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Dsga, mattanza balcanica in un concorso nordista

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Le bocciature record in Lombardia tolgono ogni dubbio: a Nord si è bocciato davvero troppo e molte scuole resteranno scoperte. Esplode la rabbia e c’è chi, sulla scorta di brogli asseriti (ma da verificare) tenta i ricorsi o si rivolge alle Procure. Lo scandalo è dietro l’angolo?

I campanelli d’allarme hanno iniziato a tintinnare da aprile, con i risultati del Piemonte. Il Concorso per Dsga (Direttori dei servizi generali e amministrativi) delle scuole è diventato a due velocità.

Si è pesantemente settentrionalizzato, nel senso che, cifre alla mano, risulta a colpo d’occhio gestito sulla base di istanze ed esigenze territoriali, facilmente intuibili ma che ancora non spetta a noi dire.

Riprendiamo dal Piemonte e lasciamo parlare le cifre. Il 24 aprile è arrivata la prima doccia fredda per i concorsisti: il risultato delle prove scritte di novembre. I posti messi a bando sono 221 più una riserva del 30%, per un totale di 287. Gli ammessi agli orali sono stati 282, che già non coprono il fabbisogno. E i posti scoperti potrebbero essere di più se agli orali si verificasse un’altra scrematura. Questa selezione è stata operata su circa 620 aventi diritto che avevano passato le preselettive di giugno 2019, dei quali avrebbero partecipato effettivamente agli scritti in 550 circa.

In entrambi i casi il dato è abnorme: se si prende come unità di misura gli aventi diritto, i promossi sono il 30%, se, invece, si parte dai partecipanti effettivi, i promossi sono meno della metà.

La domanda sorge spontanea: possibile che i candidati fossero così asini in massa da non poter essere presi in considerazione per coprire il fabbisogno dei posti?

Se la sono posta anche i partecipanti agli scritti del Friuli, dove la mattanza, emersa il 12 maggio, è stata meno visibile solo perché operata su numeri minori.

In questo caso, i partecipanti agli scritti sono stati 200 più una quota di diversamente abili esonerati dalle preselettive, per coprire 83 posti (cioè 64 messi a bando più riserva del 30%). I promossi sono stati 67, ovvero il 34%.

Sulla stessa linea di tendenza si è confermato, coi risultati del 18 maggio, il Veneto, che coi suoi 233 ammessi agli orali non ha coperto il fabbisogno complessivo di 260 posti.

Ma il peggio doveva ancora venire. Lo ha raggiunto la Lombardia, in cui sono messi a bando 600 posti complessivi (450 più riserva). I risultati degli scritti, pubblicati il 10 giugno vanno oltre la durezza e configurano una mattanza in stile messicano o balcanico: sui 1.362 aventi diritto sono stati ammessi agli orali (ma sarebbe il caso di dire sopravvissuti) in 207. Detto altrimenti, è stato passato per le armi l’85% dei candidati.

Erano più asini? Non si sa, ma in tanti si sono fatti anche questa domanda, a partire dal Comitato Difendiamo il Concorso Dsga, che nel giro di poche ore dirama un comunicato stampa (leggi qui).

Ma ciò che davvero conta non è tanto l’amarezza di questa particolare associazione di categoria, che si è battuta gli scorsi mesi contro i sindacati, rei di voler condizionare il concorso. Contano i sottintesi:

«La vicenda è ancora più paradossale se si considera che, ad oggi, il ruolo di DSGA è ricoperto, in gran parte, da persone neanche in possesso del titolo di laurea richiesto per legge e che non sono state in grado di superare la prova preselettiva del concorso».

Questo passaggio del comunicato è un palese riferimento alla polemica con i Dsga facenti funzioni, ovvero gli assistenti amministrativi che hanno ricoperto per anni questo ruolo delicato anche se privi di laurea e che erano stati ammessi a partecipare al concorso in virtù di questa supplenza.

Infatti, la Cgil, in prima fila da subito nella difesa dei Dsga facenti funzioni, ha colto la palla al balzo con un’intervista pubblicata, sempre il 10 giugno, da Tecnica della Scuola in cui Anna Maria Santoro, la responsabile nazionale per la contrattazione della Flc-Cgil, ha invocato il concorso riservato per i facenti funzione allo scopo di coprire i posti lasciati vacanti dalla mattanza polentona (leggi qui). In pratica, il sindacato prova a far rientrare dalla finestra ciò a cui il Presidente della Repubblica aveva sbarrato le porte a dicembre: una verticalizzazione interna, inammissibile secondo il dettato costituzionale, la normativa e la giurisprudenza, italiana ed europea.

La dirigente sindacale Anna Maria Santoro

Ancora una volta ci soccorrono i numeri. I posti messi al bando in questo concorso paradossale sono in totale 2.004, che tuttavia non coprirebbero il fabbisogno effettivo, dato che la ministra Lucia Azzolina ha dichiarato che avanzerebbero circa altri 800 posti.

Le quattro regioni esaminate (Piemonte, Lombardia, Friuli e Veneto) da sole pesano 1.030 posti. Se anche l’Emilia Romagna confermasse questo trend da macelleria, se ne ricaverebbe che di fatto le commissioni esaminatrici hanno rimesso in gioco i facenti funzioni.

Il perché emerge dal paragone con le regioni del Sud, dove i posti sono decisamente meno e sono stati coperti con un numero preciso di promozioni (è il caso di Puglia, Basilicata, Calabria e Molise) o generosamente locupletati (Sardegna e Sicilia). Senza contare ovviamente la Campania, che è un caso a sé, visto che gli ammessi agli orali sono quasi il doppio dei posti disponibili.

Se la demografia non è un’opinione, la maggior parte dei posti da coprire è nel Nord. Ed è proprio lì che è sorta la contesa tra facenti funzioni e concorsisti ordinari.

Perciò la raffica di bocciature ha avuto come esito una maggiore disponibilità di ruoli per i facenti funzioni a partire da settembre.

Attenzione: parliamo di una situazione di fatto. Che dietro di questa ci sia stata un’intenzione è un altro discorso e tutto da dimostrare.

Al riguardo, c’è un solo indizio: il fatto che il Ministero dell’economia e finanze avesse assicurato lo scorso inverno la copertura finanziaria solo per mille posti ai vincitori del concorso. I commissari avrebbero fatto, quindi, di necessità virtù e lasciato lo spazio ai facenti funzioni che costerebbero di meno alla pa rispetto ai vincitori? È una pura ipotesi, che dovrebbe comunque fare i conti con la discrezionalità tecnica delle commissioni, che a sua volta è un ostacolo, duro per i giudici amministrativi e invalicabile per gli operatori dell’informazione.

La rabbia degli esclusi non si limita solo al fatto crudo della mattanza: alcuni starebbero preparando ricorsi, altri, come un gruppo di esclusi della Lombardia, sono andati oltre e hanno annunciato un esposto alla Procura della Repubblica.

Ciò sposterebbe di non poco la contesa e potrebbe significare che le anomalie di questo concorso sarebbero decisamente più pesanti e che la regionalizzazione della Scuola, tanto cara alla Lega, avrebbe solo esasperato certe pratiche tutte italiane emerse già in altri concorsi.

La dirigente del Miur Carmela Palumbo

Un’anomalia è visibilissima ed è contenuta in un documento della cui veridicità è difficile dubitare. È una missiva datata 6 novembre 2019, in cui Carmela Palumbo, capo dipartimento del Ministero dell’Istruzione annuncia in maniera sibillina la sostituzione della seconda prova scritta:

«Facendo seguito a quanto già anticipato per le vie brevi, si informano le SS.LL che si è reso necessario sostituire nella mattinata odierna la traccia già prevista pe la 2° prova del concorso in oggetto».

La necessità di sostituire la prova last minute ha avuto una conseguenza, necessaria ma non proprio bellissima: niente plico telematico criptato (che garantisce il massimo della sicurezza) ma invio tramite semplice file in pdf via mail (e c’è da sperare che siano state usate delle pec, almeno).

Ma a cosa era dovuta questa necessità di sostituire la seconda prova, tra l’altro di natura pratica – un atto amministrativo da preparare -, in gran fretta?

Lo sanno solo la Palumbo e i suoi interlocutori. Al momento.

Tuttavia, il tam tam dei social, in cui le chat e i gruppi più o meno riservati ribollono d’ira e informazioni, fa trapelare qualcosina.

Si parla, nei casi migliori, di fughe di notizie sui quesiti teorici della prima prova scritta e, nei peggiori, di vera e propria compravendita delle tracce, ovviamente già svolte. Di più (e di peggio): sarebbe stata in vendita nel mercato nero del concorso una rosa di 23 domande, tra cui le sei effettivamente uscite. Ancora: alcuni compratori si sarebbero lamentati di aver pagato e, a differenza di altri colleghi che avevano fatto altrettanto, di essere stati bocciati lo stesso.

Sono voci gravissime, perciò siamo ben lontani dal mettere la mano sul fuoco persino sulla loro verosimiglianza. Anzi, speriamo sinceramente che siano false.

Tuttavia è un fatto che queste voci girino e inquietino sin troppo e perciò le riferiamo.

Se queste voci siano davvero la spia di un marciume che potrebbe minare il concorso alla radice o siano solo chiacchiere diffuse per rabbia e delusione, non siamo davvero in grado di dire (e d’altronde non spetta a noi). Ma non possiamo proprio trattenerci dal formulare alcune domande: queste voci sono finite, altrimenti documentate, nell’annunciato esposto? E, inoltre, la compravendita avrebbe riguardato solo la Lombardia o altre regioni? E chi sarebbero stati i mercanti?

Potrebbe essere l’inizio di una tragedia o di una farsa. O forse di tutt’e due. Ma queste, se confermate, potrebbero non essere le sole irregolarità. Anzi, ce ne sono alcune visibilissime che aspettano di essere vagliate.

Ne parleremo quanto prima.

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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