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Affaire Villella, i “no Lombroso” tornano col solleone…

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La deputata grillina Anna Laura Orrico ha depositato l’interrogazione contro il Museo Lombroso di Torino sotto il pungolo dei neborbonici. La parlamentare calabrese chiude la serie di fiancheggiatori del cosiddetto “sudismo” iniziata da Scilipoti. Intanto il discendente del pastore calabrese il cui cranio fu studiato dal papà dell’antropologia criminale fa causa al Museo e querela il sindaco di Motta Santa Lucia…

È l’ottava interrogazione parlamentare contro il Museo Lombroso di Torino. Il destinatario, questa volta, è Marco Bussetti, il ministro della Pubblica istruzione in quota Lega. La proponente è Anna Laura Orrico, una deputata calabrese del Movimento 5 Stelle, di cui, prima del 4 marzo si sapeva davvero poco.

La deputata grillina Anna Laura Orrico

Dal suo sito web apprendiamo che ha 37 anni, è laureata in Scienze politiche con indirizzo internazionale all’Università della Calabria, parla due lingue (inglese e francese), è specializzata in progettazione europea e Storia dell’Africa e fa l’imprenditrice in quel settore delicato che, appunto, è la progettazione europea.

Di sicuro la Orrico è nuova alla vita politica, ma non è neppure di primissimo pelo, visto che risulta vicina da anni a Pippo Callipo, il re del tonno, che è diventato un nume tutelare dei grillini calabresi dopo aver tentato nel 2010 la candidatura come governatore della Calabria sotto le insegne di Italia dei Valori, quando Antonio Di Pietro era ancora il simbolo delle ansie di giustizia degli italiani.

Ma torniamo all’interrogazione, promossa ancora una volta dal Comitato tecnico-scientifico “no Lombroso”, che è una propaggine piccola, ma molto virulenta in rete, della galassia neoborbonica.

Domenico Iannantuoni, il presidente del Comitato “no Lombroso”

Di questo Comitato, presieduto da Domenico Iannantuoni, un professionista milanese di origine pugliese che firma qualsiasi cosa con il titolo di Ing., fa parte Amedeo Colacino, sindaco di Motta Santa Lucia, un paesino calabrese di meno di mille anime nei pressi di Lamezia Terme, che dal 2011 ha promosso una battaglia senza quartiere contro il Museo torinese per ottenere la restituzione del cranio di Giuseppe Villella, un pastore originario di Motta e morto in carcere a Pavia, dov’era finito per reati contro il patrimonio.

Proprio dall’analisi del teschio di Villella, Cesare Lombroso, il papà dell’antropologia criminale, ricavò nel 1871 la teoria dell’atavismo criminale.

Cesare Lombroso

Ovviamente la teoria di Lombroso è più che superata, come capita a tutte le ricerche scientifiche datate e dello scienziato veronese si parlava, fino a qualche anno fa, nei testi di Storia della scienza, di Antropologia e di Diritto penale.

La riesumazione di Lombroso è opera dei neoborbonici, che hanno individuato nel suo pensiero (a questo punto, anche con una dose massiccia di malafede), una specie di teoria razzista contro i meridionali. Giusto per aggiungere favola a favola, occorre ricordare che, fino a non troppo tempo fa, Villella era considerato un brigante. In pratica, c’erano tutti gli elementi per una crociata ideologica contro il Museo.

E infatti la guerra c’è stata. Prima a livello politico, con una dovizia d’interrogazioni parlamentari e una mozione votata dal Consiglio regionale della Calabria su proposta del consigliere Orlandino Greco, poi a livello giudiziario.

Amedeo Colacino, il sindaco di Motta Santa Lucia

In questo caso, è sceso in campo il Comune di Motta, rappresentato, appunto, da Colacino, per chiedere la restituzione delle spoglie di Villella. Gli esiti del braccio di ferro sono stati alterni, ma sostanzialmente a favore del Museo: dopo una sconfitta davanti al Tribunale di Lamezia, che aveva ordinato la restituzione del cranio al Comune di Motta nel 2012, la Corte d’Appello di Catanzaro ha dato ragione, con una sentenza giuridicamente ineccepibile, al Museo nella primavera del 2017.

La vertenza è approdata in Cassazione in seguito a una colletta promossa in rete dall’infaticabile Iannantuoni.

Ma che questa battaglia fosse una patacca, come molte cose promosse dagli ambienti neoborbonici, Lo si era capito da tempo: nel 2011, Maria Teresa Milicia, un’antropologa calabrese che insegna all’Università di Padova, era scesa a Motta per fare ricerche su questa vicenda curiosa e aveva scoperto che il Villella storico non era né un brigante né un patriota neoborbonico e aveva smantellato punto per punto il battage propagandistico del Comitato “no Lombroso”. I risultati di questa ricerca sono contenuti nel bel libro Lombroso e il brigante. Storia di un cranio conteso (Salerno, Roma 2014).

L’antropologa Maria Teresa Milicia

Ma Iannantuoni e Colacino non sembrano intenzionati ad arrendersi. Tutt’altro: esibiscono numeri virtuali (ad esempio, i 160 Comuni che si sarebbero schierati col Comitato, sebbene vi siano consiglieri che non sanno nulla di questa vicenda), continuano a partecipare alle parate neoborboniche e bussano alla politica per chiedere aiuto. Ieri erano Forza Italia e l’Udc, oggi è il Movimento 5 Stelle.

Al riguardo, verrebbe quasi voglia di dire che la ventata di novità promessa dai grillini quasi non si sente, perché la Orrico ha agito come fanno in generale i parlamentari in cerca di consensi facili: non ha verificato una virgola di quel che le ha detto Iannantuoni, che l’ha definita addirittura «la nostra parlamentare», né si è lasciata sfiorare dal dubbio di mettersi sullo stesso piano di alcuni dei precedenti autori di interrogazioni sul Museo. Parliamo di politici come Domenico Scilipoti, il deputato azzurro (ma all’epoca Udc) Roberto Occhiuto e la ex An Adriana Poli Bortone. Insomma, tutto il vecchio contro cui i grillini hanno martellato in campagna elettorale.

Domenico Scilipoti

È difficile pure capire cosa potrà fare il ministro Bussetti in questa vicenda, ormai di stretta competenza dell’autorità giudiziaria.

Nel dubbio, occorre raccontare un altro aspetto non secondario di questa storia. In seguito alle ricerche della Milicia è emersa una discendente di Villella: la signora Anna Rosaria Bevacqua, che ha delegato suo figlio, Pietro Esposito, a rappresentarla in giudizio. Ed Esposito non si è fatto pregare: dapprima è intervenuto nel processo d’Appello di Catanzaro e ora, attraverso la sua legale, Letizia Di Valeriano, avvocata del Foro di Tivoli, ha chiesto al Museo Lombroso la restituzione del cranio di Villella sulla base della propria qualità di discendente ed erede.

Una vetrina del Museo Lombroso

La vicenda si è decisamente ingarbugliata. Anche per il sindaco Colacino, che qualche anno fa pregustava la vittoria, al punto di aver chiesto fondi pubblici per realizzare un monumento commemorativo a Villella. Evidentemente, la prudenza non è il forte del sindaco, che durante il raduno neoborbonico di Gaeta del 2017, si è lasciato andare ad affermazioni indelicate nei confronti di Esposito. Il tutto ripreso e pubblicato su Youtube. Per queste due vicende, il tentato monumento e la dichiarazione pepata, Colacino è stato denunciato dal discendente di Villella.

Una vera e propria nemesi per chi dà credito alle patacche, lo diciamo con tutta la simpatia e il garantismo possibili nei riguardi dell’incauto sindaco, che almeno ha avuto il coraggio di metterci la faccia a rischio di rimettercela, laddove, invece, molti simpatizzanti del Comitato “no Lombroso” si sono scatenati a suon di insulti al riparo di tastiere e di false identità protette da Facebook. Una procedura tra l’altro non estranea al mondo grillino.

In attesa del verdetto della Cassazione e delle decisioni del ministro dell’Istruzione è lecita una domanda: chi sarà il prossimo credulone che indosserà la patacca del Comitato scambiandola per un gioiello? Ormai s’è capito: la cultura e lo spirito critico non abbondano nell’attuale classe politica né, soprattutto, tra i 5 Stelle, perciò avanti il prossimo

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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  1. Ultim’ora: si apprende da fonte qualificata che la deputata Anna Laura Orrico non ha depositato l’interrogazione, di cui non esisterebbe neppure la bozza. Né, tantomeno, avrebbe avviato iter di alcun tipo nei confronti del Museo Lombroso di Torino su sollecitazione del Comitato No Lombroso e del suo presidente, Ing. Domenico Iannantuoni.
    Prendiamo atto della cortese segnalazione, non senza aver formulato un dubbio che ci pare legittimo: evidentemente c’è chi si appella all’autorità dei nostri parlamentari per lanciare le proprie battaglie, quando risultano infondate. Questo sembra il caso dei “no Lombroso”.
    Oppure la verità può essere più semplice: la necessità di avere comunque consenso spinge gli esponenti della classe politica a promettere impegni che poi non sono mantenuti. Chi è la vittima in questo gioco delle parti? I No Lombroso, a cui evidentemente qualcosa è stato promesso (altrimenti non si sarebbero sbilanciati al punto di pubblicare sulla propria bacheca in toni trionfali l’avvenuto lancio dell’iter parlamentare) oppure l’onorevole Orrico, a cui è stata gabellata per oro colato una tesi che non ha alcun fondamento storico o culturale?

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