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«Augias ha ragione sul neosudismo, ma chi vuol male all’Italia è il Nord»

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Ci scrive Franco Pelella, che punta il dito sulla cosiddetta “autonomia differenziata” e sulla narrazione neoborb, i quali, a nostro parere, sono due aspetti del medesimo malessere

Corrado Augias ha dedicato la sua rubrica di venerdì scorso su La Repubblica alle divisioni tra nord e sud.

Egli ha correttamente chiesto un parere all’autorevole storico Alessandro Barbero, ha commentato che la sua impressione è che lo spirito di rivalsa di certe prese di posizione neo-sudiste sia motivato più dalle condizioni attuali del nostro Mezzogiorno che non dalla sua storia ed ha infine concluso, citando anche lo storico Ernest Renan, che «Saggezza vorrebbe che si dimenticassero i punti di contrasto per cercare di migliorare insieme le cose d’ora in avanti».

Alessandro Barbero

Sono d’accordo con Augias. Sarebbe auspicabile che si cercasse insieme, Nord e Sud, di migliorare le cose. Ma il problema è che oggi chi mette in discussione l’unità nazionale non sono tanto i neo-sudisti ma i settentrionali e in particolare le regioni settentrionali (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna alle quali si aggiunto recentemente anche il Piemonte) che stanno portando avanti il progetto di autonomia differenziata. Tale progetto mira, sostanzialmente, ad una maggiore gestione di risorse economiche da parte delle regioni del Nord e ad una consequenziale minore gestione da parte delle regioni meridionali. Sarebbe auspicabile che il governo non approvasse questo progetto rigettando le insistenti richieste delle regioni del Nord.

Cordiali saluti

Franco Pelella – Pagani (Sa)

Egregio Franco,

Innanzitutto grazie per l’intervento puntuale e preciso, sul quale mi permetto di notare alcune cose. Anche io do ragione ad Augias: è vero che le tesi neo-sudiste sono il prodotto dell’attuale malessere del Sud.

Ed è altrettanto vero che chi vuol rovesciare il tavolo dell’Unità nazionale (quella che ha consentito al Nord di diventare una realtà socio-economica di prima grandezza e al Sud di crescere in maniera altrimenti insperabile) sono le classi dirigenti settentrionali, che tentano di far leva sull’egoismo fiscale delle loro popolazioni, proponendo, appunto, il cosiddetto Regionalismo differenziato, che chi scrive considera una vera e propria bestemmia, in termini giuridici, politici e amministrativi.

Pino Aprile, l’autore di Terroni

Ma c’è da dire che il cosiddetto neo-sudismo non deve essere sottovalutato, perché al momento è l’unica narrazione culturale antiunitaria a riscuotere un certo seguito.

Ed è una narrazione particolarmente insidiosa perché si basa sulla verosimiglianza di un colossale falso storico, quello che Pino Aprile e sodali propinano al pubblico mainstream da circa un decennio.

Al riguardo, si è già espresso con efficacia proprio Barbero, che in più sedi ha sminuito la pericolosità della vecchia predicazione leghista, basata su leggende maccheroniche post-moderne (il mito celto-longobardo e riti bizzarri come il battesimo del Po) e ha, giustamente, portato l’attenzione sulla cosiddetta narrazione neosudista, che è pericolosa perché si basa sulla distorsione di vicende storiche reali.

Il revisionista britannico David Irving

Un po’ come hanno fatto, a cavallo tra gli ’80 e i ’90 del ’900, certi revisionisti deliranti come David Irving, che riuscirono a ispirare alcune delle destre radicali che allora sorgevano come funghi sulle macerie del vecchio ordine mondiale.

Mi permetto di ricapitolare: è vero che chi vuole incrinare l’edificio dello Stato unitario sono le Regioni del Nord, ma quasi sempre le loro richieste vengono giustificate con argomenti pragmatici; è altrettanto vero, ripeto, che l’unica narrazione antiunitaria è quella neo-sudista, declinata in tutte le salse.

La morale della favola è poco bella: chi vuole far saltare il tavolo sono i cumenda e gli sciuri, ma le loro quinte colonne più efficaci sono i terronisti, neoborbonici e non.

Cordiali e affettuosi saluti

Saverio Paletta

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