Pino Aprile ci querela
Il giornalista pugliese ha annunciato una denuncia nei confronti del direttore de L’IndYgesto. Restiamo in paziente e prudente attesa. Ma ci permettiamo di rassicurare chi ha la pazienza di leggerci: dormiamo tranquilli lo stesso
Questa volta scrivo in prima persona, perché la vicenda di cui sto per parlarvi non riguarda solo L’IndYgesto, ma tocca direttamente me.
Pino Aprile ha annunciato di avermi querelato con un articolo del suo blog (leggi qui), pubblicato il 29 luglio, di cui sono venuto a conoscenza il 5 agosto in seguito alla segnalazione di un lettore.
Nell’articolo in questione, Aprile lamenta di essere stato sottoposto a diffamazione seriale, che sarebbe culminata addirittura in forme di stalking vero e proprio.
Dopo una serie di allusioni, alcune senz’altro a me, e qualche metafora curiosa (quella su Gesù è da manuale), l’autore fa il nome nel penultimo paragrafo: «Per cominciare, sono costretto, per ora e mio malgrado, a querelare il signor Saverio Paletta; e resto in attesa del giudizio del tribunale per verificare se ha calunniato, diffamato (e danneggiato) il sottoscritto».
Preciso subito che ne scrivo per un motivo: L’IndYgesto, che ho creato a fine 2016, è il prodotto dell’impegno di uno staff di persone serie e preparate, di cui devo comunque tutelare l’immagine da ogni problema, a partire da quelli che riguardano direttamente la mia persona.
Trovo doverosa un’altra precisazione: tutto ciò che è stato pubblicato su questo magazine, da me o da altri collaboratori, sul cosiddetto “revisionismo” antirisorgimentale – di cui Pino Aprile è l’esponente più mainstream – è il frutto di ricerche, anche su fonti di primo livello, verifiche continue e critiche, che sono cosa ben diversa dagli insulti e dalle calunnie.
In altre parole, è quel che nel gergo dei blogger si chiama debunking.
Abbiamo fatto tutto questo per astio o per qualche altra forma di cattiveria nei confronti di Aprile e di altri esponenti di questo filone di presunta “controinformazione” e “controstoria”? Proprio no. Infatti, non c’è praticamente nulla di personale in quanto abbiamo scritto, se non qualche sfottò innocuo o qualche battuta ironica.
Invece, c’è un dossier corposo in cui sono stati passati al setaccio più o meno tutti i “trend topic” dello storytelling “neoborb”, senz’altro quelli di Aprile, ma anche di altri autori, a partire da Antonio Ciano a finire a Gennaro De Crescenzo (il presidente del Movimento Neoborbonico, che annunciò querela nei nostri confronti a novembre 2018: sto ancora aspettando).
Questo lavoro richiede impegno, studio e costanza certosini: mi ci sono dedicato perché trovo pericolose narrazioni come le loro, basate spesso su una distorsione costante delle vicende storiche (magari operata in buonafede) che a volte sconfina nella falsificazione.
È da querela tutto questo? Lo deciderà senz’altro il sostituto procuratore che prenderà in carico la denuncia e ne vaglierà la fondatezza. E, qualora dovessimo davvero vederci in Tribunale, il giudice. Tuttavia, la partita è aperta e mi permetto di dire ai miei lettori che ho la coscienza a posto, a livello professionale.
E ripeto per l’ennesima volta un’altra cosa: non abbiamo scritto molto sui “revisionisti” per via di qualche strana ossessione, ma ci siamo impegnati tanto perché tante sono risultate le fake da smantellare.
Non mi sento intimidito dal fatto che Aprile abbia annunciato una querela nei miei confronti: ha solo esercitato un suo diritto. Ma sono altrettanto sicuro che un eventuale procedimento non inficerebbe la bontà del nostro lavoro.
Infatti, Aprile, che è un giornalista di lungo corso, sa benissimo due cose.
La prima: nel nostro sistema querelare è facile come bere il classico bicchier d’acqua. La seconda: le querele spesso attecchiscono, quando attecchiscono, non per la “cosa principale”, ma per dettagli, ad esempio “omessi condizionali”, eventuali errori giornalistici o espressioni di non immediata e univoca comprensione. Questo per ribadire che l’insieme del dossier resterebbe “sano”, corretto e veritiero, a prescindere dal fatto che qualche avvocato più o meno abile trovi qualche spunto.
Ancora: Aprile, sempre in virtù della sua lunghissima esperienza, sa benissimo che “calunnia” e “diffamazione” sono due cose diverse e vanno provate entrambe. Per quel che mi riguarda, ho sempre operato nel rispetto delle norme deontologiche.
La stessa cosa non si può dire di molte persone che approvano lo storytelling “terronista” o addirittura vi si identificano: da molti di loro, che spesso si sono mascherati dietro profili falsi, ho ricevuto una sequela di insulti, calunnie e contumelie di vario genere. Ho subito attacchi continui sui social e un mail bombing pressante sulla parte del sito dedicata ai commenti. Per una banale questione di decenza ho bloccato gli interventi più volgari e mi sono limitato a rispondere a quelli meno deliranti. E non ho mai querelato: a differenza di Aprile sono convinto che, nelle polemiche politico-culturali (e tale è la nostra), ricorre all’autorità giudiziaria solo chi non ha altri argomenti.
Ancora: in che modo avrei danneggiato Aprile? Mi pare che, nonostante la mia presunta “denigrazione seriale”, nessuno gli abbia chiuso porte in faccia: non i giornali, dove continua comunque a intervenire; non le televisioni, nazionali e locali, dov’è accolto spesso a braccia aperte; non la mia città, Cosenza, dove ha inaugurato poco meno di un anno fa il suo movimento politico; non l’Università della Calabria (per fare un esempio), dove conta tra i suoi sostenitori alcuni ricercatori grazie ai quali ha potuto tenere conferenze.
A me, semmai, è capitato di vedermi strappare il microfono di mano durante l’unica occasione di confronto pubblico con lui.
Di cosa parliamo?
A differenza del mio querelante, che si dichiara ateo, sono credente, un po’ peccatore e laico, quindi una persona tollerante. Non scomodo Gesù, perché il perdono ha senso su cose ben più serie di questa, che a dirla tutta lo è pochissimo: è solo una baruffa tra giornalisti, uno dei quali fa politica, l’altro no.
Termino con una frase di un mio idolo, don Benedetto Croce: «Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno». Non vuol dire che l’ho fatto apposta per nuocere ad Aprile e agli “apriliani” ma solo che ho fatto il mio mestiere come si deve, incurante degli eventuali maldipancia altrui. E continuerò a farlo.
Giusto una postilla: per circa dieci anni ho avuto una fluente chioma bionda sulle spalle. Ma non oso paragonarmi, neppure indirettamente e per scherzo, a Nostro Signore.
Saverio Paletta
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