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Caso Villella, al via il processo in Cassazione

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Il Comitato neoborbonico dà le carte ai suoi legali “militanti” e tenta l’ultimo ricorso contro il Museo “Lombroso” di Torino

Tra alti e bassi, la vicenda si trascina da almeno sei anni. Cioè da quando Amedeo Colacino, il sindaco di Motta Santa Lucia, un paesino del Catanzarese, si è accorto, grazie ai buoni uffici del leader neoborbonico Gennaro De Crescenzo, di avere tra i propri concittadini Giuseppe Villella, un pastore morto di malattia in carcere nella seconda metà dell’Ottocento.

Il teschio di Villella, ritenuto erroneamente un brigante calabrese, fu studiato da Cesare Lobroso, il padre della moderna antropologia criminale, che ricavò la sua celebre teoria del delinquente nato proprio dall’esame delle spoglie dello sfortunato detenuto.

Colacino, che sin dal 2011 si è alleato con gli ambienti neoborbonici ed è entrato nel Comitato tecnico scientifico “no Lombroso”, fondato da Domenico Iannantuoni, ingegnere milanese di origini pugliesi molto attivo nella galassia dei movimenti neoborbonici, ha avviato nel 2012 un’azione legale contro il Museo Lombroso di Torino per ottenere la restituzione del cranio di Villella.

La vicenda è piuttosto nota, anche per la sua vasta diffusione mediatica e per i toni folcloristici che l’hanno caratterizzata, per cui è inutile scendere nei dettagli.

Ci limitiamo a ricordare che nel 2012 il Comune di Motta Santa Lucia e il Comitato “no Lombroso” hanno ottenuto una prima vittoria davanti al Tribunale di Lamezia Terme grazie a un’ordinanza con cui il giudice monocratico ordinava al Museo Lombroso la restituzione dei resti del pastore mottese. Nella scorsa primavera la situazione si è ribaltata, grazie a una sentenza molto articolata della Corte d’Appello di Catanzaro, che ha annullato l’ordinanza lametina e ha riconosciuto le ragioni, scientifiche e culturali, del museo torinese.

La scorsa settimana è iniziato il terzo atto della saga, con cui il Comitato “no Lombroso” spera di ottenere una vittoria, a questo punto soprattutto simbolica, per aprirsi uno spazio forte nella costellazione neoborbonica, in questo momento galvanizzata dall’istituzione in Puglia della giornata della memoria dedicata alle vittime del risorgimento: il ricorso in Cassazione contro la sentenza d’Appello di Catanzaro.

Il ricorso, a dire il vero, era annunciato da mesi, con tanto di crowfunding avviato dal Comitato ecc. ecc. sulla propria pagina Facebook e sul proprio sito web.

Ma solo ora c’è stata la corsa in avanti, svoltasi in due movimenti.

Il primo è la deliberazione numero 53 del 4 agosto scorso con cui la Giunta comunale di Motta Santa Lucia ha deliberato il conferimento dell’incarico legale (a titolo gratuito, occorre specificare, grazie alla colletta dei sedicenti e postumi antilombrosiani) in vista del ricorso in Cassazione agli avvocati Gianluca Bozzelli del Foro di Napoli e Fabio Signorelli di quello di Milano.

Il 29 agosto, invece, il Comitato ecc. ecc. ha tenuto il proprio incontro al vertice, tra l’altro annunciato da mesi. Alla riunione, svoltasi a Milano (che tra l’altro sembra una seconda capitale dei neoborbonici), hanno partecipato i big del gruppo (cioè Domenico Iannantuoni, Amedeo Colacino, Giuseppe Gangemi e Maurizio Bossi, menzionati con tanto di Avv., Prof. e Ing.) e i legali che si cimenteranno nell’ultima puntata di questa vicenda, che sembra una fiction da seconda serata.

Anche stavolta il Comune di Motta, difeso dai già menzionati Bozzelli e Signorelli, sarà supportato dal Comitato ecc. ecc., che sarà rappresentato in giudizio dall’avvocata Caterina Egeo del Foro di Lamezia Terme e dall’avvocato Enrico Signorelli di quello di Milano.

C’è da notare che, a dispetto degli annunci roboanti, il ricorso in Cassazione è stato elaborato e proposto in famiglia.

L’espressione ha un doppio senso. Anagrafico e biologico, innanzitutto, perché l’avvocata Egeo, che difende il Comitato ecc. ecc., è la moglie di Colacino. E poi c’è il senso ideologico, vistoche sia gli esperti, compreso Gangemi, sia una parte del collegio dei legali, sono quantomeno vicini a livello militante al Comitato ecc. ecc.. Al riguardo – della Egeo si è già detto – val la pena di notare che Bozzelli è un leader storico del gruppo neoborbonico Insorgenza Civile.

Lo scontro finale sarà condotto senza l’ausilio di esperti neutrali e non si annuncia facile, visto che la sentenza d’Appello di Catanzaro è ben elaborata e sembra non offrire appigli formali (o, almeno, non offrirne troppi).

Sarà una lotta all’ultimo cavillo, in cui, comunque vadano le cose, dei motivi ideali del Comitato ecc. ecc. (che vanno, senza troppa coerenza, dall’identitarismo borbonizzante all’umanitarismo) resterà ben poco, visto che, in questo caso, si vince o si perde per semplici questioni di forma.

Per saperne di più:

La sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro sul caso Villella

Le motivazioni della sentenza

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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