I Servizi Segreti? Una risorsa per la democrazia. Parola di Antonio Baldassarre
Il presidente emerito della Consulta fa lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria: occorre selezionare meglio i nostri 007
Le attività di intelligence sono sempre esistite e i loro operatori hanno servito i sistemi politici più diversi. Ma è con la nascita delle democrazie moderne che i Servizi Segreti hanno acquisito una loro centralità.
Di più: sono diventati vitali. Già: «La democrazia rappresentativa è il sistema più fragile, a causa del suo pluralismo e quindi occorrono dei sistemi di tutela forti», ivi incluse, appunto, le attività di intelligence e gli organi preposte ad esse, che non hanno una immediata legittimazione democratica.
È stato il succo della lezione svolta il 13 gennaio dal presidente emerito della Corte costituzionale Antonio Baldassarre nel corso del Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.
Docente di Diritto costituzionale a Camerino, Perugia e presso la Luiss firmatario di oltre 400 sentenze, Baldassarre è stato il presidente più stakanovista della Consulta. E, sebbene sia un costituzionalista vecchia maniera, Baldassarre non è affatto banale, visto che il legame culturale forte (e tipico della scuola italiana) con il cosiddetto canone socialdemocratico non gli impedisce di analizzare in maniera ampia e lucida i sistemi rappresentativi contemporanei.
Il punto chiave della legittimazione dell’intelligence nelle democrazie è, secondo il presidente emerito, il principio di autoconservazione dello Stato, che nelle democrazie si identifica con la preservazione dei delicati equilibri dei sistemi pluralisti.
Baldassarre motiva il suo punto di vista con l’esame della democrazia americana, considerata il parametro storico dei sistemi contemporanei, non senza insaporire il tutto con una frecciata al provincialismo di molti ambienti accademici italiani: «Reputo fondamentale la mia esperienza negli Usa: studiarne dal vivo il sistema mi ha consentito uno sguardo più ampio rispetto a quello di tanti colleghi che si sono mossi poco dai propri atenei».
Ecco il succo del Baldassarre-pensiero: «Gli Stati Uniti si formarono attorno ai principi della propria Carta costituzionale: le loro classi dirigenti non avevano, come base, una nazione che era il prodotto di secoli di sedimentazione, come la si intende in Europa, ma si trovarono il difficile compito di far coesistere immigrati di diverse estrazioni in un sistema pluralista, che è poi la ricchezza della loro democrazia».
Detto altrimenti, nel caso americano la Costituzione – intesa anche e soprattutto come insieme di diritti e valori di libertà, rappresentanza e partecipazione – e la nazione quasi coincidono. Nation building e costituzionalismo fanno tutt’uno, grazie al peculiare dosaggio di libertà ed eguaglianza di cui la Costituzione statunitense è stata la matrice.
Ma cosa c’entra tutto questo discorso coi Servizi Segreti? C’entra, eccome: «Il pluralismo è la classica croce e delizia dei sistemi democratici moderni: li rende più belli e civili, ma allo stesso tempo più esposti agli attacchi dei loro nemici», spiega Baldassarre, che ovviamente evoca la tragica esperienza della Repubblica di Weimar, dove Hitler arrivò al potere grazie al voto dei cittadini tedeschi. E questa fragilità oggi è tutt’altro che attenuata, come dimostra la sinistra efficacia dei metodi del terrorismo di matrice islamica (o il successo, in parecchie zone d’Europa, di movimenti populisti e xenofobi).
Ed ecco che «gli organi dello Stato a non immediata legittimazione democratica, soprattutto i Servizi Segreti e la magistratura, hanno un ruolo fondamentale come elemento di neutralizzazione dei conflitti».
Il passaggio è delicatissimo e merita un chiarimento: nessuno, almeno nei sistemi europei, vota i magistrati e gli 007. Ed è proprio grazie a questa non elettività che questi due importanti organi possono tutelare lo Stato democratico ed evitare che i suoi nemici, cioè tutti coloro che rifiutano i valori alla base della nostra convivenza.
«A patto però», specifica Baldassarre, «che non si facciano coinvolgere nel gioco politico», ovvero non diventino lo strumento di una o più forze politiche a danno delle altre.
Questo ragionamento spiega perché negli Usa le forme più avanzate di democrazia e trasparenza della cosa pubblica abbiano coesistito e tuttora coesistano con le Agenzie di intelligence più potenti e invasive del mondo.
Ma, se la si cala nel caso italiano, l’argomentazione di Baldassarre va oltre: «I nostri Servizi Segreti hanno subito a lungo una cattiva stampa, non solo a causa dei pregiudizi ideologici di molti operatori dei media, ma soprattutto perché sono stati organizzati male e non sempre hanno adempiuto alle loro funzioni, che sono delicatissime e non possono essere delegate a un Pio Pompa qualsiasi».
Al di là delle riforme strutturali, che devono continuare ed essere approfondite, il presidente emerito insiste sulla selezione degli aspiranti 007: «Deve essere rigorosa e basata su regole certe, non può avvenire per vie misteriose». In altre parole: più meritocrazia.
Per tutelare le democrazie ci vuole intelligence. Parola di Antonio Baldassarre.
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