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Mazinga e altre amenità. E il giornalismo diventa cabaret

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Non è un robot. È solo la chiacchiera di una crisi estiva, accolta come un colpo di genio da un giornalismo sempre più privo di idee vere

Ma come sono briosi e accattivanti, i media del Duemila. Nell’ansia di catturare l’attenzione dei lettori (non che ne siano rimasti molti…) cercano di continuo il titolo a effetto e l’invenzione verbale che si imponga nell’immaginario collettivo, almeno per un po’.

Tra le tante, è spuntata pure questa: il governo “Ma-Zinga”. Che manco a dirlo ha funzionato ed è stata ripresa a destra e a manca. Non sia mai che ci si lasci sfuggire una di quelle sciocchezze a presa rapida – tipo le canzoni tormentone dell’estate, Asereje jé jé – che piacciono tanto al pubblico radio-tv e agli utenti di Internet.

Il sito giornalettismo.com va addirittura in brodo di giuggiole. E acclama la trovata come «un colpo di genio». Sottolineando che «Lo si fa spessissimo nel giornalismo di spettacolo e di costume e società: intrecciare i nomi di star, coppie o personaggi per rendere più colorata la scrittura oltre che più rapida».

Come no? Giustissimo, sacrosanto, quasi doveroso, fare altrettanto in qualsiasi ambito. Politica compresa. Quale che sia l’argomento, la serietà del linguaggio è da evitare con ogni mezzo. Mica bisogna approfondire e men che meno studiare: basta orecchiare e accodarsi al chiacchiericcio.

Metodo Barnum: “Venghino-signori-venghino, che qui siamo un sacco brillanti e parliamo di tutto senza mai annoiarvi”. E il pop sprofonda nel trash.

Federico Zamboni

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