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Una regione alle fiamme. Di chi la colpa?

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La Calabria continua a bruciare sotto i colpi di interessati piromani come non è mai avvenuto prima. Dopo alcune tragedie esplodono le polemiche. E mentre gli esperti avanzano dubbi significativi, il centrodestra inizia a incalzare. Ma chi c’è dietro i roghi che hanno sconvolto un intero territorio che si è trovato pressoché impreparato davanti a questa prova terribile? Oliverio richiede l’intervento dell’esercito. Ma gli incendi non accennano a calare…

Piove governo ladro? Macché: non piove da un pezzo e in compenso brucia pure. A prescindere se (e quanto) il governo sia ladro.

Eccome se brucia: dopo una serie impressionante di roghi, il governatore Oliverio ha gettato la spugna e ha annunciato di aver chiesto aiuto, durante un vertice nella Prefettura di Cosenza, alla ministra della Difesa Roberta Pinotti.

È la resa: chiedere l’intervento dell’Esercito significa dichiarare che tutti i sistemi regionali e subregionali della sicurezza sono saltati e che la presenza dello Stato in termini di Forze dell’Ordine (in particolare i Vigili del Fuoco) è insufficiente per gestire la sicurezza di una Regione come la Calabria, che ha un territorio non facile ma una demografia non densissima.

Intendiamoci: quella di Oliverio non è una sconfitta politica, perché nessun altro, al posto suo, avrebbe potuto fare di più o altrimenti.

Il presidente calabrese ha dovuto soccombere di fronte a tre avversari: il fuoco, l’orografia a tratti impossibile della regione e la paranoia, che è poi il peggior male dei calabresi. I tre elementi si sono alleati e hanno dato il via, grazie anche al tam tam dei social media, a una spirale terribile, in cui ciascuno dei tre ha alimentato gli altri due.

Più del fuoco poté la paranoia? Certo.

I primi sospetti sono stati d’importazione, come capita sempre in un territorio dove l’opinione pubblica è poca e poco documentata: all’inizio d’agosto, infatti, mentre i roghi che imperversavano in tutto il Sud facevano già gridare all’emergenza, è esplosa la notizia di un’inchiesta siciliana a carico di alcuni volontari dei Vigili del Fuoco, che sarebbero stati intercettati mentre si mettevano d’accordo sugli incendi da appiccare per essere poi ingaggiati nelle operazioni di spegnimento.

Più che la storia in sé, la cui verifica è tuttora al vaglio delle autorità giudiziarie a cui necessariamente spetta l’ultima parola, in questo caso conta la sua morale. Ovvero: gli incendi scoppiano perché qualcuno ci guadagna.

Infatti, da allora in avanti i media calabresi hanno cambiato modi e toni e dalle origini sospette e dal probabilmente doloso e dalle cause ancora da chiarire sono passati al doloso, senza sé e ma.

Dalla paranoia al dolore e all’indignazione il passo è stato breve. Com’è accaduto a Cosenza subito dopo Ferragosto, quando sono periti tre abitanti del centro storico nelle fiamme di un incendio, di cui ora è emersa la matrice dolosa.

E il dolore ha avuto risvolti beffardi quando, alcuni giorni fa, sempre nel centro storico di Cosenza, tre ragazzini sono stati colti sul fatto mentre tentavano di appiccare le fiamme agli alberi secolari dell’antica villa comunale. Emulatori, si è detto. Ed è difficile aggiungere altro, visto che si tratta di minorenni, a carico dei quali l’inchiesta è riservatissima e le misure si annunciano minime.

Ma questo è un altro filone, secondario e figlio del degrado urbano, della grande paura delle fiamme.

Gli altri incendi hanno in comune dei tratti ben precisi.

Sono esplosi tutti in zone, boscose o meno che fossero, caratterizzate comunque dalla forte vegetazione e in molti casi in aree non facilmente raggiungibili dai mezzi di soccorso ordinari. 

Sono esplosi o si sono propagati con dinamiche in cui l’elemento naturale (ad esempio il vento) è apparso secondario. Al riguardo, non sono poche le testimonianze di chi, tra abitanti delle zone minacciate e operatori intervenuti, hanno riferito di più focolai vicini ma non collegati tra loro accesisi quasi simultaneamente.

Sono esplosi, a più riprese, anche in zone non classificate ad alto rischio.

Serve altro per alimentare quella cultura del sospetto che abbonda tra i calabresi?

Certo, da qui a ipotizzare disegni unici e strategie più o meno centralizzate ne corre. Ma ci sono sospetti e sospetti.

Uno lo hanno avanzato il geologo Carlo Tansi, il capo della protezione civile, e il generale Aloisio Mariggiò, il commissario straordinario di Calabria Verde. I due, poco inclini alla dietrologia, hanno ipotizzato un legame suggestivo tra le fiamme che hanno aggredito i boschi e la presenza delle centrali elettriche a biomasse.

Tansi, al riguardo, è stato chiarissimo (nei limiti del legalmente consentito, s’intende): «C’è certamente anche un motivo di lucro, perché quando un albero brucia deve poi essere rimosso entro un anno e immaginiamo pure che questo legname possa essere utilizzato per le centrali a biomasse, quindi c’è tutto un business».

Un altro sospetto è legato alla normativa regionale. Lo ha formulato autorevolmente l’economista Matteo Olivieri sul sito peopleconomy.it.

Olivieri, noto per le sue tante e convinte battaglie ambientaliste, ha ipotizzato un nesso ben preciso tra i finanziamenti contemplati dai bandi contenuti nella Misura 8-Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste. Questa Misura fa parte del Piano di sviluppo rurale 2014-2020.

Parliamo, ovviamente, di fondi europei, destinati nello specifico all’imboschimento e creazione di aree boscate, alla prevenzione dei danni da incendi e calamità naturali, al ripristino delle foreste danneggiate da incendi, calamità naturali ed eventi catastrofici, agli investimenti diretti ad accrescere il pregio ambientale degli ecosistemi forestali e agli investimenti in tecnologie forestali, trasformazione, mobilitazione e commercializzazione prodotti forestali.

Ovviamente Olivieri non punta il dito sui bandi in sé (e ci mancherebbe), ma su due loro caratteristiche, cioè sul fatto che siano stati prorogati fino al 18 settembre e sulle peculiari modalità dei finanziamenti, che prevedono anticipi generosi (fino al 50% della somma vinta che, a sua volta, può raggiungere i 500mila euro).

Il rischio di impresa, che sarebbe presente nei bandi basati sui semplici rimborsi, verrebbe annullato. Invece la tentazione di un azzardo morale da parte di soggetti potenzialmente interessati al bando sarebbe irresistibile. Tanto più che la torta della Miura 8 è piuttosto golosa: 70 milioni cache. Hai voglia a ricavarne fette sostanziose.

Il presidente Oliverio ha respinto con sdegno il ragionamento del giovane economista. In particolare, il governatore calabrese ha sostenuto in una nota che «per come è agevole consultare dal relativo bando sul portale istituzionale www.calabriapsr.it, ciascun intervento messo a bando in ambito alla detta Misura 8, la cui scadenza è fissata al 18 Settembre pv, non potrà sostenere investimenti progettati in aree percorse dal fuoco in ossequio alla normativa vigente, legge quadro dello Stato italiano n. 353/2000». In altre parole, la legge quadro 353 del 2000 fugherebbe ogni tentazione perché vieterebbe le opere nuove in zone già toccate dalle fiamme.

È proprio così? Secondo Olivieri, che ha risposto a tono con un altro articolo su peopleconomy.it, no. E per due motivi: innanzitutto perché l’articolo 10 della legge quadro citata da Oliverio contiene varie eccezioni al divieto di costruire, in secondo luogo perché la Regione Calabria non si sarebbe mai dotata di una normativa di raccordo con la legge quadro. Prova ne sia che il consigliere regionale Domenico Bevacqua, eletto nel Pd, cioè nello stesso partito di Mario Oliverio, ha dichiarato di recente: «È da 17 anni che la Calabria manca di recepire la legislazione nazionale sugli incendi: si tratta di un vuoto legislativo che intendo colmare, depositando lunedì mattina (cioè il 28/08/2017, ndr) un’apposita proposta finalizzata ad attuare anche nella nostra regione la Legge 353 del 2000 (Legge quadro in materia di incendi boschivi)».

Serve altro per far capire il corto circuito in cui le fiamme hanno messo le istituzioni calabresi?

Qualcosa ci sarebbe: mentre il governatore, con un doveroso atto di responsabilità, chiedeva aiuto allo Stato, il centrodestra ha battuto un colpo. Infatti, Roberto Occhiuto e Jole Santelli, dirigenti e deputati di Forza Italia, hanno annunciato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Marco Minniti.

La partita si arroventa e stavolta non ci si riferisce alle fiamme. Il sottinteso dei due azzurri, che sono intervenuti in punta di penna per non dare l’idea di speculare sulle tragedie calabresi, è piuttosto chiaro: se ormai bastano i controlli satellitari per monitorare il territorio centimetro per centimetro, come mai in Calabria i sistemi di soccorso sono stati presi alla sprovvista?

Oppure, e ciò rende meno peregrino il riferimento a Minniti, ci sarebbero già indagini particolari in corso di cui i più, cioè l’opinione pubblica, sarebbero all’oscuro. E questo spiegherebbe anche la sicurezza con cui Occhiuto e la Santelli parlano di «sospetto di una lunga strategia criminale».

Siamo ancora nel campo delle paranoie o c’è altro?

Per saperne di più:

Primo intervento di peopleconomy.it

Secondo intervento di peopleconomy.it

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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