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Elezioni in Sicilia, a lezione di politica da… Pino Aprile

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Il giornalista pugliese svelena contro la Lega e scorda la mafia e il malaffare delle classi dirigenti meridionali che affossano il Sud

Leggere Pino Aprile è sempre divertente. Ma il giornalista pugliese riesce a dare il meglio di sé quando scrive di politica.

L’ultimo esempio il Nostro l’ha dato in uno dei consueti post fiume con cui discetta dalla sua pagina facebook, Terroni di Pino Aprile, diventata una sorta di mecca telematica per sudisti.

Il titolo è un programma, anche per la sua leggera eco leninista: Dopo il voto in Sicilia: Sud, che fare? Il contenuto è un capolavoro del vuoto pneumatico: 1.291 parole (ovvero 7.898 caratteri spazi inclusi), più del doppio dello spazio che gli concederebbero i giornali amici, al termine delle quali Aprile confessa di non avere una soluzione al dilemma ma invita i suoi seguaci (non diciamo lettori, perché in questi si dovrebbe presupporre un minimo di senso critico) a pensarci su. Già: il tempo stringe e tocca fare qualcosa per salvare il Sud.

Da chi? Dai meridionali, da noi meridionali, che ne sono – siamo – le prime vittime? Magari dalla criminalità organizzata, che nel pezzo non è neppure menzionata?

Nossignori, dal centrodestra che, pur di vincere, ha imbarcato la Lega. Leggere per credere: «Ci vogliamo perdere l’occasione del soccorso amico di Salvini ai terùn de merda, scappano anche i cani, Vesuvio lavali col fuoco?».

Un altro po’ e fa venir voglia davvero di votare Salvini. Anzi, per rispondere a provocazione con provocazione: chi ci dice che il salvinismo sia poi quel gran male? Perché un elettore di destra, magari anche dotato di salde motivazioni meridionaliste, non dovrebbe mettere la crocetta sul Carroccio? In fin dei conti, significherebbe premiare la linea lepenista del leader, che un pregio almeno lo ha avuto: limitare i fremiti secessionisti e il loro corollario di pregiudizi antimeridionalisti cavalcati alla grande dalla vecchia classe dirigente bossiana, che è passata in secondo piano e ha usato i referendum per recuperare un po’ di voce.

Per dire queste cose, l’Aprile di oggi deve aver scordato l’Aprile di ieri, che era più che simpatizzante del Mpa di Raffaele Lombardo (finanziato, guarda caso, dalla Lega…). Come sia andata la parabola dell’ex governatore siciliano lo sappiamo: il suo movimento, nonostante i finanziamenti della Lega bossiana, non è riuscito a bucare sul continente, dove ha chiamato a raccolta soprattutto i reduci di altre formazioni, e poi ogni ambizione è finita stritolata dalle faide interne e dall’inchiestona avviata nel 2010 dalla Procura di Catania e conclusasi comunque con una condanna per voto di scambio, la più meridionale delle prassi elettorali borderline.

Se questo è stato il tentativo più ambizioso (e, dati alla mano, lo è stato) di creare un partito meridionalista, figurarsi il resto: più che di tentativi, occorrerebbe parlare di conati.

Tralasciamo il solito monologo sui massacri e sul tentato genocidio del Sud, che Aprile ripete ad ogni spron battuto, forse per ricordare ai seguaci che qualche copia dei suoi vangeli è ancora in libreria (e accattativillo!). E concentriamoci, semmai su un’altra affermazione del Nostro, il quale ricorda, giusto per non perdere l’abitudine, che «il Paese si regge sulla dominanza del Nord e la riduzione del Sud a colonia». Segue la solita solfa sui minori fondi, sulle minori infrastrutture, ecc. Intendiamoci: quel che dice Aprile è vero, ma i motivi non sono quelli che dice lui. Se il Sud ha di meno in tutti i settori è per colpa delle sue classi dirigenti, a partire dalle quali non si può proprio costruire un emerito nulla.

Il Mezzogiorno maneggia meno danaro del Nord. Giustissimo. Però Aprile, avvezzo a presentare i suoi libri anche davanti a platee politiche sorvola un altro problema: l’uso dei quattrini. Quelli non utilizzati, per incapacità a progettare dei politici e per l’inconsistenza del ceto imprenditoriale, fanno la consueta inversione ad U (e forse per questo ne vengono stanziati sempre meno. Gli altri, come rivelano le tante inchieste giudiziarie, che intervengono a danno fatto e quando è troppo tardi per riparare, finiscono nelle tasche dei soliti pochi senza ricadute reali.

Preferiamo pensare che Aprile, data la sua abitudine a frequentare (ed elogiare) ex magistrati e magistrati in aspettativa – cioè de Magistris ed Emiliano – si limiti a far finta di non sapere quale sia la vera caratura delle classi politiche del Meridione. Meglio furbo che fesso, insomma.

Dunque, abbiamo capito che un leghismo a Sud, per fortuna del Sud e dell’Italia, non può nascere, per mancanza di numeri e di capacità politica. Ma allora perché ci si ostina a fomentare odio? Siamo davvero sicuri che la difesa del Mezzogiorno, la riconquista dell’orgoglio dell’appartenenza possa partire da quel filone rivendicazionista di cui la produzione giornalistico-scrittoria dell’ex direttore di Oggi è un esempio da manuale? Proprio no: una minoranza rumorosa resta una minoranza. E l’emarginazione di certe tematiche all’interno del Movimento 5 Stelle, che a Sud sposa l’idea della Giornata della memoria e al Nord si schiera con Zaia, lo prova. Non si può odiare il secessionismo leghista e poi adottarne il linguaggio a parti invertite: le persone non sono stupide, anzi sono più intelligenti di come se le figura chi ha osservato per anni il mondo da dietro una scrivania, e prima o poi se ne accorgono.

Il Sud ha tanti primati. E, per fortuna, tra questi non ci sono le rivendicazioni di Aprile e di chi per e con lui.

È grazie al voto dei meridionali, che hanno comunque premiato partiti nazionali (anche quando non lo meritavano) che l’Italia continua ad esistere: questo vorrà pur dire qualcosa? Crediamo che l’esasperazione possa diventare una molla potente per il riscatto. Che sarà tanto più efficace quanto più ci si libererà da tanta zavorra culturale. A partire dalle tesi di chi pretende di parlare in nome degli emarginati del Sud dalle comodità di una villa a Frascati.

Per saperne di più:

L’articolo di Pino Aprile

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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