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Sales ha torto: il Sud non è la ex Ddr

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Ci scrive Franco Pelella, che polemizza col mafiologo campano sul paragone tra il Mezzogiorno e la vecchia Germania Est. Ha ragione: noi siamo messi davvero peggio di quanto non lo fosse l’ex repubblica socialista prima della riunificazione tedesca

Isaia Sales continua a sostenere l’opportunità di fare maggiori investimenti al Sud e di imitare le politiche di aiuti fatte in Germania per recuperare la Germania Est.

Il mafiologo Isaia Sales

Ecco quello che ha scritto:

«Il caso della Germania […] dimostra che non è vero affatto che i soldi spesi nell’area più arretrata di una nazione sviluppata sono uno spreco, un elemento antieconomico, una perdita secca per lo Stato e per i territori più ricchi. È vero esattamente il contrario: investire nella parte meno sviluppata è un affare per l’intera nazione. Può sembrare un sacrificio in un primo momento, poi si trasforma in una straordinaria opportunità. La Germania di oggi è di gran lunga la nazione europea più sviluppata, economicamente più ricca di quanto lo fosse prima della riunificazione e prima dei grandi investimenti nell’Est. Recuperando la parte più arretrata, la ricchezza investita si è trasformata in ricchezza generale. La Germania di oggi deve quello che rappresenta nell’economia mondiale alle scelte del 1989. L’Italia diventerebbe la prima nazione d’Europa se recuperasse il suo Sud. Ma come si fa a ragionare di futuro quando una misura necessaria come l’agevolazione per le assunzioni nel Mezzogiorno viene considerata come un danno per le imprese settentrionali? In Italia abbiamo un assoluto bisogno di Helmut Kohl del Nord» (Il vittimismo settentrionale e la lezione della Germania Est; Il Mattino, 11/8/2020).

Continuo a non essere d’accordo con l’impostazione che Isaia Sales dà alla richiesta di politiche di aiuto al Mezzogiorno; egli, come sempre, si mantiene sul piano dei principi sostenendo che inevitabilmente tali politiche produrranno risultati positivi ma questo non è scontato. A partire dal secondo dopoguerra gli aiuti al Mezzogiorno sono stati innumerevoli; con la Cassa per il Mezzogiorno, dopo il terremoto del 1980 e con i fondi europei i miliardi investiti sono stati molti ma i risultati non sono stati all’altezza.

La Porta di Brandeburgo nella vecchia Berlino Est

Ma anche continuare a citare la Germania come esempio di buona politica di investimento nei territori più arretrati non è condivisibile; non si può proseguire a mettere sullo stesso piano la Germania Est e il Mezzogiorno d’Italia: sono innumerevoli le differenze in termini di presenza criminale, senso civico e di capitale sociale nei due territori.

Il problema, quindi, non è la necessità di aiutare il Mezzogiorno ma le politiche che vengono attivate al fine di raggiungere l’obiettivo di un’effettiva rinascita di questo territorio. La mia opinione è che le uniche politiche realmente efficaci possono rivelarsi quelle meritocratiche; gli aiuti, cioè, andrebbero dati alle imprese, alle amministrazioni pubbliche, alle scuole, alle persone che abbiano avuto comportamenti virtuosi. Altrimenti essi continueranno a rivelarsi inefficaci.

Franco Pelella

Caro Franco,

hai fatto centro:: in questa fase delicatissima (considerati anche i recenti annunci di Conte), sembra che molta intellettualità meridionale, di spessore e non, voglia tirare un po’ la corda.

Sales, purtroppo, si è inserito piuttosto male nel dibattito avviato da Viesti nel 2018 e rilanciato sul piano giornalistico da Marco Esposito e Roberto Napoletano: la rivendicazione di fondi e investimenti al Sud sulla base di un’asserita (e, francamente, da provare) attività predatoria del Nord.

Il paragone tra il Mezzogiorno e i Land della ex Ddr ricade in questa versione della cultura del piagnisteo, resa solo più rabbiosa dai toni “borbonizzanti”.

Per quel che mi riguarda, non ho mai nascosto la mia allergia a tutti i totalitarismi.

E tuttavia sono costretto a riconoscere alcune cose: la Ddr si presentò alla prova della riunificazione tedesca con una popolazione dotata di un livello accettabile di istruzione e di know how; con apparati industriali passabili, sebbene inefficienti in un contesto di mercato, e con una non disprezzabile base tecnologica.

L’ex cancelliere Helmut Kohl

Nulla di comparabile ai risultati ottenuti dai Paesi occidentali e, soprattutto, dalla Bundsrepublik di Bonn, ci mancherebbe. Ma quello tedesco-orientale fu comunque un sistema performante nel contesto del Patto di Varsavia. E ciò spiega perché la riunificazione sia riuscita bene e senza traumi eccessivi.

Helmut Kohl fu senz’altro bravo, ma la sua bravura non sarebbe bastata se i tedeschi dell’Est non avessero fornito un valido capitale umano alla sua politica.

Completamente diversa la situazione del nostro Sud, in particolare di quello più “profondo”, che non è riuscito mai a decollare nonostante i dispendiosi tentativi di redistribuzione e che ora, lasciato a sé stesso, vive una situazione che definire drammatica è un eufemismo.

Detto altrimenti: laddove, al Nord, si può parlare di crisi, di mancata crescita e di arresto, al Sud si deve parlare di declino. Cosa più grave, del declino di un territorio che ha un aspetto comune con gli ex Paesi dell’impero sovietico: lo sviluppo senza crescita.

Se le cose stanno così, non si può non aiutare il Mezzogiorno, anche contro la sua volontà e col coraggio di esautorare le sue classi dirigenti, che sono le prime responsabili di questa tragedia.

Ma di sicuro le esternazioni di non pochi meridionalisti non aiutano. Lasciamo stare i miei colleghi giornalisti: loro spesso “ci fanno” perché devono comprensibilmente creare opinione per vendere copie, avere spettatori e ottenere clic.

La storica libreria Karl Marx nella Berlino Est di oggi

Il problema sono tutti quegli intellettuali che operano al riparo di cattedre ben remunerate, come Sales. Da loro ci si dovrebbe aspettare un comportamento più responsabile nei confronti dell’opinione pubblica.

Invece sembra che si divertano a soffiare sul fuoco, al punto di non accorgersi di andare appresso alle esternazioni, spesso ridicole, di alcuni giornali apparentemente destrorsi ma sostanzialmente “nordisti”, tra cui mi permetto di menzionare “Libero” e “La Verità”: loro scrivono “a” e i nostri per principio rispondono “b”. Un bell’esempio di subalternità culturale, non c’è dubbio.

Non sarebbe il caso, invece, di fare un po’ di sana autocritica e pensare a un Sud finalmente diverso, dotato di un livello di vita civile accettabile?

Sarebbe un apprezzabile atto di umiltà dei nostri intellettuali, che ci gioverebbe non poco.

Giusto una postilla: otto anni fa Sales pubblicò un libro, “Napoli non è Berlino”, in cui affermava più o meno l’esatto contrario di quel che ha detto nel recente articolo del “Mattino”…

Saverio Paletta

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