Centro anziani di Rende, la coop "fucila" gli ultimi lavoratori
Niente rilancio per la struttura del Comune e ferie forzate per i due dipendenti sopravvissuti ai tagli
Non ne ha l’aspetto spesso involontariamente farsesco, ma la vicenda del Centro Incontro Anziani di Rende tende a somigliare sempre più a una di quelle soap brasiliane che di tanto in tanto qualcuno si ostina a mandare in onda.
L’ultima notizia non è proprio entusiasmante: la cooperativa “Solidale”, che gestisce la struttura dall’estate del 2016, ha messo in ferie forzate gli ultimi due dipendenti del Centro ai quali, con tutta probabilità, non rinnoverà il contratto. Anche per loro, come per gli altri otto colleghi, il destino sembra essere l’ammortizzazione sociale (chi ha maturato i requisiti, s’intende).
A questo punto, sorge un dubbio più che maligno: non è che la coop, con sede nelle Marche ma cuore calabrese, sia diventata, anche malgrado le intenzioni di chi la dirige, il grimaldello per far fuori i dipendenti del Centro? Certo, c’è la crisi. Certo, la struttura e i suoi oneri finanziari non potevano più restare a carico del Comune, entrato in predissesto nel 2014 e, con tutta probabilità, era necessario operare dei tagli.
Ma da qui alla fucilazione in massa ne corre. Il nostro è solo un dubbio, ma lo esprimiamo lo stesso.
Riavvolgiamo il nastro per capirne di più.
La coop “Solidale” vince a giugno 2016 il bando di gara indetto dal Comune di Rende per rilanciare il Centro, implementandone il servizio diurno, frequentato all’epoca da venticinque anziani, e attivare il servizio notturno.
C’è da dire, a discolpa degli amministratori della coop, che la situazione finanziaria ereditata non era proprio rosea. E difatti il ricorso alle forbici sembrò inevitabile: l’amministratore unico della coop iniziò subito una riduzione del personale di oltre il 50% e, a chi rimase, diminuì le ore di lavoro e, di conseguenza, la retribuzione.
Era l’unica condizione per salvare l’azienda, operarne il rilancio nel mercato e, in seguito, riassorbire il personale sforbiciato.
Insomma, una sfida per affrontare la quale occorreva dimagrire per riprendere in muscoli il peso perso.
Le premesse per fare bene c’erano. Non a caso, la coop ha eseguito alcuni lavori di adattamento e riammodernamento del Centro per attivare il servizio notturno e ottenere l’autorizzazione promessa dall’assessora regionale Federica Roccisano.
Purtroppo le cose sono andate altrimenti: dopo l’inaugurazione del Centro, avvenuta in pompa magna lo scorso dicembre, la situazione si è involuta: i lavoratori sopravvissuti al taglio iniziale, sono rimasti per mesi (anche sei) senza stipendio e alcuni di loro hanno gettato la spugna nella convinzione che la disoccupazione e gli ammortizzatori sociali fossero comunque preferibili al lavoro non pagato.
Poi le cose sono precipitate: dopo un consiglio comunale aperto, svoltosi a fine luglio, nel corso del quale l’amministrazione guidata da Marcello Manna si era impegnata a intervenire in maniera fattiva, la cooperativa, a metà agosto, ha annunciato di voler recedere dall’appalto. Ne è derivato un braccio di ferro, parrebbe tuttora non concluso, con il Comune.
Ma anche questa fase, purtroppo, è superata. Il Centro, adesso, è tecnicamente chiuso, perché non c’è chi se ne occupi e, a dispetto anche dell’intervento della Cgil, che aveva chiesto un incontro tra le parti sociali, il destino dei lavoratori pare segnato. Forse l’unica speranza è nell’impegno fattivo della Regione. Ma, allo stato delle cose, sembra un lumicino flebile, che potrebbe spegnersi per un nonnulla.
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