Venezia e Matera pari sono: nelle bellezze e nelle disgrazie
I mestatori di cui abbonda il web si sono lanciati in paragoni sui diversi trattamenti mediatici subiti dalle due città colpite dal recente nubifragio: di favore il capoluogo veneto, di tono minore il centro lucano. Ma le cose non stanno così, con buona pace degli untori che seminano veleni in nome di un malinteso meridionalismo
C’è qualcosa di peggio, profondamente peggio, delle sciagure: lo sciacallaggio.
E peggio degli apocalittici nubifragi che hanno letteralmente seppellito due gemme d’Italia, Venezia e Matera, sono stati gli sciacalli, intervenuti a raffica sui social per fare odiosi paragoni.
In non pochi hanno detto: Venezia ha avuto più spazi mediatici di Matera, disastrata e allagata allo stesso modo, come se i sassi, i mitici sassi, gli storici sassi, valessero di meno delle calli e della Basilica di San Marco.
E non è mancato chi si è lagnato del fatto che la solidarietà sia stata invocata solo per la Serenissima e i suoi non più serenissimi abitanti.
Inoltre, qualche altro buontempone ha fatto notare che i tg nazionali si siano più concentrati sulla laboriosità dei veneti che si sono “rimboccati le maniche” anziché sulla corruzione endemica che si è tradotta nel mancato avvio del Mose, ennesima presunta cattedrale nel deserto, una volta tanto non meridionale.
Tutte prese di posizione discutibili, che di fronte ai drammi diventano quasi infamie. Ma, quel che è peggio, infondate.
Non è il caso di cronometrare i tempi dedicati dai tg: basta un giretto su Google per rendersi conto, che l’alluvione dei sassi ha pesato nelle cronache come quella di San Marco, a dispetto delle differenze demografiche (la “piccola” Basilicata e il “grande” Veneto) ed economiche tra i due territori.
Anche per un motivo comprensibile: fa più notizia l’allagamento di un centro a quasi mezzo chilometro sul livello del mare di quello di una città, Venezia, che è mare essa stessa e da sempre combatte col mare. Ma anche a Matera l’alluvione e i danni hanno una causa naturale ma presupposti umani: in questo caso l’inadeguatezza degli scoli e le scelte urbanistiche non sempre a regola d’arte e a norma di sicurezza.
È falso affermare, inoltre, che il tam tam della solidarietà non si sia mosso anche per l’antichissimo centro lucano: lo prova, tra le varie, la disponibilità di Conte nei confronti della città lucana, per cui si starebbero preparando misure di recupero eccezionali come quelle previste per Venezia.
Già: i terùn e i veneti, di fronte alle disgrazie pari sono. E lo sono anche di fronte alle proprie colpe e responsabilità.
Si può quasi provare una gioia maligna nei confronti di tanti esercenti “venexiani”, finiti agli onori delle cronache per aver rifilato caffè dal valore di qualche centinaio di euro a incauti turisti.
I più bigotti e superstiziosi magari potranno parlare di “castigo di Dio” nei confronti dei tangentari veneti che, come e più dei loro colleghi meridionali, sono riusciti a divorare il proprio territorio, speculando anche sulle opere che avrebbero dovuto garantire la massima sicurezza a una delle città più belle e fragili del mondo e ai suoi tesori.
Ma lo stesso discorso vale per i sassi di Matera: prima sono stati abbandonati per un trentennio buono, dopo la “fuga” verso i quartieri residenziali della città nuova, poi all’abbandono si è aggiunto il tragico terremoto del 1980. Il recupero e la riurbanizzazione dell’ex “vergogna d’Europa”, diventata giustamente Patrimonio dell’umanità e Capitale europea della cultura, sono iniziati a fine anni ’80, in linea con le politiche di rivalutazione dei centri storici che presero piede all’epoca.
A differenza degli untori che hanno trovato nella rete e nei social eccezionali veicoli di contagio, noi la facciamo più semplice: Matera, con la sua storia plurimillenaria e la sua arcaica solennità non è dei materani; Venezia, con il suo passato glorioso e le sue bellezze eterne non è dei veneziani. Entrambe appartengono solo all’Umanità.
I sassi sono la più antica testimonianza urbana d’Europa. San Marco, invece, è uno dei simboli più gloriosi della cristianità.
Ciononostante, Venezia e Matera sono gemme che da sole non varrebbero quanto valgono. Il loro valore aggiunto è la collana in cui sono incastonate: l’Italia.
Questo dovrebbero capirlo le vittime mentali di certo leghismo d’epoca, che vagheggiano i fasti della Serenissima ma scordano che, se non fosse stato per l’Unità d’Italia, Venezia sarebbe rimasta provincia del decrepito Impero degli Asburgo.
Ma dovrebbero pure capirlo certi sudisti in cerca di autore (e di notorietà), che seminano discordia e rancori sotto le mentite spoglie della rivendicazione: se non fosse stato per una politica di recupero, italiana prima ed europea poi, i sassi sarebbero rimasti ruderi pittoreschi.
Per altre vicende e problemi, ripeteremmo: siamo umani, ’ché guai e problemi toccano tutti, senza distinzione di latitudini e portafogli.
Per questa, ci limitiamo a dire: siamo seri, perché le turbolenze della metereologiche non guardano in faccia a nessuno: le trombe d’aria devastano il Sud e l’acqua alta è diventata altissima in Laguna.
Non siamo “contro” Venezia e “per” Matera. E viceversa, va da sé.
Siamo per tutte e due, con buona pace dei seminatori d’odio che impazzano sul web.
A costoro opponiamo una modesta convinzione: quando le tempeste passano, gli arcobaleni e il sole sono uguali per tutti. Godiamoceli.
Saverio Paletta
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