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Giù le mani da Montanelli!

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L’iconoclastia, tragica e ridicola altrove, in Italia si è ridotta a pura farsa: gli ultrà sinistra hanno preso di mira la statua del grande giornalista, accusato di razzismo e pedofilia. I neoborb rivolgono le stesse accuse a Garibaldi. Al peggio non c’è fine…

Non vogliamo dar lezioni di storia ai non pochi gruppi di prepotenti e incolti che impazzano, quasi indisturbati, nel nostro Paese.

Questo compito spetterebbe alle scuole, il cui malfunzionamento è sotto gli occhi di tutti, a partire dall’Ocse, che ha bollato senza pietà l’asineria degli studenti italiani: i peggiori d’Europa.

Indro Montanelli in una foto d’epoca

Ma è il caso di finirla con questa iconoclastia, che è inquietante nell’Occidente Profondo (quel che è accaduto in Usa e Belgio è esemplare) e ridicola in Italia.

Dietro certe forme di vandalismo ci sono l’ipocrisia e la cattiva coscienza con cui le parti peggiori del presente giudicano il passato evidenziandone le ombre, presunte o reali, e facendo finta che non ci sia stata alcuna luce.

Viene da ridere all’idea che Indro Montanelli sia finito nello stesso tritacarne in cui i neoiconoclasti del politically correct hanno gettato Cristoforo Colombo e Leopoldo II del Belgio.

Già: non c’è alcuna connessione diretta tra lo scopritore inconsapevole dell’America e lo sterminio degli amerindiani. E gli eccessi europei nello Stato libero del Congo (che, prima di diventare colonia, fu un grosso feudo personale del re del Belgio) non possono essere l’unico metro di giudizio sul colonialismo, che fu fenomeno complesso.

Queste connessioni le può trovare solo la cattiva coscienza dei pronipoti ingrassati in abbondanza – e senza meriti – dagli abusi, presunti o reali, dei bisnonni.

Una statua di Colombo sfregiata

Occorrerebbe ricordare a tanti ragazzotti che oggi protestano contro le statue che il Belgio, senza la rapina coloniale durata quasi due secoli, sarebbe rimasto un fazzoletto di terra piuttosto mediocre, schiacciato ai margini dell’Atlantico. E che, senza Colombo, l’America non sarebbe semplicemente esistita. Tutto questo per dire che è giusto denunciare i crimini, ci mancherebbe. Ma che è doveroso farlo senza applicare al passato la mentalità del presente.

Ma americani e belgi almeno denunciano tragedie. In Italia, per l’ennesima volta, è mancato il senso del limite e del ridicolo. E, visto che statue di gerarchi fascisti con cui prendersela non ce ne sono, si è ripiegato su quella di Montanelli.

La vicenda è nota: la statua milanese del grande giornalista, già oggetto delle attenzioni delle “femministe” 4.0, è stata vandalizzata dai soliti gruppuscoli di ragazzotti prepotenti (all’identificazione dei quali sta provvedendo la Digos). Il motivo, banalissimo, è rintracciabile nel celebre (e vecchio) coming out del grande giornalista sul suo legame con una ragazzina somala durante la guerra d’Etiopia.

Roba di ottantacinque anni fa, quando le spose bambine erano diffuse al Sud, figurarsi nel Corno d’Africa d’allora.

Statua di Leopoldo II del Belgio

Tra i vari interventi, si segnala per ipocrisia radical chic quello di Gad Lerner, che ha “assolto” sul Fatto Quotidiano Montanelli da tutte le accuse, tranne quella di antifascismo esplicito (leggi qui): lo scomparso giornalista non avrebbe, secondo Lerner, recitato abbastanza mea culpa per essere stato fascista da giovane e non essersi fatto il lavacro lustrale nella Resistenza (ma è noto che Montanelli finì la “sua” guerra nell’esercito del Sud perché convinto che «le guerre si combattono in uniforme»).

L’ipocrisia di Lerner, che arriva a riesumare la militanza piduista di Berlusconi, storico editore de Il Giornale montanelliano, riflette un tic pavloviano (e, permettete, decisamente razzista) di certa intellighenzia: si può essere giornalisti come si deve solo se si canta nel coro di certo sinistrese. Per gli altri serve comunque il test del Dna.

Essere vicini a un piduista (anzi due: con Montanelli collaborò a lungo anche Gervaso, che alla P2 risultò regolarmente iscritto) è un reato quasi razziale.

Essersi fatti le ossa negli ambienti di Lotta Continua, in cui i violenti, i facinorosi e gli incitatori all’odio non mancavano, no.

Essere conservatori e “afascisti” è una stimmata genetica. Aver praticato la militanza nei giornali-partito come il Manifesto è, invece, un dop di arianità giornalistica. Troppo comodo.

Ma se un big come Lerner, passato in Rai senza colpo ferire e senza (a quel che ci risulta) inchieste memorabili all’attivo, continua a sparare certi giudizi, non c’è da meravigliarsi che certi ragazzini incolti e digiuni di storia si scatenino e si mettano, come suole dirsi, sotto scopa. Già: l’eventuale reato non l’ha fatto chi ha chiesto irresponsabilmente la rimozione della statua – i cosiddetti “Sentinelli” – ma chi è andato materialmente a sporcarla.

La statua di Montanelli sfregiata “in rosa” dalle neofemministe

Ci permettiamo sommessamente di suggerire l’eventuale pena per i danneggiatori, qualora venissero identificati: lo studio forzato della storia del XX secolo.

È un consiglio che diamo da tempo a chi segue altre mistificazioni, in questo caso reazionarie. Ci riferiamo alle elucubrazioni degli ambienti neoborbonici, da cui proverrebbe un’altra chicca: la richiesta di rimuovere le statue di Garibaldi, anch’esso reputato pedofilo perché avrebbe concupito Anita che era ancora una ragazzina.

Inutile dire che, per sovrammercato, l’Eroe dei due mondi sarebbe accusato dai nostalgici d’o re Nasone di essere stato un negriero ecc. ecc.

Allora, visto che ci siamo, perché non rimuovere le statue di Cesare, colpevole anche lui di lolitismo (Cleopatra, ricordiamo, aveva appena sedici anni)?

Ma siamo seri. Chi scrive non chiederebbe neppure in sogno la rimozione delle targhe intestate a Lenin e, peggio ancora, a Stalin. Per un motivo banale: fanno parte della nostra storia.

E non ci sogneremmo di chiedere neppure la rimozione delle targhe dedicate al cardinale Ruffo, lo sterminatore dei rivoluzionari del 1799, perché faremmo torto alla complessità di un personaggio tutto da approfondire.

Gad Lerner, un evergreen del politically correct in chiave radical chic

Chiudiamo con un aneddoto: a Belmonte Calabro, un paese della costa tirrenica calabrese, c’è un sottopassaggio dedicato al “cardinale rosso”. Lo stimolo iconoclasta ci è venuto meno quando abbiamo visto due adolescenti scambiarsi un bacio sotto la targa. Abbiamo pensato che anche Eleonora Fonseca Pimentel avrebbe sorriso.

E pensiamo ai tanti ragazzini ai primi amori che si danno appuntamento a via Gramsci o a piazza Togliatti. E, magari, sotto la statua contestatissima del grande Indro.

Lasciamo stare statue e targhe, allora.

Piuttosto chiediamoci una cosa: che penserebbe di questo atto di vile teppismo la ragazzina africana che “frequentò” morganaticamente Montanelli se fosse ancora viva?

Non sappiamo, ovviamente. Ma possiamo farcene un’idea da quel che raccontò il giornalista (e che le neofemministe evidentemente ignorano a bella posta): sposò un ascaro, cioè un soldato delle truppe ausiliari del Regio Esercito, ed ebbe un figlio che chiamò Indro, in onore a quell’amore della prima fanciullezza.

Dobbiamo davvero aggiungere altro?

Saverio Paletta

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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