Immigrazione, ora è il momento del rigore
La retorica salviniana è fuori dalle istituzioni e torna nelle piazze reali e virtuali della campagna elettorale permanente in cui è impegnata la Lega. Ma i problemi, su cui l’ex ministro dell’Interno ha lucrato consensi, restano tal quali.
Forse gli sbarchi non si sono moltiplicati, come pure si temeva. Anzi, sul fronte immigrazione tutto è rimasto come prima, tranne per l’asfissiante propaganda di Salvini, che non c’è più a livello istituzionale e resterà confinata dove merita: tra i banchi dell’opposizione e nel rumore della rete.
Per fortuna.
Ma ci sono altri problemi, interni ed europei, con cui occorre fare i conti a partire da alcuni segnali.
Il primo è senz’altro positivo e proviene dalla Francia, da dove l’Eliseo, alla vigilia della visita di Macron in Italia, ha mantenuto una promessa fatta dal premier oltralpino in televisione mesi fa: si è detto disponibile ad accogliere quote di migranti purché ci siano regole certe e prevedibili e resti in vigore il principio del “porto vicino”.
Può non sembrare molto, in realtà è abbastanza per portare finalmente sui banchi dell’Ue la questione migranti. E, magari, per mettere con le spalle al muro alcuni Paesi, in testa l’Ungheria, e le loro ipocrisie.
Già: è ipocrita il sovranismo di chi dall’Europa ha preso e continua a prendere tutto ciò che può a danno di chi all’Europa ha comunque dato molto, a partire dall’Italia.
E sono ipocrite altre pratiche: ad esempio, il balletto ridicolo inscenato dalle autorità maltesi non più tardi di pochi giorni fa.
Citiamo l’episodio perché emblematico (chi volesse saperne di più legga qui): le autorità dell’isoletta in prima battuta hanno chiesto aiuto alla nostra Guardia costiera per soccorrere novanta migranti nelle loro acque. Poi hanno chiuso i contatti. Solo dopo un numero considerevole di ore dopo il soccorso e dopo che le nostre vedette avevano minacciato l’attracco, è arrivato un pattugliatore maltese a prendere a bordo gli sventurati.
Tutto ciò, e questo episodio in particolare, dà l’idea che a livello internazionale si percepisca un momento di debolezza dell’Italia.
Nulla di più falso, perché l’Italia, checché ne pensino i seguaci di Salvini, era debole pure prima, a dispetto delle esibizioni muscolari, inefficaci, inutili e controproducenti.
È stato inutile e controproducente, ad esempio, lo scontro frontale con le Ong al largo della Sicilia e di Lampedusa, mentre gli scafisti “bucavano” allegramente i controlli e arrivavano in Calabria.
È stato inutile e controproducente l’inasprimento dei “decreti sicurezza”, perché potenzialmente incostituzionale.
Ma non ci vuol molto a capire che questa era solo propaganda e che Salvini si è sfilato dagli impegni di governo per poter continuare a martellare la sua propaganda nelle prossime elezioni Regionali, in cui mira a puntellarsi al Sud per continuare ad arginare i bossiani, che sono l’unico, vero ostacolo al suo story telling sovranista.
E, senza neppure troppa malignità, si può insinuare qualcos’altro: una destra radicale non ha interesse a risolvere i problemi che denuncia (e, certo, ingigantisce) per la stessa ragione per cui il fattore non ammazza la gallina finché gli produce uova. Detto altrimenti, se il contenimento e la gestione dell’immigrazione fosse stata corretta, Salvini non avrebbe più avuto il “problema” da capitalizzare. E ciò lo ha fatto capire senza troppi giri di parole un giornalista come Maurizio Blondet, tra l’altro assai ben disposto nei confronti del “verbo” salviniano (per saperne di più, leggi qui) proprio mentre impazzava la vicenda della Sea Watch.
Però, a questo punto, è necessario chiedersi almeno una cosa: la propaganda salviniana è solo un mare di balle?
Proprio no. Innanzitutto, perché non c’è propaganda che non affondi almeno in parte nella realtà. Poi perché i problemi, senz’altro esasperati dal leghismo 2.0, ci sono.
E allora: è vero che molti italiani percepiscono i migranti come un problema e a, volte, come una minaccia. E spesso non per colpe (esclusive) dei migranti ma perché le nostre strutture sociali, economiche e culturali sono spesso provinciali e strapaesane e quindi funzionano male, sia quando si deve selezionare sia quando si deve accogliere e integrare.
Ancora: è vero che è esistito ed esiste un business dei migranti, che parte dalle organizzazioni criminali che gestiscono i flussi e termina spesso in centri privati a dir poco disdicevoli o tra le grinfie di imprenditori a cui non par vero di avere manodopera a costi bassissimi, al limite della gratuità.
Inoltre: è vero che le differenze culturali non sempre arricchiscono e, se non adeguatamente governate, generano conflitti anche gravi,
Infine: è vero che il malessere “da contatto” nelle zone povere, nelle periferie degradate delle grandi città e nelle aree depresse, in cui gli ultimi, cioè i disperati che arrivano da noi per sopravvivere, devono coesistere coi penultimi, che vivono ai margini di un benessere sempre meno diffuso.
Occorre davvero una memoria cortissima per non ricordare le cronache a tinte fosche che hanno accompagnato l’era Renzi e il governo Gentiloni, su cui Salvini ha imbastito la sua campagna elettorale permanente, fino a renderla irresistibile.
Sono false altre cose: ad esempio, è falso che il Conte bis sia un governo più naturale per l’Italia rispetto al gialloverde del Conte e basta che l’ha preceduto.
Questo governo è artificiale e si regge sulle stesse alchimie parlamentari di quello leghista. Quindi la propaganda antifascista 2.0 può andare a farsi benedire.
Tuttavia, se si passa dalla verità alla realtà e quindi si spegne un attimo il rumore di fondo, emerge un elemento di speranza: questo governo ha non solo il dovere ma anche la possibilità di affrontare il problema.
Cioè di governare i flussi migratori con polso deciso, equità, umanità e giustizia.
Soprattutto, ne ha l’interesse che non aveva Salvini.
Stavolta c’è davvero la possibilità di ragionare in Europa e far ragionare i principali Paesi Ue, e pazienza se qualcuno storcerà il naso.
Stavolta c’è davvero la possibilità (e il dovere) di fare controlli seri: sugli sbarchi, sui soccorsi, sui sistemi di accoglienza e sui meccanismi di integrazione, perché la solidarietà deve essere qualcosa di concreto e di praticabile, non un ideologismo da radical chic.
Stavolta c’è davvero la possibilità (e il dovere) di tarpare gli artigli ai nuovi schiavisti, perché non è tollerabile che il bisogno di manodopera in molti settori (a partire dall’agricoltura) si trasformi nello sfruttamento di chi ha bisogno. E per fare questo, bastano i controlli e le sanzioni, a partire dalla revoca dei fondi pubblici: è inconcepibile che l’Europa finanzi gli schiavisti nell’agricoltura e (si è verificato spesso), imprenditori che si sono dedicati all’accoglienza per lucrare sul bisogno di chi comunque, merita un aiuto dignitoso.
La sinistra, scampata per un pelo al collasso grazie agli stessi intrugli che hanno prima premiato Salvini, si deve assumere le sue responsabilità: deve coniugare solidarietà e serietà. Il Pd lo deve ai suoi sostenitori residui, lo deve a chi gli ha (non a torto) girato le spalle, lo deve ai migranti e agli italiani che ne hanno paura (anche loro non a torto).
Ora non si può più scherzare davvero: è giunto il momento del rigore.
Saverio Paletta
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