Vecchie glorie e nuove ipocrisie, Mattarella scende in Calabria
Il Presidente della Repubblica celebra l’Università della Calabria
Parata di big e pochi studenti ad applaudire. E non è tutto oro quel che riluce. Anzi…
C’è stato un costume, ormai prossimo a finire, nel Sud più profondo, fatto di province piccole e chiuse: accontentarsi di sfiorare quella Grande Storia da cui si è esclusi, spesso anche per quell’autoesclusione barattata dalle classi dirigenti con un po’ di quieto vivere.
È il caso della Calabria, dove Tangentopoli è arrivata con oltre vent’anni di ritardo e sotto le vesti inquietanti dell’antimafia.
È il caso degli atenei calabresi, in particolare dell’Università della Calabria che ha celebrato in pompa magna il proprio quarantacinquesimo anniversario con un ospite d’eccezione: il Presidente della Repubblica.
È stata una cerimonia ovattata, in un’aula magna ampia e avveniristica, dove, ha notato con un po’ di puntiglio l’ex deputato calabrese Franco Laratta, gli studenti erano una minoranza. È stata la cerimonia con cui la classe politica calabrese ha celebrato sé stessa con la collaborazione di quella accademica e viceversa.
È stata la cerimonia con cui il magnifico rettore, Gino Mirocle Crisci, ha sottolineato le performance del “suo” ateneo, a dispetto delle beghe interne e delle polemiche che, di tanto in tanto, tracimano sulla stampa.
Poche le stecche nel coro. Quasi obbligate le sortite del rappresentante degli studenti, che ha lanciato una bordata al Magnifico in nome del diritto allo studio, e della rappresentante del personale, che ha invocato di fronte al Capo dello Stato il rispetto degli accordi sindacali. Da copione, poi, le proteste degli studenti fuori dall’aula.
Ma al netto di questo, cosa resta? Forse i mirabolanti risultati nella ricerca? Forse il consistente contributo alla crescita della regione messa peggio in Europa?
Probabilmente l’ufficio stampa di Mattarella non ha l’efficienza proverbiale di quello di Francesco Cossiga (il cui addetto era in grado di produrre venti comunicati in due ore), ma di sicuro al Presidente non saranno sfuggiti alcuni “dettagli”.
Ad esempio, non gli saranno sfuggite le dichiarazioni del magistrato antimafia Nicola Gratteri, che qualche sera prima della calata presidenziale in Calabria ha dichiarato a Rai 3 che Cosenza, nelle cui vicinanze sorge l’università, è in mano alla mafia, che è diventata classe dirigente. Non gli saranno sfuggite neppure le corpose cronache giudiziarie in cui una fetta corposa della classe dirigente in questione è indagata o, peggio, alla sbarra o dietro le sbarre. Non gli saranno sfuggiti, infine, i dati della Charitas, secondo cui la Calabria è al secondo posto in Italia per migranti (il 10% della popolazione giovane in meno negli ultimi cinque anni) e proprio Cosenza è la provincia da cui si emigra di più.
Siamo sicuri, ci mancherebbe altro, che l’Unical sia quel catalizzatore di intelligenze che ha voluto vedervi Mattarella nei suoi otto minutini di intervento. Però occorrerebbe aggiungere che è anche una fabbrica di transfughi: molte promesse della ricerca sono costrette a prendersi i galloni veri fuori, dalla Calabria e dall’Italia. Siamo sicuri, altresì, che l’Unical abbia influito sulla crescita culturale del territorio. Però onestà imporrebbe di ricordare due cose: tra i seicento firmatari della lamentela sul semianalfabetismo degli studenti figurano ventitré docenti dell’Unical e che proprio l’Unical è una grossa produttrice di laureati in materie umanistiche, cioè di quei prof accusati indirettamente dai “baroni” di produrre semianalfabeti. Infine siamo sicuri che le performance dell’Unical siano buone. Però occorre stare attenti ai numeri. È chiaro che Crisci, rettore da appena tre anni, non abbia troppe responsabilità nelle cose che non vanno, e che citi quelle che vanno, cioè le statistiche che danno il suo ateneo in crescita. Solo che tocca mettersi d’accordo: chi ha ragione? Chi, un mese fa, ha declassato l’Università della Calabria o chi, invece, l’ha riempita di elogi? E occorre ricordare che Repubblica, che ha pubblicato i sondaggi “buonisti”, è lo stesso giornale secondo cui alcuni atenei di provincia sarebbero superiori alle università storiche. Potenza dei sondaggi o di chi li commissiona?
C’è da essere contenti che l’Unical abbia stimolato alcuni importanti brevetti. Ma quanti di questi possono avere una portata per davvero rivoluzionaria? E inoltre, quanti docenti dell’Unical pubblicano al di fuori di quella cerchia di editori locali (prestigiosi quanto si vuole, ma pur sempre troppo legati al territorio per avere un respiro davvero ampio) e sono conosciuti al di là dello Stretto e del Pollino? Tolti tre o quattro nomi (Ordine, Pupo, Caligiuri e Teti), resta davvero poco.
A proposito di visite presidenziali, sorge quasi spontaneo il paragone con un’altra “calata”: quella del Presidente Pertini, che, con spirito resistenzial-socialista, non volle la cerimonia per stare con gli studenti. Altri tempi, in cui le baronie universitarie erano inattaccabili e i partiti caste di tipo indiano.
Oggi, che il confronto diretto e democratico sarebbe più facile, Mattarella si è sottoposto al protocollo rigido e ha marcato ancor più la distanza tra le istituzioni e i cittadini, che in questo caso sono studenti e contribuenti.
Finiti gli applausi, resta la Calabria di sempre.
Saverio Paletta
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