Massoneria, parla Minnicelli: i big hanno sbagliato
L’ex notabile del Goi critica: che errore non consegnare le liste. E rivela: nel 1994 Gaito diede le liste a Tiziana Parenti e non successe nulla di grave. La massoneria? Proprio perché si basa sull’etica civile, deve dare il buon esempio. Le disparità di trattamento rispetto alle altre associazioni? Ci sono, perché il legislatore non è mai intervenuto seriamente e ha tutelato il potere dei partiti e dei sindacati
Il momento non è facile, per la massoneria italiana, che si appresta a celebrare il trecentesimo anniversario della fondazione della libera muratoria sotto la pressione delle inchieste giudiziarie. Tra le varie, Stefano Bisi, il gran maestro del Goi, dovrà affrontare il 6 aprile l’udienza preliminare per la vicenda giudiziaria, legata al Monte dei Paschi di Siena, in cui risulta coinvolto. Proprio, manco a farlo apposta, la vigilia della Gran Loggia che si terrà a Rimini.
Per il rossanese Amerigo Minnicelli, ex big del Grande Oriente d’Italia, la mancata consegna degli elenchi (che ha scatenato la reazione della Commissione parlamentare antimafia) è stata un autogol. L’avvocato calabrese, che ha iniziato la sua battaglia nel Goi – partita come polemica interna e poi finita in Tribunale – sin dai tempi di Raffi, è noto per le sue posizioni forti e legalitarie.
In tale veste, di ex prestigioso e di grembiule old fashion, Minnicelli interviene sulla vicenda dei sequestri degli elenchi senza peli sulla lingua: «Non consegnare gli elenchi è stato uno sbaglio».
Eppure c’è chi paventa il ritorno di un certo spirito persecutorio nei riguardi della massoneria e considera quel che sta avvenendo, a partire dall’inchiesta Mammasantissima, una ripetizione di ciò che si verificò negli anni ’90 con l’inchiesta di Cordova.
Non entro nel merito, ma mi limito a osservare che le comunioni massoniche non sono sette o organizzazioni segrete. Quindi non capisco dove stia il motivo di un rifiuto così netto, tanto più che la Commissione antimafia si è impegnata a secretare gli atti. A questo punto, se proprio si volesse trovare un parallelo con gli anni ’90, io un suggerimento ce l’avrei.
E cioè?
Nel 1994, Virgilio Gaito, eminente avvocato del Foro romano e gran maestro del Goi, consegnò gli elenchi degli iscritti, che allora erano novemila, alla Commissione antimafia, presieduta da Tiziana Parenti. La Commissione chiese gli elenchi, anche sulla scia dei clamori mediatici suscitati dall’inchiesta di Cordova e Gaito li consegnò dietro la promessa che sarebbero stati secretati. Cosa che avvenne puntualmente, senza scossoni di alcun tipo. Fu un esempio di grande correttezza e di rispetto delle istituzioni, da entrambe le parti.
È curioso che questo precedente non sia emerso nel dibattito scatenatosi a febbraio durante le audizioni davanti alla Commissione antimafia…
Mi meraviglio anche io di come sia Bisi sia i membri della Commissione lo ignorassero. Aggiungo che ho dovuto ricordare io questo episodio alla Bindi durante la mia audizione in Commissione.
Però c’è chi ne fa una questione di principio e si chiede: non bastava la magistratura? E si chiede ancora: se le responsabilità penali sono comunque individuali, l’intervento di un organismo politico, la Commissione antimafia appunto, non potrebbe essere l’indice di una volontà persecutoria?
È un altro ordine di problemi. Il fatto che un organismo politico, anziché occuparsi di politica legislativa nel settore criminale, scimmiotti la magistratura è il sintomo di un limite tutto italiano. Allo stesso modo, ripeto, è peregrino il rifiuto o la mancata ottemperanza a una richiesta dell’autorità. Tutto ciò significa che nessuno fa bene il proprio compito. Perciò il mio appello è restato nel vuoto.
Che appello?
Lo formulo con due domande: lo Stato ha interesse o no a ospitare una massoneria ossequiosa dei propri antichi doveri che impongono ai liberi muratori di essere cittadini esemplari e rispettosi delle leggi? O, piuttosto, non si vuole una specie di insalata russa o un polpettone in cui è impossibile distinguere il sapore dei vari ingredienti?
Però è poco credibile che solo la massoneria venga considerata crocevia di affari poco puliti, specie se si considera che il fango, negli ultimi mesi, è schizzato anche su altri gruppi.
Sono d’accordo, ma ciò non giustifica certe reticenze: la massoneria ha tra i suoi valori fondanti l’etica civile e il rispetto delle istituzioni, quindi dovrebbe dare l’esempio. Dal 2012 a oggi non si contano i casi di iscritti al Goi risultati implicati e in vicende poco belle – si va dalle sospette collusioni mafiose ai presunti reati, non leggerissimi, di corruzione e contro il patrimonio – e quindi sospesi dall’istituzione. Quanto affermo è confermato anche dal fatto che Raffi ha dovuto sciogliere varie logge. Ma mi chiedo: i fratelli sospetti di quelle logge, che fine hanno fatto? Tuttavia è vero che per quel che riguarda le associazioni c’è un vero e proprio caos legislativo caratterizzato da lacune vistose: nessuno, anche a dispetto del dettato costituzionale, ha mai voluto regolare la vita associativa dei partiti e dei sindacati (e, aggiungo, delle associazioni ecclesiastiche o comunque legate alla Chiesa) e di queste lacune, a mio avviso volute, hanno beneficiato tutte le associazioni. Se invece il legislatore italiano avesse agito per tempo – e di tempo ce n’è stato, visto che la Costituzione ha compiuto settant’anni – oggi avremmo un Paese diverso e di sicuro migliore.
(a cura di Saverio Paletta)
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