Pino Aprile a Cosenza, un sudismo che non convince
Lo scrittore pugliese lancia il “suo” Movimento 24 Agosto in nome dell’equità territoriale. Istanze giuste ma idee infondate. E tanto vuoto dietro gli slogan
Chissà se Pino Aprile ha saputo che il Cinema Teatro Aroldo Tieri di Cosenza, dove domenica 13 ottobre ha inaugurato il suo movimento politico, si chiamava fino a qualche tempo fa Italia, in ossequio all’immaginario ultraitaliano e iper risorgimentale del fascismo.
Certo è che lo scrittore pugliese ha abbassato un po’ i toni, a Cosenza. Ad esempio, non ha menzionato i briganti e ha preferito citare come numi tutelari due icone superpacifiste: Nelson Mandela, l’uomo simbolo della lotta all’apartheid, e il Nobel etiope Aby Ahmed.
Il tutto per declinare in maniera accettabile e legalitaria le rivendicazioni sudiste sul piano della politica. Rivendicazioni che si riassumono in un’espressione: equità territoriale.
Della kermesse cosentina restano un servizio televisivo lunghetto ma ben confezionato e alcuni resoconti giornalistici, a volte impeccabili ma forse un po’ troppo appiattiti sulla cronaca, mentre l’evento avrebbe meritato di essere approfondito.
Infatti, Aprile non è uno qualsiasi, ma un giornalista di lunghissimo corso che tenta di mettere il cappello su una presunta questione meridionale 2.0 dopo aver messo la firma per dieci anni su un revisionismo antirorgimentale tanto urlato quanto infondato.
E allora è lecito chiedersi: le rivendicazioni dell’Aprile leader sono fondate come le denunce dell’Aprile controstorico?
La risposta purtroppo è sì: sono infondate entrambe e il Movimento 24 Agosto (questo è il nome del partito sudista) rischia di essere l’ennesima occasione persa per porre all’attenzione i problemi del Sud. E della Calabria in particolare, che è il Sud più Sud.
Tutto rischia di risolversi nel consueto baccano sui social e in qualche manifestazione chiassosa.
Le premesse di questo pericolo si sono notate sin da alcuni passaggi dell’introduzione di Paolo Spadafora di Agenda Sud, che vanta un passato politico recente nell’Udc e una vecchia vicinanza ai fratelli Occhiuto (Roberto, il vicepresidente dei deputati di Forza Italia, e Mario, il sindaco di Cosenza).
Magari è vero che M24A non è una Lega del Sud, ma contrapporre il Sud al Nord sa tanto di leghismo vecchia maniera e di segno rovesciato.
«Non ce l’abbiamo coi cittadini del Nord, ma con le lobbies settentrionali», ha arringato Spadafora. Ma sarebbe stato opportuno che facesse i nomi dei lobbisti e, visto che c’era, che puntasse l’indice sulle classi dirigenti del Sud, ree a detta di Aprile e dei suoi seguaci di aver ridotto il Mezzogiorno a una colonia interna.
Ma tant’è: M24A non parteciperà alle Regionali (previste in Calabria e Campania) e al massimo potrebbe mettere sul tavolo un pacchettino di voti. Perciò esporsi non servirebbe. Tuttavia, certe cose non si possono sentire.
Di sicuro non è vero che il Sud campi il Nord, come ha esclamato Spadafora.
E non è vero che la nuova tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione privi il Sud di qualcosa. Se a Matera non arriva il treno non è colpa del Nord predone ma della debolezza delle classi dirigenti lucane. Se attraversare la Sicilia in treno richiede botte di ore occorrerebbe riflettere sul fatto che i trasporti pubblici siciliani siano stati condizionati a lungo dai problemi politici di quella Regione, che ha goduto di un’autonomia speciale da subito, ben prima dell’istituzione delle autonomie regionali, che risalgono al 1970 (giusto per fornire date significative).
Altrettanto inutile è la costruzione del nemico, in questo caso la Lega di Salvini, che nelle intenzioni di Aprile & co. dovrebbe essere lo spauracchio del Sud.
Puntualissimo, al riguardo Aprile:
«Chi offende e insulta i meridionali e sta al governo o in politica deve andare a casa, assieme agli schiavetti terroni che lo votano perché se voti un candidato come Salvini che ti definisce “coleroso che puzzi più dei cani” hai qualche problema serio e ti devi far vedere da uno bravo».
Ora, è vero che Salvini certi cori da stadio li ha urlati. Ma si tratta del Salvini di ieri. È altrettanto vero che la Lega attuale sia un partito ad alto rischio di razzismo. Ma questo razzismo ha cambiato target e ha i migranti per vittime.
Questo dovrebbe rassicurarci? Proprio no, perché ribadisce che la politica dell’odio paga a interessi composti.
Ma allo storytelling dell’odio non è estraneo chi dà del folle o dello «schiavetto» a chi vota contro certe indicazioni (date in nome di cosa? Forse si è meridionali dop solo se si agisce secondo desiderata ben precisi?).
Non si vuole difendere Salvini, al quale L’IndYgesto non ha lesinato critiche e accuse più dure e meno banali di quelle sollevate da questi improvvisati difensori del Mezzogiorno. Però è doveroso rilevare che mentre il leader della Lega ha dichiarato di non voler candidare indagati e processati, nessuno dei presenti al Cinema Tieri, a partire da Aprile, ha detto qualcosa a proposito della corruzione pesante della classe politica meridionale.
E, sempre a proposito di corruzione e illegalità: prima di lanciare campagne per il compra Sud, non sarebbe il caso di fare i conti a non pochi imprenditori di casa nostra che continuano a rivelarsi campioni in cattive pratiche?
Prima di prendercela con i viticultori o gli olivicultori veneti, rei di aver soffiato marchi e finanziamenti ai meridionali, non sarebbe il caso di farci una ripassatina sulle inchieste della Guardia di Finanza, anche recenti, che hanno portato alla luce non poche storie di abusi e truffe perpetrati da agricoltori terronissimi?
E ancora: può andar bene sabotare il prosecco veneto. Ma non sarebbe altrettanto etico sabotare i nostri prodotti quando apprendiamo che sono coltivati e raccolti con lo sfruttamento schiavile della manodopera di quegli stessi extracomunitari contro cui la Lega lancia strali pesanti e disumani?
È necessario un altro passaggio su un concetto ripetuto da Aprile nel suo comizio cosentino: il colonialismo interno. A cosa si riferisce? Per caso a una presunta minorità meridionale indotta dal Nord? Se è così, occorre ricordare che questo concetto, di derivazione marxista e gramsciana, fu utilizzato a lungo contro la vecchia struttura accentrata dell’amministrazione statale.
Dati alla mano, si dà invece il caso che il Sud abbia iniziato ad arretrare con il decentramento amministrativo e con il potenziamento delle autonomie, che hanno accresciuto la distanza tra centro e periferia e lasciato il Mezzogiorno in balia di classi dirigenti sempre più scadenti. Dunque, quale sarebbe l’alternativa a questo preteso colonialismo? Per caso un aumento delle autonomie, che per le Regioni del Sud risulterebbe fatale? Oppure il tanto deprecato riaccentramento?
Chi fonda un movimento politico lo fa per indicare soluzioni. E non basta dire, come invece ha fatto Aprile, che la politica si è scordata del Sud. Sarebbe più corretto ammettere che il Sud da oltre trent’anni non produce più una classe politica capace di far valere le ragioni del proprio territorio. E si potrebbe continuare a lungo.
Il vero atto di autocoscienza per i meridionali (per noi meridionali) non è la reazione rabbiosa ma l’autocritica. Quell’autocritica che non siamo riusciti a fare anche di fronte all’evidenza di inchieste giudiziarie che finalmente anche da noi sfociano in condanne, spesso definitive.
E la mancanza di autocritica rende permeabili e supini a tutte le propagande. Impedisce di capire il vuoto dietro il brillio di slogan e frasi a effetto.
Il Meridione ha bisogno davvero di altro. Di idee e gesti concreti.
Dei quali al Cinema Tieri non c’era la minima traccia.
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