza lasciarci prendere dall’angoscia. Il futuro? Un concetto relativo…
Non è un film: è la triste realtà del 2020, che vede il mondo precipitare nelle tenebre a causa del Coronavirus. L’epidemia partita dalla Cina ha generato il panico anche in Italia.
Le persone, confuse da un’informazione caotica, in cui le false informazioni e la verità si sono aggrovigliate più volte, sono coinvolte in una grave pandemia che ricorda la Spagnola di un secolo fa. La Sanità del Nord, considerata un’eccellenza, va in tilt. Alcuni virologi esternano tutti i giorni sui media generando ancora più caos.
E fra opinioni più o meno fondate e mezze verità si continua a morire. Le prime vittime sono i nonnini che, già fragili per l’età, non reggono i cocktails di medicine che i medici somministrano nei reparti di malattie infettive.
Il mondo globalizzato vive la tragedia della perdita di familiari o amici, e nell’attesa che esca fuori il vaccino, l’Istituto Superiore della Sanità invita tutti a mantenere il distanziamento sociale, anche ora che siamo nella cosiddetta fase 2.
Dall’Asia all’Europa il virus si è spostato anche in America; tutti gli Stati vivono il dramma del contagio fra le persone più fragili, i bambini invece sono meno colpiti, ma dilaga fra le persone la paura di essere asintomatici e diventare untori involontari. Da marzo l’Italia si è fermata per oltre due mesi: nessuno esce di casa, non si va a lavorare, niente scuola.
Sono cambiati forzatamente i nostri modi di vivere. Lo scenario della nostra vita è diventato un sentiero buio, la paura di ammalarsi e di morire é sempre impresso nella nostra mente.
Ma la sfida più grande è quella interiore: come vincere la grande paura che degenera spesso in attacchi di panico ed angoscia?
Per rispondere domande così delicate, interpelliamo Roberto Anchisi, psicologo e psicoterapeuta, direttore scientifico dell’Ascco-Accademia di scienze comportamentali e cognitive di Parma e membro del consiglio direttivo di Iescum-Istituto europeo per lo studio del comportamento umano.
L’essere umano è annichilito dalla paura di morire e si sente smarrito nel caos della comunicazione mediatica, che ha veicolato spesso informazioni fuorvianti.
Iniziamo dalla paura: che cos’è realmente? Quella che ci attanaglia, mentre siamo in casa pensando a tutto ciò che sta accadendo là fuori o che accadrà nel futuro, non è reale, è un pensiero e proprio perciò è ancora più difficile da gestire, perché contro il pensiero siamo sguarniti: non possiamo lottare contro un pensiero usando lo stesso strumento che lo produce, ossia un altro pensiero. Si può uscire da questo circolo vizioso coltivando l’abitudine a vivere istante per istante, fidandosi della propria esperienza e affrontando con curiosità gli eventi nel momento in cui si presentano. La paura invece nasce dal pensare al futuro sulla base di esperienze negative del passato. Ci si vede ancora come nel passato, quando si era vittime di errori nostri e altrui. Ma il ricordo del passato noi possiamo riviverlo oggi come prezioso dono d’esperienza e lasciare che ci guidi nell’affrontare le situazioni presenti, o nel definire piani di prevenzione. E il futuro diventa l’occasione per sperimentare nuove forme di comportamento e, nel caso della pandemia del corona virus, nuove forme di vita personali, sociali, politiche ed economiche.
Le famiglie fanno i conti con lo spettro del virus e della miseria: come possono aiutare i nostri figli a superare questi giorni tristi?
Possiamo aiutare i nostri figli con l’esempio. Un antico detto cinese dice: «Se hai paura del futuro, inizia a vivere bene il presente», perché il presente che stiamo vivendo qui ora è il futuro di ieri. Vivere bene il presente, perché questo istante ce lo portiamo dietro e affronteremo il domani esattamente come affrontiamo ora questo istante.
Come far nascere la speranza nel cuore degli uomini afflitti dal dolore per la morte dei loro cari?
Ciò che affligge e rende la morte di una persona cara un dolore insopprimibile è il pensiero del vuoto che essa lascia. E tuttavia la vita di chi rimane continua e il senso di vuoto si attenua e gradualmente si trasforma in presenza di un ricordo di «amorosi sensi»: la vita trascorsa con chi ci ha lasciato può riempirci di ricordi affettuosi e condurci a riflettere sul valore della vita. È decisivo a questo punto riconoscere che il valore della vita dipende dai valori della Persona: valori che accomunano ogni persona, immutabili e universali, non condizionati dallo spazio e dal tempo. Per comprendere appieno questa affermazione possiamo soffermarci a riflettere sul nostro posto nell’Universo. Per questo mi piace riportare quanto ha scritto al riguardo una cara amica, Cristina Favero, dottore di ricerca in Fisica teorica. Secondo Cristina, la quarantena forzata ha modificato in profondità la nostra percezione dello spazio, che si è ridotto a livello fisico e ampliato a livello mentale, grazie anche al ricorso massiccio e obbligato alla tecnologia per mantenere I contatti umani. Allo stesso modo, è mutata la cognizione del tempo, che è diventato fluido e si è dilatato. Adesso percepiamo la nostra piccolezza e ci sentiamo smarriti. Ma proprio queste debolezze sono i punti su cui lavorare per riprendere a vivere. Questi punti deboli ci portano a considerare noi stessi non come persone che valgono per le doti che posseggono o per il successo ottenuto, ma per i valori che muovono le nostre azioni e che danno senso alla nostra vita. I valori non sono obiettivi da raggiungere, ma processi psicologici che possiamo attuare in ogni istante. Angosciarsi ora pensando a che cosa ci attende domani, ci impedisce di vivere il presente, i valori invece ci consentono di vivere durante il passaggio dal passato al futuro. A questo proposito consiglio di vedere il video di Stefano Massini su Youtube: L’orologiaio e il re.
I valori che possono guidarci sono la curiosità, la creatività, il coraggio, la perseveranza, la libertà e la gratitudine.
Comunque vada, il Coronavirus cambierà la nostra storia sociale: abbiamo bisogno di un aiuto, di un supporto psicologico, dell’arte, della filosofia, del teatro, del cinema. Cosa consiglia a tutti per andare avanti? La creatività può salvarci?
Con i bambini si può sollecitare la creatività facendoli disegnare e sperimentare. Faccio l’esempio di Edo, 3 anni, che segue un corso di origami oppure gioca con i labirinti per allenare curiosità e perseveranza. Agli adolescenti si può chiedere di fisicizzare la paura, perché esprimerla attraverso il disegno consente di oggettivarla e di vederla in maniera distaccata, come altro da sé. Come nel caso di Erik, 17 anni. Infine, Gli adulti possono esprimere le proprie paure con la scrittura, per riflettere sui propri sentimenti e su come valorizzare il momento presente.
Per concludere, sempre nel segno dell’arte e del web, segnaliamo alcuni video realizzati durante il lockdown. Il primo è stato realizzato dalla performer Mona Lisa Tina ed è intitolato Al posto mio. Il secondo, Ombre Cinesi vs Coronavirus, è realizzato da Alessandro Lanzini, in arte Mago Dylan. Intrigano anche Il mio minuto in quarantena d’artista di Gianmarco Pulimeni e Uno sguardo interiore nella caverna del virus di Orazio Garofalo.
(a cura di Carmelita Brunetti)
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