Movimento 5 Stelle, inizia la caccia al grembiule
Dopo le polemiche sui candidati massoni, arriva la dichiarazione di Gian Franco Pilloni, libero muratore di rango: anche i pentastellati sono “infiltrati” dalle logge. Stefano Bisi, il gran maestro del Goi reagisce a muso duro: è un pregiudizio diffamatorio contro di noi. Ma resta un problema aperto, che riguarda sia la massoneria sia l’ex partito di grillo: perché i massoni non querelano? E perché Di Maio, che minaccia denunce, non ha fatto i controlli a cui era tenuto?
È difficile dire se quella pubblicata di recente da il Giornale sia una semplice coltellata al Movimento 5 Stelle oppure ci sia un fondo di verità su cui riflettere.
Certo è che potrebbe non essere una fake news, sebbene il quotidiano della famiglia di Berlusconi abbia tutto l’interesse a lanciare una buccia di banana, l’ennesima tra l’altro, sul cammino dei pentastellati e di Luigi Di Maio in particolare, accusato neanche troppo tra le righe di non aver saputo selezionare i candidati sulla base delle regole dello Statuto del suo Movimento.
La notizia choc proviene da una fonte tutta da approfondire: Gian Franco Pilloni, immobiliarista cagliaritano e Serenissimo gran maestro della Loggia d’Italia Unmsoi (l’acronimo sta per Unione massonica stretta osservanza iniziatica). Com’è già noto, secondo Pilloni i massoni candidati in M5S sarebbero 34, di cui 6 in Calabria e le ritorsioni annunciate da Di Maio nei confronti dei tre candidati scoperti col grembiule nel sacco («Li denuncerò», aveva infatti tuonato l’aspirante premier) sarebbero acqua minerale.
Per capirne di più occorre rispondere a una domanda banale: quelle di Pilloni sono semplici sparate, oppure il Serenissimo gran maestro sa o è in condizione di sapere?
In effetti Gian Franco Pilloni ha fatto parte del giro che conta, nella massoneria italiana, già seguace di Armando Corona, ex gran maestro del Grande Oriente d’Italia negli anni difficili del post P2, Pilloni aderì alla Gran Loggia d’Italia fondata da quest’ultimo, di cui divenne gran maestro e si dimise da questa nel 2011, salvo riapparire come gran maestro, ma stavolta Serenissimo, della Loggia d’Italia Unmsoi.
Nel carnet di Pilloni non manca neppure il gossip giudiziario: un processo per presunta truffa di oltre 10 anni fa, da cui, è doveroso sottolinearlo, è risultato prosciolto con formula piena.
Sulla base di tutto questo, si può rispondere in maniera affermativa: in effetti il supergrembiule sardo può essere in grado di avere le informazioni sulla base delle quali ha aggredito mediaticamente i pentastellati, sin troppo nel mirino dei media, anche in seguito alla faccenda dei falsi (od omessi) rimborsi.
A questo punto sorge spontanea un’altra domanda: posto che sia vero che 34 candidati di M5S, ormai in fase di crescente sgrillizzazione dopo l’addio del fondatore, sono massoni o massoni in sonno (il che non vuol dire, si badi bene, ex massoni), di chi è il problema? Senz’altro della massoneria. Sul punto, Pilloni è stato durissimo: «Se un fratello si fosse candidato coi 5 Stelle gli avrei fatto un provvedimento disciplinare perché noi garantiamo l’assoluto rispetto dell’io, dell’individuo, ma tu non puoi andare a sposare una causa di una persona che dice i massoni non sono candidabili».
Decisamente più raffinato, ma non per questo meno morbido, Stefano Bisi, il gran maestro del Goi, che ha dichiarato a Euronews: «La massoneria è un’associazione, il Grande Oriente d’Italia è la comunità massonica italiana storica e più numerosa, è un’associazione che tutela il libero pensiero e cerca di fare il bene all’umanità. Se poi il Vicepresidente della Camera Luigi Di Maio dice “Fuori dalle liste omofobi, razzisti e massoni” fa un grave errore, anzi è una diffamazione. Così anche l’ex premier Renzi quando dice “scrocconi, truffatori, e massoni”, anche questa è una diffamazione».
Come se non bastasse, Bisi ha aggiunto nella stessa intervista (che avrebbe meritato di più, almeno a livello di resa sintattica): «Purtroppo in Italia, come in altre nazioni, c’è ancora un pregiudizio anti-massonico. Come si spiega che il giorno prima un candidato è affidabile, bravo e il giorno dopo, perché si scopre che è un massone, non va più bene? Mi sembra un pregiudizio molto forte questo».
Giusto, ma se è un pregiudizio, tra l’altro non bellissimo, perché le principali comunioni massoniche italiane non coprono di querele Di Maio? I due gran maestri, soprattutto Bisi, hanno ragione: Di Maio e Renzi hanno espresso pregiudizi perché appartenere alla massoneria non è reato e perciò esprimere un pregiudizio antimassonico (come l’accostamento dei massoni agli omofobi e ai razzisti oppure agli scrocconi) potrebbe essere pesante.
Ma il problema è pure degli ex grillini: i tre massoni, come del resto anche i finti rimborsanti o rimborsanti pentiti, non hanno violato nessuna legge. Ma solo lo statuto di M5S che, a livello giuridico, ha lo stesso peso del regolamento di una bocciofili. Perciò viene da chiedere a Di Maio: in base a cosa vorrebbe denunciare i suoi parlamentari infedeli e candidati massoni?
Va da sé che qui non è in ballo la difesa della massoneria (che, a quel che si sa, è zeppa di avvocati e può difendersi da sé) o degli ex grillini. È solo una questione di credibilità, messa a repentaglio da una campagna elettorale squallidissima, condotta da tutti a botte di insulti, grugniti e rigurgiti.
È ovvio che la leadership di Di Maio non è comoda a molti pentastellati, soprattutto ai laureati e plurilaureati che affollano call center e concorsi pubblici e votano M5S o vi militano in cerca di un riscatto dalle ingiustizie subite da un sistema ormai arrivato al digestivo. E c’è da scommettere che lo sputtanamento dei grillomassoni e dei furbetti dei rimborsi sia partito dalle file interne di un partito che ha avuto un grosso limite, non evidenziato finora abbastanza: aver superato, nella inconsistenza strutturale, le creature berlusconiane. Queste erano (e restano, a giudicare dalla comunicazione finta e dai coté femminili) partiti televisivi. M5S, invece, è un partito virtuale, nato senza strutture, che non fossero essenzialmente i server della Casaleggio e che, fino a pochi mesi fa, sceglieva i propri candidati con procedure finte.
Un contenitore che chiunque ha pensato di riempire con le cose più contraddittorie. Logico che, se il contesto è questo, i controlli non possono essere così rigorosi come pretenderebbe lo Statuto. Ed ecco che l’odiata stampa, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra, ad opera di ex grillini contro altri ex grillini.
Morale della favola: verificare le nequizie presunte dei massoni tocca alla magistratura. E tocca anche alla magistratura verificare se queste nequizie coinvolgano tutta la massoneria. Invece, fare la morale al prossimo può essere un dovere di chiunque, a patto che lui e la sua casa siano immacolati. E questo non sembra il caso di Di Maio, che ora ha l’incombenza di stanare altri 31 grembiulini, a prescindere se costoro abbiano commesso reati o meno.
In bocca al lupo, ma con un’avvertenza: stavolta la moglie di Cesare non è al di sopra di ogni sospetto. Neppure quella di Luigi.
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