L’ultima resistenza di Aleppo?
La seconda città della Siria, roccaforte dei ribelli, potrebbe cadere. Aumentano le vittime civili di ora in ora
Potrebbe essere questione di giorni o di ore. Aleppo, la seconda città della Siria e roccaforte dei ribelli potrebbe cadere sotto i colpi delle truppe del regime post baathista di Bashar-al-Asad fiancheggiate dall’aviazione russa.
La partita di Aleppo è importantissima per Asad, che gioca una delicatissima partita per la propria sopravvivenza politica (e non solo…) nel suo Paese, diventato teatro di una delicatissima partita internazionale in cui sono intervenute le principali potenze, mondiali e regionali.
Ciò spiega l’accanimento dei combattimenti, che hanno provocato circa 50 morti e 50mila profughi nelle ultime ore.
Aleppo Media Center, la piattaforma dei reporter della città, riferisce di bombe “governative” cadute su un capannone ad Aleppo est e su alcune case a Habbet Qubba, dove si erano rifugiati gli sfollati di alte zone del paese.
Aleppo Est è sotto assedio da luglio e i suoi 250mila abitanti sono allo stremo.
Tace da giorni il profilo twitter di Bana Alabed, la bambina di 7 anni che racconta da mesi le vicende dell’assedio.
La partita bellica, iniziata come una delle “primavere” che hanno sconvolto gli equilibri politici del Maghreb e del Medio Oriente, è sfuggita di mano e alla guerra civile che ne è conseguita si è affiancato un confronto politico militare che ricorda, fatti i dovuti paragoni, la Guerra Civile di Spagna. Con i ribelli si sono schierati americani e turchi, mossi da interessi divergenti (gli statunitensi, in particolare, appoggiano l’etnia curda, mentre la Turchia mira a contenerli, nel timore di una ricaduta nei propri confini, dove la questione curda è tuttora rovente). A fianco di Assad è intervenuta la Russia di Putin. Con una posizione più defilata e affine a quella russa, è sceso in campo l’Iran, che mira a difendere la componente scita della popolazione siriana. E nella partita si sono inseriti i jiahadisti dell’Isis
Quel che è certo è che il regime di Assad, ormai troppo debole per sopravvivere o vincere da solo, dovrà affrontare, nelle mortificanti vesti di “protetto” dalle armi russe, i negoziati di una pace che comunque non lo assolverà dalle accuse più gravi: quelle della popolazione martoriata da quattro anni.
Anche questa è una vicenda tutta da approfondire.
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