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La nave Sea-Watch

Il Sistema, il caso Salvini secondo Palamara

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L’ex leader dell’Anm racconta i retroscena dell’intervento giudiziario su Salvini nell’estate roventissima del 2019, quando l’ex ministro dell’Interno provò, a modo suo, a fermare gli sbarchi…

Il racconto di Luca Palamara sui rapporti turbolenti tra Salvini e parte della magistratura diventa particolarmente inquietante, perché si focalizza su un leit motiv rovente della propaganda leghista: il contrasto all’immigrazione clandestina.

Matteo Salvini

Non entriamo nel merito della vicenda, se non per ribadire che, dal punto di vista umanitario, Salvini ha torto comunque. Ben diverso l’aspetto giuridico, nel quale entra obbligatoriamente l’aspetto della pubblica sicurezza e della lotta a una delle attività più odiose della criminalità internazionale: il traffico di esseri umani.

Qui la posizioni diventano più sfumate. E, non a caso, ricorda Palamara, non tutti i magistrati furono d’accordo sulla levata di scudi dell’Anm a favore del pm di Trapani…

[Sallusti] Salvini e le due magistrature

Ci sono vicende in cui l’aspetto giudiziario s’intreccia non solo con quello politico ma anche con quello ideologico?

[Palamara] Sì, ed è un mix esplosivo, come nel caso di Salvini, indagato per sequestro di persona per il blocco dei porti agli sbarchi di immigrati. Nell’estate del 2018 gli ingredienti ci sono tutti: un ministro degli Interni di destra, il povero immigrato maltrattato, la sinistra che cerca la rivincita dopo la batosta elettorale. Un piatto ghiotto, ovvio che la magistratura scenda in campo. Il culmine lo si tocca l’estate successiva, nel 2019, proprio nelle settimane in cui anche le tensioni nel governo tra Lega e Cinque Stelle sono in rapido crescendo. Io non le so dire se sia più la magistratura che tenta di dare la spallata al «governo delle destre», come veniva chiamato il Conte 1, o se sia Salvini a cercare il martirio per tenere comunque alto il suo consenso su un tema a cui l’opinione pubblica è sensibile, ma sta di fatto che quel governo, come tutti quelli che sfidano i magistrati, cadrà. Sarà una coincidenza, ma cadrà.

Luca Palamara

Tutto inizia all’alba del 16 agosto 2018, quando la nave della Guardia Costiera Ubaldo Diciotti soccorre in mare 190 immigrati. Da Roma Matteo Salvini, ministro degli Interni, ordina il divieto di sbarco. La nave rimane ferma al largo, prima di Lampedusa e poi di Catania, per cinque giorni, aspettando disposizioni. Poi, l’estate successiva, stessa sorte toccherà alle navi Gregoretti e Sea Watch.

Il magistrato più attivo di tutti è Luigi Patronaggio, procuratore di Agrigento nominato nel 2017 in quota Magistratura democratica. Indaga Salvini sia per la Diciotti sia per la Gregoretti, la Open Arms e la Sea Watch, per la quale ordina lo sbarco immediato di tutti gli immigrati dopo una visita a bordo in favore di telecamere.

Luigi Patronaggio

Suscitando l’ira del ministro degli Interni, che in tv parla di lui come di uno che stia commettendo il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Che si vada a uno scontro è chiaro fin dal primo avviso di garanzia, quello per la Diciotti. Il più veloce a saltare sul caso è il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, come tutti noi in scadenza di mandato. Il 24 agosto 2018, alle 21:07, mi manda il seguente messaggio: «Luca, dobbiamo dire qualche cosa sulla nota vicenda della nave, Area (corrente di sinistra, N.d.R.) è d’accordo a prendere l’iniziativa, Galoppi (Claudio Galoppi, consigliere Csm, N.d.R.) idem, senti loro e fammi sapere domani mattina». E ancora: «Domani mattina dovete produrre una nota, qualche cosa, insomma», forse sapendo già che il giorno seguente Salvini riceverà l’avviso di garanza. Ma c’è qualcosa che non mi torna.

Cos’è che non torna?

Tanto attivismo non è da lui. In quattro anni di Csm non era mai capitato che ci dovessimo rincorrere sui telefonini da una spiaggia all’altra d’Italia. Perché tanta fretta? Ho il sospetto che Legnini stia giocando una partita personale per ingraziarsi i maggiorenti del Pd. Sono i giorni in cui si discutono le liste per le imminenti elezioni regionali in Abbruzzo, e gira voce che lui intenda candidarsi a governatore con la sinistra, cosa che poi in effetti avverrà. Per il dopo Csm n realtà puntava ad andare all’Antitrust, aveva cercato una sponda al Quirinale – così mi confidò – ma gli avevano fatto sapere che non era aria.

Giovanni Legnini

Sconfitto alle elezioni in Abruzzo, Legnini non resterà disoccupato, gli trovano un posto come commissario delle zone terremotate. Ma lei in quel momento era l’unico ad avere sospetti di questo genere?

Per nulla. Ecco cosa mi scrive quella stessa il consigliere del Csm Nicola Clivio: «Perché lui (Legnini N.d.R.) ci chiede di dire qualcosa sulla storia della nave, e noi lo facciamo volentieri, ma poi non si deve dire che lui comincia così la sua campagna elettorale. Chiaro lo schema? Non dire a nessuno che ti ho detto questo». E io gli rispondo: «Esatto, lo chiede a tutti, anche a noi. Gli ho detto che ci devo riflettere, deve essere una riflessione di tutti coperta anche dai nuovi altrimenti diventa una cacchetta».

La copertina de Il Sistema

Il giorno dopo, alle 16:02 l’Ansa batte, preceduta dall’asterisco che segnala le notizie importanti, il seguente lancio d’agenzia: «Del caso Diciotti deve occuparsi il primo plenum del Csm in programma il 5 settembre. È quanto chiedono, con una lettera al vicepresidente Giovanni Legnini, i capigruppo togati Valerio Fracassi, Claudio Galoppi, Aldo Morgigni e Luca Palamara». Segue la solita nota sulla tutela dell’indipendenza della magistratura eccetera eccetera. Sospetti o non sospetti la sua «riflessione» è durata poche ore.

Prima regola: mai dividersi. Il clima tra governo e magistratura è tornato quello di dieci anni prima, ai tempi della contrapposizione con Berlusconi. E noi torniamo ai metodi di dieci anni prima. Di questo parlo, mettendolo in guardia, anche con Matteo Piantedosi, capo di gabinetto di Salvini, che diventerà poi prefetto di Roma, a una cena a casa della collega Paola Roja, presenti il procuratore di Roma Pignatone e il procuratore generale Fuzio: se Salvini continua ad attaccare i giudici non fa che compattarli contro di lui, com’è accaduto prima sia a Berlusconi sia a Renzi. L’attacco frontale alla magistratura è perdente, vince sempre la magistratura al di là che ci sia o no un uso politico delle inchieste, ipotesi che io non mi sento di escludere.

[da Il Sistema, cap. La ferocia e l’inganno, pp. 215-218]

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