Come i Servizi Segreti stanno cambiando il mondo
Nel suo ultimo libro, Aldo Giannuli spiega il modo in cui gli apparati di informazione e sicurezza sono diventati determinanti nella vita delle democrazie, a partire dalla Guerra Fredda a finire alle sfide del terrorismo globale e ai conflitti economici
Rieccolo. E non si smentisce: Aldo Giannuli, dopo una consistente parentesi storiografica dedicata alla storia dell’Unione Sovietica e alla strategia della tensione, è tornato al suo argomento principe. O meglio, all’argomento che lo ha reso famoso: l’intelligence.
Col suo Come i Servizi Segreti stanno cambiando il mondo, uscito da poco per la milanese Ponte alle Grazie, lo storico pugliese, che vanta una collaborazione di lungo corso con la Commissione stragi e varie Procure, riprende il discorso inaugurato col classico Come funzionano i Servizi Segreti (2011) e con l’intrigantissimo Come i Servizi Segreti usano i media (2012).
A questo punto, è scontatissima una domanda: era davvero necessario un altro libro sull’argomento, tanto più che negli ultimi anni la produzione scientifica sul mondo complicato dei servizi segretii è cresciuta in maniera esponenziale?
Rispondiamo subito: al di là del titolo ammiccante che promette chissà che rivelazioni, l’ultimo volume di Giannuli non è un saggio divulgativo né un libro sensazionalistico (come non lo erano i suoi predecessori). A volerlo proprio classificare, si potrebbe dire che Come i Servizi Segreti stanno cambiando il mondo è un lavoro di alta divulgazione: il libro spiega molte cose con una grande chiarezza di linguaggio, ma si rivolge a un pubblico particolare: a chi sa già qualcosa sull’argomento, magari per fornirgli informazioni più precise, senz’altro agli addetti ai lavori, a cui possono interessare le tesi dell’autore e, più in generale, a quelle che una volta erano definite persone di cultura, a cui può interessare un inquadramento più particolareggiato dell’argomento.
Inoltre, il libro conferma il taglio particolare di Giannuli, che è stato il primo autore portare al mainstream questa materia senza demonizzarla. Detto altrimenti: tranne alcune, vistose eccezioni, l’intelligence è stata raccontata in maniera spesso faziosa e comunque frammentaria da giornalisti o non addetti ai lavori oppure, viceversa, è stata appannaggio di tecnici o di specialisti, i cui lavori non sono mai andati oltre la cerchia del pubblico più specialistico. Con Gannuli – che in questo senso ha profittato bene della scia positiva inaugurata dall’ex presidente Francesco Cossiga – è iniziato un racconto diverso: i Servizi, come si apprende dall’Introduzione del libro, «non sono più un’articolazione periferica del potere, ma il cuore dell’azione strategica: un mutamento negli equilibri di potere di cui occorrerà sempre più tenere conto».
Di conseguenza l’intelligence, che a lungo è stata considerata solo l’attività – se si vuole il know how – dei Servizi, è diventato un metodo di conoscenza esteso e sofisticato, applicato in abbondanza anche nel settore privato, con un’efficacia che ha poco da invidiare a quella degli apparati statali delle grandi potenze.
Intendiamoci: le cose sono un più complesse di così ed è davvero difficile dire se sia stata la crescita – anche in termini di prestigio – dei Servizi ad aver lanciato l’intelligence o sia stato l’affinarsi di quest’ultima ad aver valorizzato quelli. Se sia nato prima l’uovo o la gallina, insomma.
Di sicuro c’è che i Servizi hanno acquisito un peso notevole, prima d’ora inedito, nelle agende politiche e che l’intelligence, intesa come disciplina, ha messo piede con decisione nel mondo accademico.
Giannuli racconta perché (e quando ci riesce anche come) è successo tutto questo in cinque capitoli (più una Conclusione) che chiariscono il percorso che ha portato i Servizi alla loro assoluta centralità. Ad essere, per dirla con Pizzorno, quel nucleo cesaristico del potere, di cui le democrazie hanno un paradossale, disperato bisogno, per sopravvivere alla complessità della globalizzazione e alla crisi della statualità.
Nati come sistema di difesa politico-militare e come strumento di controllo (e, a volte, di condizionamento) sociale, i Servizi Segreti hanno iniziato la loro forte parabola ascendente a partire dalla Seconda Guerra mondiale e, ancor più, dalla Guerra Fredda per ragioni più che intuibili: l’impossibilità di conflitti militari tradizionali tra le grandi potenze determinata dal deterrente nucleare; la nascita di nuovi soggetti politici, alcuni addirittura non statuali (si pensi all’Olp, all’Ira, ai terroristi baschi) e gli scossoni politici iniziati con la decolonizzazione (e i connessi movimenti di liberazione nazionale) hanno trasformato il concetto di guerra e trasformato in prassi i conflitti asimmetrici, che fino alla prima metà del XX secolo erano un’eccezione.
In questo contesto, i servizi diventano pian piano uno strumento militare e diplomatico di prima grandezza: sono lo strumento attraverso il quale i nemici dialogano sottobanco e gli amici se ne danno di santa ragione al riparo da occhi e orecchie indiscreti; sono la fionda con cui Davide assesta il colpo micidiale a Golia (e l’esempio del Mossad calza a pennello); sono, inoltre, il mezzo di filtraggio e di scambio di informazioni vitali, che dà il via a un mercato parallelo a quello finanziario ma di uguale importanza.
Ovviamente, e Giannuli come tutti gli addetti ai lavori lo sa benissimo, non esiste una scienza dell’intelligence, che – al pari della Medicina o della Giurisprudenza – è scienza in senso lato, perché si basa sulle elaborazioni di altre discipline: in questo caso la Scienza politica, la Geopolitica, la Scienza militare, la Polemologia, l’Economia e via discorrendo.
Per questo motivo, i curiosi non troveranno nulla in questo libro che spieghi la storia, la struttura o il funzionamento di questo o quel Servizio (per i quali si rinvia agli altri due libri di Giannuli e alla letteratura storica sull’argomento, diventata corposa nell’ultimo decennio), ma una descrizione dell’attività e dell’utilità dei Servizi in un formidabile quadro disciplinare.
Dal quale apprendiamo alcune cose. Innanzitutto, così come non esiste più il monopolio statuale della sfera del politico così non si può parlare più dell’intelligence come attività di uno o più organi dello Stato, ma esiste una comunità dell’intelligence in cui i Servizi tradizionali si confrontano con soggetti privati e non è detto che questi ultimi (si pensi agli apparati di sicurezza delle grosse multinazionali o alla mole di informazioni di cui dispongono gli imperi informatici) siano la parte debole o meno attrezzata.
La crescente perdita di peso della statualità ha messo in primo piano altre forze e non è proprio un caso che la conflittualità abbia assunto altre forme, ad esempio quelle economiche della concorrenza. Non è il caso di insistere troppo sulle affermazioni di Carl Schmitt sul fatto che l’economia è diventata qualcosa di politico (e viceversa), sebbene il grande giurista tedesco si riferisse all’invadenza delle dottrine economiche nel campo dell’ideologia politica. Oggi, che questo processo è andato oltre, i Servizi, ammonisce ancora Giannuli, hanno acquisito un ruolo forte anche nelle guerre economiche.
Come i Servizi Segreti stanno cambiando il mondo non è un manuale. Ma da manuale sono senz’altro i vari paragrafi dedicati, appunto, ai conflitti monetari, sia in senso proprio (quello tra Usa e Cina) sia nel senso di conflitti politici combattuti con lo strumento della moneta (il caso della Turchia), una distinzione labile di cui occorre tuttavia tenere conto.
E non va scordato l’altro importante settore dei conflitti economici, che riguarda le risorse naturali: al riguardo, risultano interessantissime le riflessioni di Giannuli su alcuni gialli delle cronache recenti (il caso Regeni e le intricate vicende che hanno riguardato Renault e Volkswagen), pieni di spunti degli del miglior giornalismo d’inchiesta.
Simpatica anche la serie di valutazioni sui vari Servizi: si va dalla constatazione del declino della Cia (di cui è parallela l’ascesa della Nsa e la buona performance del Dipartimento della giustizia americano nel settore dell’intelligence), alla promozione dei nuovi Servizi russi che hanno ripreso la lezione del Kgb e l’hanno declinata in chiave hi tech, alla promozione dei nostri Servizi con un voto tra il sufficiente e il discreto, un risultato niente male in tempi di terrorismo globale e completamente asimmetrico.
Ce n’è quanto basta per deliziarsi con una lettura lontana dalle consuete dietrologie e dalle solite, brutali e banali semplificazioni.
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