Acqui Storia, un premio tra le polemiche
Nella giuria della prestigiosa manifestazione c’era il direttore di collana dell’editore di un vincitore. Inoltre un altro concorrente sarebbe allievo di un altro giurato illustre…
Ancora il sito web del prestigioso Premio Acqui Storia non è aggiornato all’edizione 2019, che tuttavia è finita da un mese (vedi qui).
In compenso, come da tradizione italiana, chiunque può sapere sia i vincitori sia apprendere le relative polemiche.
Polemiche che, c’è da dire, non sono mai mancate. E, al riguardo, il giornalista Marco Valle ne ha rievocata una nel blog che gestisce su Il Giornale (leggi qui l’intero pezzo).
Valle, per alludere al declino della prestigiosa manifestazione culturale, fa il nome di Carlo Sburlati, ex assessore alla Cultura di Acqui Terme, prima in quota An poi in quota Pdl. Per chi ha un minimo di ricordi, Sburlati finì in mezzo alle polemiche per aver aperto il Premio alla fine dello scorso decennio, a intellettuali non di sinistra (e persino a qualcuno di destra…). Detto altrimenti, per aver profanato un santuario dell’intellighentsia gramsciana.
Col declino del vecchio centrodestra berlusconiano, anche nel Piemonte rosso dell’ex Pci transitato in blocco nel Pd si sono rimescolate non poco le carte ed è emersa la leadership del Movimento 5 Stelle.
Valle, al riguardo, ripete un mantra già sentito da non pochi altri intellettuali: i grillini quando maneggiano la cultura, sarebbero una vera e propria iattura. E non per questioni di destra & sinistra (che, a prescindere dal declino della politica, restano categorie culturali di tutto rispetto) e di egemonie varie e contrapposte. Ma per mancanza di qualità specifiche.
E la riprova verrebbe proprio dall’attuale edizione del Premio. In particolare, dal Premio per la sezione scientifica.
Il riconoscimento è stato conferito a due studiosi di diversa portata (e, forse, caratura).
Il primo è il britannico Nicholas Stargardt, professore di Oxford considerato uno dei massimi studiosi del nazismo, che ha vinto col suo recentissimo La guerra tedesca. Una nazione sotto le armi, pubblicato da Neri Pozza.
Il secondo è Giuseppe Pardini, docente presso l’Università del Molise, salito sul podio con Prove tecniche di rivoluzione. L’attentato a Togliatti, luglio 1948, uscito per Luni Editrice.
Non entriamo nel merito. Ci limitiamo a notare che le polemiche hanno riguardato non tanto i vincitori quanto gli sconfitti. Tra questi, spicca Eugenio Di Rienzo, docente di Storia moderna presso la Sapienza, che aveva partecipato col suo monumentale Ciano. Vita pubblica e privata del “genero di regime” nell’Italia del Ventennio nero, una dettagliatissima biografia uscita lo scorso anno dai tipi di Salerno Editrice.
In questo caso, visto che è un premio scientifico e non una competizione sportiva, non facciamo il tifo per nessuno. Anzi, speriamo di poter quanto prima misurarci con questi titoli, tutti senz’altro importanti.
Tuttavia, non possiamo fare a meno di riprendere un rilievo non proprio secondario di Valle: tra i membri della giuria del Premio c’era Giuseppe Parlato, già allievo di De Felice, storico formatosi alla Sapienza e docente di Storia contemporanea presso la Unint di Roma. A questi meriti non secondari, Parlato aggiunge anche un ruolo editoriale non proprio piccolo: è direttore di collana presso la Luni, cioè l’editore di Pardini. «Una coincidenza?» si è chiesto Valle. E noi ce lo chiediamo assieme a lui.
Ma le coincidenze non finiscono qui, visto che in giuria figurava anche Francesco Perfetti, decano degli storici italiani e già docente, tra le varie, della Luiss.
Al riguardo, i maligni, che coincidono coi bene informati, suggeriscono che uno dei concorrenti e finalisti del Premio fosse proprio allievo di Perfetti. Altra coincidenza? Forse sì, sebbene due casi su due coincidano un po’ troppo per essere casi.
Morale della favola: grazie alla postpolitica pentastellata, sembra che si sia passati da una fase storica caratterizzata da una lotta feroce tra correnti ideologiche a una in cui prevalgono le cordate di cattedra con tutti i personalismi che ne conseguono.
Ovviamente ci auguriamo che sia così e che i retroscena del Premio Acqui Storia siano solo presunti. Altrimenti, dovremmo constatare che quanto avvenuto nella prestigiosa manifestazione non sarebbe altro che la spia di un ritorno a vecchie pratiche baronali.
Un ritorno al passato che la nostra cultura declinante non può permettersi.
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