Most read

«Una vittoria laica? No, è solo il diritto che avanza»

Rate this post

Mina Welby fa il punto sulla nuova legge dopo il suicidio assistito di Dj Fabo

Della rigidità attribuita agli altoatesini germanofoni Mina Welby ha poco. Semmai colpisce in lei il misto di dolcezza e fermezza, buone maniere e modi diretti. Quando aveva sposato Piergiorgio, Mina non immaginava che sarebbe diventata la portavoce della battaglia, iniziata con suo marito e tuttora perdurante, per il riconoscimento dell’eutanasia. Eppure…

Tutto è cominciato a fine anni ’90, quando il male di cui soffriva Piergiorgio era arrivato a un punto di svolta terribile. A dieci anni dalla scomparsa dell’ex copresidente dell’associazione Luca Coscioni sono cambiate molte cose e gli spiragli per la morte opportuna sembrano essere aumentati, non solo nel nostro ordinamento, ma anche e soprattutto nella nostra cultura: il mondo cattolico si è diviso tra gli oltranzisti del no e i possibilisti (si pensi alla frattura interna all’associazione Giuristi Cattolici) e la politica ha seguito a ruota questo nuovo indirizzo d’opinione.

Potrebbe essere l’ultima vittoria storica dei Radicali. Peccato solo che Pannella non ci sia più a godersela. Ma, ammonisce Mina, in questo caso «non si deve ragionare in termini di vittoria o sconfitta, perché parliamo del diritto a vivere e soffrire con dignità».

A che punto sono i lavori per il nuovo disegno di legge?

Sono abbastanza ottimista: mi sembra che alla Camera ci siano i numeri.

Tolti il gruppo del Pd che ha promosso il ddl, i parlamentari di sinistra e i grillini, chi garantisce questo consenso?

Direi che vi siano deputati a favore in tutti i partiti. La novità più sorprendente viene da Forza Italia: Cicchitto si è detto a favore del ddl e molte deputate azzurre hanno chiesto di votare secondo coscienza. Sono ottimista perché, finalmente, si è capito che non è una questione di schieramenti ma di diritti: quando si decide sui diritti è importante valutare con attenzione e non seguire posizioni preconcette.

E il mondo cattolico? La Chiesa di Francesco è più progressista, in questo senso, di quella di Benedetto o di Giovanni Paolo II?

Neanche in questo caso ne farei una questione di schieramenti. La Chiesa, intesa come Comunità dei fedeli, di cui anche io faccio parte, è una realtà più vasta e complessa della sua stessa gerarchia. E neppure quest’ultima è un blocco monolitico, segno di una capacità di capire i problemi dell’uomo che a volte può appannarsi ma comunque c’è sempre.

Il catechismo della Chiesa cattolica sembra contenere un’importante apertura a questo problema.

L’articolo del catechismo 2278 afferma: «L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’“accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente».

Questo articolo si adatta benissimo alla situazione che è stata di Piergiorgio ed è di altri malati gravissimi. Al contrario, per la vicenda di Dj Fabo, lo stesso catechismo tiene piuttosto alta la guardia con posizioni di aperta condanna.

È così. Ma non entro in questioni di teologia morale, per le quali non ho competenze specifiche al di fuori di quelle che mi provengono dall’esperienza. Dico solo che la coscienza civile di un popolo non si esaurisce solo nella morale a base religiosa. La laicità dello Stato offre un punto di vista ulteriore.

Eppure anche da questo punto di vista laico Marco Cappato è tuttora un potenziale favoreggiatore del suicidio di Dj Fabo.

Certo, ma ricordiamoci che il nostro codice penale è vecchio: fotografa la società italiana degli anni ’30 e si adatta con affanno crescente alla nostra realtà.

È il caso di approfondire il paragone tra la vicenda di Piergiorgio Welby e quella dell’ex dj…

I due casi sono piuttosto diversi, è chiaro: quello di mio marito è un esempio di interruzione dell’accanimento terapeutico, quello di Dj Fabo, invece, è più simile all’eutanasia strettamente intesa. Però c’è da dire che, in prima battuta, l’autorità giudiziaria trattò da favoreggiatore Marco Riccio, l’anestesista che aiutò mio marito. Lui finì sotto inchiesta con l’accusa di omicidio di persona consenziente. Lo prosciolse il gup nell’estate del 2007: quest’ultimo, correttamente, riconobbe la superiorità del dettato della Costituzione sul codice penale. Il dottor Riccio, secondo il magistrato, aveva aiutato mio marito a rifiutare la cura.

Però tutto ciò significa che, in pratica, i medici che decidessero di aiutare i tanti Piergiorgio Welby o Dj Fabo o i tanti pazienti che si trovano in una situazione intermedia tra questi due si trovano tuttora nelle mani dei magistrati…

Proprio per questo occorre una legge chiara come quella in fase di approvazione: i margini di discrezionalità del magistrato sarebbero ridotti, con grande vantaggio per tutti, a partire dai pazienti e dai loro familiari. In fin dei conti, la legge che abbiamo portato in Parlamento vuole assicurare la certezza del diritto, che è poi l’aspirazione minima di un Paese che voglia dirsi civile.

Consenso informato e testamento biologico: quasi ci siamo. Eppure anche nella precedente legislatura era stato proposto un ddl non dissimile.

Il ddl Calabrò decadde e non fu convertito perché aveva gravi problemi di legittimità costituzionali. Questo disegno di legge, invece, è concepito su misura del paziente e dei suoi diritti. Inoltre, valorizza in positivo il ruolo del medico e responsabilizza le istituzioni.

A proposito di istituzioni: c’è il rischio che la facilitazione delle pratiche eutanasiche deresponsabilizzi il sistema sanitario?

Direi di no: una cosa è dare la possibilità al paziente di rifiutare le cure quando queste si rivelino contrarie al senso della dignità umana, un’altra è autorizzare l’autorità sanitaria a scaricare i malati incurabili. Rifiutare una cura rientra comunque nel diritto più ampio di essere curati. Certo, il rischio che si creino situazioni ambigue come per l’aborto c’è. Però sono fiduciosa: l’opinione pubblica, finalmente, ha iniziato a capire che nell’obiezione di coscienza di troppi ginecologi c’è qualcosa che non va e, sono convinta, farebbe altrettanto nei confronti degli anestesisti.

L’Italia non è il solo Paese cattolico al mondo. In altri Paesi, cattolici o pieni di cattolici, i problemi legati all’aborto e all’eutanasia sono stati affrontati con più chiarezza dalla società civile e dalla classe medica che non da noi. Vuol forse dire che dietro l’asserita difesa dei valori giocano altri interessi?

Purtroppo è così. Tuttavia la mentalità sta cambiando e i cittadini sono abbastanza maturi per capire che riconoscere un diritto importante a chi vive situazioni tragiche non vuol dire azzerare il valore della vita. Occorre avere fiducia e combattere l’arretratezza e la malafede, due tare che si camuffano con l’abuso delle categorie morali.

(a cura di Saverio Paletta)

Per saperne di più:

Una riflessione sul libro di Mina Welby

 

 

 

 7,416 total views,  4 views today

Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

Comments

Be the first to comment on this article

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Go to TOP