Pd Calabria: Roma accoglie i ricorsi di Labdem e Dems, minoranze salve
La Commissione nazionale di Garanzia annulla i regolamenti regionali: per concorrere alle segreterie provinciali basta il 3% delle tessere
Ci sarà un giudice a Berlino? Di sicuro c’è. Ma alle minoranze del Pd calabrese è bastato molto meno: un ricorso a Roma, per la precisione alla Commissione nazionale di Garanzia del partito, e via, il regolamento elettorale per le segreterie provinciali, approvato quasi alla chetichella mentre a Diamante si celebrava la Festa dell’Unità, e divulgato subito dopo Cantiere Calabria, la kermesse dei big all’Unical, è stato cancellato.
Ora chi vorrà concorrere al ruolo di segretario provinciale di Cosenza, Catanzaro, Crotone e Reggio Calabria, dovrà raccogliere le firme o del 15% dei membri dell’assemblea provinciale del partito o di una percentuale variabile dall’1 al 3% degli iscritti della provincia.
Così ha stabilito Roberto Montanari, il presidente della Commissione nazionale, che ha accolto il ricorso depositato, circa una settimana fa, da Giuseppe Terranova per Dems e da Enrico Caterini per Labdem.
I due gruppi non sono minoranze trascurabili: Dems è guidata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando e Labdem, l’area socialista del Pd, fa capo all’europarlamentare Gianni Pittella, presidente del gruppo socialista a Strasburgo.
Ma in cosa ha inciso la decisione di Montanari? Il dirigente ferrarese del Partito Democratico ha imposto l’applicazione dell’articolo 46 dello Statuto del Pd, a mente del quale le percentuali richieste di sostenitori per la presentazione delle candidature devono oscillare, appunto, nelle percentuali decise dalla Commissione.
La direzione regionale del partito, al contrario, aveva stabilito uno sbarramento piuttosto forte: o il 15% delle firme dei membri delle assemblee provinciali del partito oppure il 15% delle firme dei tesserati.
Questa seconda percentuale, che ad esempio nella provincia di Cosenza avrebbe comportato il raggiungimento di circa 1.500 firme, è apparsa decisamente vessatoria o, comunque, mirata, a prescindere dalla giustificazione fornita dalla direzione regionale, secondo cui questa soglia era necessaria per garantire l’unità del partito.
In realtà, non pochi hanno intravisto in questa decisione, assolutamente nuova nella tradizione del Pd, un tentativo di blindare le attuali segreterie, provinciali e regionale, legate a doppio filo al gruppo che gestisce la Regione Calabria, riconducibile al governatore Mario Oliverio e all’ex consigliere regionale Nicola Adamo.
Il sospetto, per molti, è diventato certezza alla luce di un altro dettaglio non secondario: il termine per depositare le candidature scade il 2 ottobre, mentre il regolamento era stato diramato il 21 settembre. Troppo poco tempo per tante firme.
Non a caso, nel testo del ricorso, verosimilmente redatto da Caterini, che è un giurista di vaglia e docente di Diritto privato all’Unical, si accusava la direzione regionale di aver violato, col suo regolamento, i principi pluralisti stabiliti dai primi due articoli dello Statuto.
Anche con esiti paradossali, visto che per presentare una candidatura a Roma sarebbero servite meno firme che a Cosenza o Crotone. La situazione, dopo l’intervento romano, torna alla normalità e la competizione si annuncia libera.
Probabilmente per Dems, che in Calabria ha un esponente di punta in Carlo Guccione, il consigliere più votato alle Regionali del 2014, correrà Terranova, che si candiderà a Cosenza, mentre per Labdem scenderà in campo il responsabile regionale Cesare Loizzo.
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