Il Sole 24Ore boccia la Calabria e Gangemi fa il poeta…
Reggio Calabria è al terz’ultimo posto nella classifica del quotidiano di Confindustria. Lo scrittore replica piccato e parla della bellezza della sua terra e della dolcezza del vivere al Sud. Ma la qualità della vita non si riduce ai paesaggi e alla natura (magari…) e, a dispetto della poesia, la gente continua a scappare
Sono passati tre giorni e le polemiche, inutili, non si fermano. Le ha scatenate il Sole 24Ore con la sua classifica sulla qualità della vita, dove il Nord è avanti, il Sud indietro e Calabria e Puglia fanno a gara nel collezionare maglie nere. A sorpresa o quasi ha vinto Belluno, il che ha un altro sottinteso: la montagna vince sul mare.
Che sia così lo conferma anche il risultato de L’Aquila, prima città del Sud e, guarda caso, anch’essa in montagna.
Diciamo subito che a queste classifiche non crediamo o crediamo poco. Sicuramente di meno degli amministratori che subiscono la “sindrome ciclistica” e gioiscono o si lamentano per un piazzamento, anche se questo piazzamento non è granché. Ad esempio, lo ha fatto il sindaco di Crotone, orgoglioso del fatto che la sua provincia sia risultata 85esima, la prima in Calabria e la quinta nel Meridione. Certo, il campanilismo ha di che compiacersi e aver battuto i catanzaresi (al 90esimo posto) e i cosentini (91esimi) forse qualche soddisfazione può darla a chi ha gli orizzonti bloccati tra Pollino e Stretto e deve sforzarsi un po’ per valicare la Sila Greca.
Il problema è che il Sud è messo male comunque (e risulterebbe messo peggio in una eventuale classifica europea) e che le province calabresi, inclusa Crotone, sono comunque in zona retrocessione.
Ma questi sono affari dei sindaci. Il guaio è che la classifica del Sole è stata presa sul serio anche da qualche intellettuale. È il caso dello scrittore reggino Mimmo Gangemi che, dalle colonne de Il Dubbio, si è esibito in un poetico esempio di meridionalismo per difendere la “sua” città, bocciata senza riserve (è terz’ultima) dal quotidiano di Confindustria.
Gangemi ha scoperto che, dopo l’antimafia, anche l’identitarismo sudista aiuta a far cassetta e si è lanciato in una difesa a oltranza del clima, dei paesaggi e del cielo dei suoi territori. E ha ragione: certi angoli di Reggio e dell’Aspromonte sono favolosi e certe bellezze a Belluno se le sognano.
Ma il criterio non è la mitezza delle temperature, che allontanano raffreddori e influenze anche a febbraio. Né bastano quei panorami mozzafiato, che i calabresi si portano nel cuore e che stregano i visitatori.
Proprio no. Non crediamo a certe classifiche, lo ripetiamo. E spieghiamo il perché: è possibile che le Università meridionali, calabresi e pugliesi in particolare, risultino tra le migliori in alcuni sondaggi ma che i livelli culturali, come ci rivelano altre indagini, siano da profondo rosso? È possibile che l’inquinamento mafioso sia alle stelle ma la vivibilità resta comunque alta? Misteri della statistica (e, consentiteci la malignità, degli inserzionisti, pubblici e non, visibili o meno).
Però un dato è certo, in questo sondaggio: chi lo ha elaborato non si è fermato alla salubrità dell’ambiente e alla bellezza delle zone, ma ha considerato anche altri criteri non secondari, presumiamo anche per intellettuali, poeti e sognatori: la sicurezza, i consumi e le attività culturali, gli acquisti online (un’arma a doppio taglio, che depone a favore dei consumatori, meno dell’offerta locale), l’occupazione, ecc.
Se le cose stanno così, l’amore per la propria terra può davvero poco.
Noi, ripetiamo ancora, non crediamo alla classifica del Sole. Tuttavia, se 200mila calabresi, il 10 per cento della popolazione censita nel 2010, hanno abbandonato la propria regione nell’ultimo quinquennio qualcosa ci sarà. E questa emorragia, macroscopica in Calabria, è vistosa anche in tutto il resto del Sud.
Questi non sono statistiche e sondaggi, ma dati, numeri veri diffusi dalla Caritas, che ammonisce: dall’Italia la gente ha ripreso a scappare e dal Sud di più.
Ecco: con questo dato, che rende persino superflua la discussa classifica, dobbiamo fare i conti. Conti seri, per cui le difese d’ufficio, dettate dall’amore e dall’esigenza di far cassetta perché il proprio mestiere è scrivere libri per venderli, non bastano.
Anche l’identitarismo rischia di scadere in caricatura, di fronte al duro impatto con la realtà: se un giovane va fuori regione perché “fuori”, in molti casi all’estero, si studia meglio, si lavora a condizioni dignitose e si ha la possibilità di ampliare i propri orizzonti, non gli si può dar torto.
Certe cose è facile scriverle per chi scrive per editori blasonati e, grazie al successo ottenuto scrivendo dei mali della Calabria (soprattutto l’inflazionata ’ndrangheta), può ora pontificare su tutte le testate che vuole, prestigiose e non.
La realtà è un’altra cosa.
Gangemi lasci stare certi campanilismi, che sono accettabili in bocca a un sindaco che qualcosa deve pur dire a chi lo ha votato.
Gli intellettuali hanno un altro compito: girare il dito nella piaga. Sappiamo che il paragone è ingeneroso, ma al riguardo viene in mente la lucidità di Sciascia e di Sharo Gambino, implacabili nel denunciare i mali e appassionati di un amore folle per le loro terre. Già: l’amore non è acritico. Tutt’altro.
Piuttosto, se possiamo permetterci il consiglio, il bravo scrittore reggino farebbe bene a frequentare un po’ meno la convegnistica e a girare di più per strada, come al Sud fanno tanti cronisti che si ammazzano di fatica, spesso per editori improbabili e per un pubblico ingrato. Imparerebbe qualcosa e forse, lui che può, riuscirebbe a trasmetterla come si deve.
Saverio Paletta
10,923 total views, 2 views today
segnalo una disfunzione: non si vede né il mio commento né, cliccando su view, si apre la risposta. buona giornata
Abbiamo risolto il problema: grazie per la segnalazione e ci scusiamo per la pazienza richiesta
Ho visto solo solo adesso questo articolo. E registro, oltre l’inutile sarcasmo, molte inesattezze. Nel mio articolo su “Il Dubbio” ho annotato a favore della mia terra più argomentazioni delle due riportate dal giornalista (i valori umani, che contano e però non entrano nella qualità della vita secondo ilo Sole 24 Ore, mi riferisco alla solidarietà, all’accoglienza, al senso di famiglia, alla piazza per quello che significa, ecc). E non mi sono promosso scrivendo di ‘ndrangheta. Se si fosse informato, saprebbe che da anni rifiuto di scrivere di ‘ndrangheta, non perché non si debba scrivere, pittosto perché quando a farlo si è in troppi si alimenta il pregiudizio ben oltre i demeriti della regione. Poi, il buon Panetta si faccia una ragione del fatto che se scrivo per i grandi giornali e non per Il Quotidiano del Sud è perché IO so scrivere.
Egregio Gangemi,
Mi scuso anche io per la risposta tardiva alla sua critica, legittima ma inesatta, al mio articolo.
Iniziamo dalle date: per un problema tecnico, di cui mi scuso anche se è in via di risoluzione, l’articolo cambia data a ogni piccola modifica. Tuttavia, il server reca la data della pubblicazione: 30 novembre 2017, quasi una vita fa.
Lecito, quindi che il Saverio Paletta (e non Panetta) del 2024 non ricordi quel che aveva scritto il Saverio Paletta (e non Panetta) di sette anni prima.
Purtroppo, temo, neppure gli ex colleghi de Il Garantista, transitati nel frattempo, a Il Dubbio, ricordano il suo articolo da cui all’epoca avevo preso spunto: non si trova più online.
Fermiamoci alla cronologia: il Gangemi del 2017 aveva scritto molto di ’ndrangheta (la serie dedicata al Giudice Meschino e il romanzo Il prezzo della carne) e aveva partecipato ad Attenti al Sud, un libro collettivo ispirato alla narrazione terronista e borbonizzante allora in voga.
Quindi non è inesatto dire, come ho fatto io, che molto del successo di Gangemi derivasse dal mainstream mafiologico anch’esso in gran voga nello scorso decennio.
Ultima cosa: non oso mettere in dubbio che Gangemi scriva bene. Ma sono convinto che scrivano altrettanto bene molti colleghi passati per il Quotidiano del Sud, che forse non godono dei contatti di cui gode l’ingegnere reggino.
Tuttavia, prego chiunque legga di non intravedere l’invidia o altre sensazioni poco edificanti in quel che affermo: per me anche i contatti (persino le raccomandazioni) e la fortuna sono meriti, nel duro mestiere di chi scrive. Quindi, pure sotto quest’aspetto onore al merito di Gangemi.
Mi dissocio, però, dall’affermazione secondo cui se si sa scrivere si scrive sugli organi di stampa nazionali. Certo, anche lì la gente che sa scrivere non manca. Ma il pop non è sinonimo di bravura.
Prova ne sia che su alcune delle predette testate ha scritto anche una non proprio brillantissima come la compianta Michela Murgia…
Con grande cordialità