Most read

Caso Villella, prime crepe nel Comitato "no Lombroso"

Rate this post

Il gruppo neoborbonico prosegue la crociata contro il Museo Lombroso. Un consigliere cosentino presenta un’interrogazione: vale la pena restare coi “no Lombroso”?

Ricordate la vicenda del Comitato tecnico scientifico “no Lombroso” e del cranio del presunto brigante Giuseppe Villella?

La riassumiamo per sommi capi: questo gruppo, d’ispirazione neoborbonica e palesemente influenzato dal revisionismo antirisorgimentale (per capirci, dalle opere di Pino Aprile, Lorenzo Del Boca e Gigi Di Fiore) ha iniziato nel 2009 una crociata contro il Museo Lombroso di Torino, accusato, tra l’altro senza prove, di essere un luogo simbolo del razzismo antimeridionale.

In questa crociata, diretta dal neoborbonico Domenico Iannantuoni (un ingegnere milanese di origini pugliesi), il Comitato ha coinvolto numerose istituzioni, in particolare calabresi, e ha tentato, assieme al (e attraverso il) Comune di Motta Santa Lucia,  una causa contro il Museo torinese per ottenere la restituzione del cranio di Villella, un contadino di Motta considerato a lungo un brigante, anche dallo stesso Cesare Lombroso che ne studiò il teschio e vi si ispirò per la sua teoria del delinquente nato.

Il processo, iniziato nel 2012, ha avuto fasi alterne: in prima battuta, davanti al Tribunale di Lamezia Terme, ha vinto il Comune di Motta, ma la Corte d’Appello di Catanzaro, la scorsa primavera, ha rovesciato il verdetto.

La partita, tuttavia, resterebbe aperta, sebbene nel merito, dopo la sentenza di Catanzaro resti poco da decidere e ci sia poco da fare anche sotto il profilo formale: il Comitato, infatti, ha avviato un crowfunding, sebbene i metodi siano quelli di una colletta vecchio tipo, per mettere assieme i quattrini necessari a finanziare il ricorso in Cassazione.

Ma nel frattempo qualcosa si è mossa e nel fronte interno del Comitato qualcuno ha iniziato a nutrire dei dubbi. Il primo è stato Romano Pitaro, addetto stampa del Consiglio Regionale della Calabria che, in un articolo pubblicato sul Corriere della Calabria subito dopo il verdetto di Catanzaro, ha scritto che il ricorso in Cassazione sarebbe inutile. Questo per quel che riguarda l’aspetto culturale della vicenda.

Sotto il profilo politico, invece, la novità arriva da Cosenza, che aveva aderito al Comitato nel 2013. Francesco Spadafora, il consigliere più votato della maggioranza che ha riportato un anno fa Mario Occhiuto alla guida della città calabrese, ha depositato un’interrogazione scritta al sindaco, a cui pone dei seri dubbi non solo sulla fondatezza della battaglia legale contro il Museo torinese, ma anche sulla necessità della permanenza di Cosenza nel Comitato.

Infatti, scrive Spadafora: «L’aspetto più rilevante della Sentenza di Catanzaro è il riconoscimento della scientificità degli studi di Lombroso e il conseguente rigetto dell’ipotesi razzista sostenuta dal Comitato e quindi dal sindaco di Motta, secondo i quali le tesi dello studioso ottocentesco erano antimeridionali o comunque discriminatorie nei confronti del Sud». Di più: «Nessun atteggiamento razzista o antimeridionale è stato assunto dai responsabili del Museo Lombroso e dall’Università di Torino anche nei momenti per loro più difficili di tutta la vicenda» e «in particolare, nessun cenno ostile è giunto dal Museo Lombroso e dall’Università di Torino nei confronti di Cosenza e dei suoi Cittadini».

Al contrario, insiste il consigliere, «gli atteggiamenti del Comitato e dei suoi sostenitori sono stati di aperta ostilità nei confronti di chi osasse esprimere opinioni contrarie alle loro».

Interessanti anche i rilievi storici e culturali: «la Città di Cosenza, è stata all’avanguardia nei secoli XVIII e XIX proprio per i valori liberali espressi dalla sua Classe Dirigente e dai suoi Cittadini ed è stata un territorio importante per il Risorgimento, a cui ha dato vari precursori e patrioti». Il che non si può dire dell’ispirazione del Comitato, i cui fondatori «si sono segnalati per visioni ideologiche (fondamentalismo cattolico oggi rigettato dalla stessa Chiesa, nostalgismo borbonico ecc.) antitetiche alla concezione liberale su cui si basò il Risorgimento e che è tuttora elemento fondante della nostra democrazia e della nostra Costituzione: è il caso dell’Ing. Iannantuoni, che ha rilasciato dichiarazioni pubbliche inequivocabili in tal senso, riportate nel libro “Il fuoco del Sud” del giornalista Lino Patruno, edito da Rubbettino nel 2010».

Date le premesse, Spadafora chiede al sindaco «se sia opportuno per l’immagine della nostra Città continuare a legare il nome di Cosenza, che ha ben altri problemi (nessuno dei quali risulta legato ai presunti misfatti del Risorgimento e di Lombroso) alle sorti del “Comitato Tecnico Scientifico No Lombroso” e cosa Ella intenda fare in merito a questa vicenda».

L’interrogativo non è peregrino, visto che Mario Occhiuto nel 2013 non ha dato un’adesione solo formale al Comitato. Infatti, oltre che sindaco di Cosenza, Occhiuto è il fratello maggiore di Roberto Occhiuto, deputato di Forza Italia e autore, in questa veste, di un’interrogazione parlamentare nei confronti del (e quindi contro il) Museo Lombroso. Che sia giunto davvero il tempo di una marcia indietro?

 Per saperne di più

Sulla sentenza di Catanzaro relativa al caso Villella

 9,655 total views,  4 views today

Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

Comments

Be the first to comment on this article

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Go to TOP