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Gli Statale 107bis foto di Letizia Reynaud

Una strada per Sanremo, parla la Statale 107 bis

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Intervista a Salvatore Locanto, il frontman della band calabrese acclamata a Sanremo Rock

Calabresi di Santa Severina (Kr), gli Statale 107 bis sono decisamente più che una gloria locale: forti di una buona discografia, iniziata alla fine dello scorso decennio, nel 2019 sono stati finalisti a Sanremo Rock.

La band calabrese vanta inoltre un organico nutrito, composto dalla cantante Sabrina Zumpano, dal sassofonista e cantante Gustavo Tigano, dal cantante e trombettista Alessandro Facente, dal sassofonista Giuseppe Tavernese, dal chitarrista Giuseppe Romano Aiello, dal bassista e cantante Salvatore Locanto, dal tastierista Marco Locanto, dal percussionista Rosario Raul Bonofiglio e dal batterista Nello degli Esteri Chinnì.

Gli Statale 107bis

Scambiamo due parole con Salvatore Locanto.

La Statale 107 bis non è solo il nome della vostra band: è la strada che passa attraversa Santa Severina, la vostra casa base. È la strada che vi ha portato un po’ dappertutto, di recente anche a Sanremo.  Puoi sintetizzare questo lungo percorso?

La Statale 107 bis è solo una stradina in confronto alla 107, ricordata anche per il ponte di Celico (Cs) che vacilla. La 107 bis è una strada che ha collegato i nostri paesini e sarà sempre il punto di partenza dei nostri viaggi. È un po’ come dire: puoi andare dove vuoi ma non scordare mai da dove sei partito, tieni la testa bassa, anche quando ottieni buoni risultati a Sanremo.

Molte difficoltà per gli artisti indipendenti subentrano nel post pubblicazione del disco e riguardano la produzione. Quali sono i maggiori punti critici?

Dove venderlo, direbbe Frank Zappa se fosse ancora vivo. Una volta c’erano i negozi di dischi ma ora la situazione è cambiata. C’è addirittura un’inversione di tendenza, per cui viene prima il pubblico e poi il disco. E quest’ultimo è sempre meno un oggetto fisico. Venderlo significa perciò scegliere la piattaforma su cui promuoverlo. La promozione, inoltre, implica delle scelte: fare o no il supporto fisico? E, se si, che tipo di supporto? Noi abbiamo avuto sempre il pallino per il disco fisico, che oggi come oggi è un feticcio, perché è diventato raro.

Muri Muti è il titolo del vostro album del 2016 e della sua title track. Il testo racconta un paradosso: la nascita di tanti muri dopo che, con la caduta di quello di Berlino, si sperava che non ci sarebbero state più barriere tra uomini e popoli. Ricordiamo al riguardo la vostra collaborazione con Aldo Ricioppo creatore dell’omonimo corto. Raccontaci del processo creativo dietro questo mix esplosivo.

Mix è proprio l’espressione giusta.  Crolla il muro di Berlino ma se ne moltiplicano altri. I muri sono muti perché non sono solo fisici, ma spesso mentali. Ad esempio tra persone che vivono in casa insieme. Siamo stati fosse profetici nel dire che forse la casa poteva diventare una gabbia.  Il disco è un vero e proprio calderone, che si avvale dell’apporto di una ventina di musicisti. Le creazioni sulla copertina, estratti dalle opere Antonietta Palermo e Joe Cascone. Infine tante ghost track. Per lasciare qualcosa di più rispetto al digitale.

Gli Statale 107bis in posa davanti all’Ariston

Gli artisti sono specchi condannati a riflettere. L’autenticità è un principio fondamentale per la vostra produzione musicale. Secondo voi perché la gente non lo apprezza? Perché preferisce l’omologazione? È tanto scomodo usare il senso critico?

Vale la pena essere alternativi, ma non per il mero gusto di esserlo o solo per discostarsi dal mainstream. In altre epoche la qualità era migliore. Non è certo un discorso retorico. Bisogna riuscire a cogliere nell’arte la modernità distinguendola dalla moda passeggera.  

Questo deserto, invece, è frutto di una collaborazione con l’artista tunisino Bader Dridi. Al riguardo, si nota che tra Calabria e Tunisia ci sono molte assonanze: entrambi deserte, ciascuno a modo suo. Come inquadri queste due culture?

Si può dice che questo brano è stato composto in una maniera mediterranea. Cioè coinvolgendo un artista che vive il Mediterraneo dall’altro versante. Siamo passati dai muri a sconfinati deserti. Che però sono ancora una volta metaforici. Il deserto del Sahara è partenza di molte migrazioni, ma si parla del deserto musicale calabrese. C’è sempre il viaggio, anche per cercare un amico per collaborare insieme.

Non vi chiedo di definire il vostro stile musicale, cosa quasi impossibile anche per gli addetti ai lavori. È doveroso citare elementi blues, della tradizione popolare calabrese ed infine la parte rock. Come riuscite a farli convivere senza creare esplosioni fortuite?

È un enigma. Ognuno di noi porta il suo, siamo in tanti. Non tutti rockettari, altri più jazzisti, altri più melodici. Prima di tutto vengono le persone e dopo gli ascolti. Bisogna creare un’alchimia a livello umano. E il rispetto per il lavoro è la base. Se poi devo dare una definizione non facciamo musica leggera, ma pesante. La sostanza è importante. Siamo abbastanza… indygesti.

Una posa bucolica degli Statale 107bis

Johnny Divano scatta un’istantanea alle difficoltà provocate dalla chiusura. Ma è una foto piena di luce e ironia. Com’è stato registrare attraverso a distanza? Puoi anticiparci qualche progetto in cantiere?

Johnny Divano ha avuto una lunga gestazione. Nasce come la polvere di casa che avvolge Gregor Samsa, il personaggio della Metamorfosi di Kafka. Ci sono anche gli orologi molli di Dalì, il tempo che si squaglia. E da una sensazione che ho avuto anni fa in un risveglio a Saragozza. Una Divanite incipiente. Si pensa che dal divano con una tastiera attraverso i social si possa lottare per le proprie cause. Nasce una strofa e un bridge. Poi in sala prova nasce il ritornello e il nome. Ci sono tante ispirazioni, ma in particolare Johnny da Twin Peaks. Nel frattempo nel lockdown abbiamo girato il video con le varie finestrelle di noi musicisti.

Ci sono novità in arrivo?

C’è una new entry nel nostro organico: la cantante professionista, Sabrina Zumpano. Sabrina è stata con noi sul palco dell’Ariston dove abbiamo portato il pezzo Annibale. Pezzo che tenta di ricollegare l’uomo alla natura. E forse questa pandemia esplode proprio a causa di questo distacco. Altri pezzi pronti coma Abracalabria e Businness. A breve, inoltre, usciranno i video di Johnny Divano e Annibale.

(a cura di Fiorella Tarantino)

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