A confronto con Pino Aprile
Un dibattito in libreria su Carnefici, il libro in cui il giornalista pugliese sostiene l’ipotesi del genocidio dei meridionali dopo l’Unità
Per una volta, ho deciso di violare una regola cardine del giornalismo, che impone (e difatti è osservata scrupolosamente anche su questo sito) di raccontare la cronaca in terza persona o, al massimo, col plurale majestatis (ovviamente più per questioni stilistiche che di ego del cronista) e scrivo direttamente in prima persona, perché, più che raccontare, voglio contestualizzare e provare quel che dico.
Il fatto crudo lo trovate nei due seguenti link, che rinviano ad altrettanti piccoli video che documentano una parte della presentazione di Carnefici (Piemme, Milano 2016) di Pino Aprile, avvenuta nei locali della Libreria Mondadori di Cosenza il 22 febbraio.
Eccoli:
A questo punto devo spiegare come mai i lettori dovrebbero vedere due video con Pino Aprile, visto che Youtube trabocca di comparsate, interventi e dibattiti del giornalista pugliese.
Rispondo che questi due video, che documentano solo una parte dell’avvenimento, contengono un elemento di novità: è la prima volta, mi pare, che è documentato un contesto in cui l’autore di Terroni (Piemme, Milano 2009) è a confronto con un contraddittore non previsto tra il pubblico.
Credo che il motivo sia banale: i libri di Aprile, pieni di tesi apodittiche e posizioni sin troppo nette, non consentono un approccio critico equilibrato. O li si ama (e li amano in tanti) o li si rigetta in toto. Perciò è difficile che chi detesta le tesi dell’ex direttore di Oggi vada a seguire un dibattito dedicato a lui.
Per quel che mi riguarda, chiarisco subito una cosa: non ho teso alcuna trappola ad Aprile, ho semplicemente voluto verificare le affermazioni di Lorenzo Terzi, uno dei migliori archivisti italiani, che ha collaborato con Aprile, a cui ha fornito un’imponente documentazione per la stesura di Carnefici.
In questo libro, appena giunto alla riedizione in formato paperback, il giornalista di Gioia del Colle sostiene che l’occupazione militare del Sud e la conseguente attività di repressione del brigantaggio provocarono, in maniera più o meno diretta, la morte di oltre 600mila meridionali. In pratica, come sostiene Aprile, un genocidio.
Al riguardo, Terzi ha affermato, in una recente intervista a L’IndYgesto, che sulla base dei documenti forniti ad Aprile non è possibile affermare che vi sia stato un massacro dell’entità, davvero mostruosa non solo per i tempi, sostenuta in Carnefici.
Chi volesse leggere (o rileggere) l’intervista, può cliccare qui:
Per correttezza nei riguardi di Aprile, devo giustificare la scelta di pubblicare solo due mini video in cui è ripresa la parte che mi riguarda. Nessun retropensiero in questa decisione, ma solo ragioni di spazio e di ordine pratico: Aprile, nel resto del dibattito, ha detto più o meno le cose che dice sempre, quindi è inutile ridocumentarle con dei video di bassa qualità. Comunque, chi vuole scriva tranquillamente all’IndYgesto e sarò ben lieto di fornirgliene copia.
Ho inoltre formulato una seconda domanda ad Aprile, relativa a un suo cavallo di battaglia: il massacro di Pontelandolfo.
Al riguardo Aprile sostiene, sulla scia del lavoro di storici, anche importanti (su tutti cito Franco Molfese) che nel paese Beneventano si verificò lo sterminio di circa un migliaio di persone o comunque nell’ordine di centinaia di vittime. Studi più recenti, e mi pare non confutati, sostengono che le vittime pontelandolfesi sarebbero da calcolare nell’ordine delle decine. In particolare, padre Davide Fernando Panella, un religioso beneventano ha sostenuto che le vittime fossero solo 13.
Chi ha ragione? I sostenitori dell’ecatombe o padre Panella? La domanda mi sembra legittima.
Prima di procedere, reputo doveroso soffermarmi su una cosa: è vero che mi sono dilungato un po’ nel porgere le domande, ma è altrettanto vero che determinati argomenti devono essere spiegati, soprattutto perché si tratta di materia archivistica, e mal si prestano alla sintesi giornalistica. Sempre se si vuol discutere di storia.
Per questo non riesco a capire il motivo per cui Pino Sassano, uno dei titolari della libreria mi abbia tolto il microfono. Di sicuro ha pesato la lunghezza delle mie domande (magari sarebbe stato meglio porgerle in maniera secca senza argomentare) ma credo di aver anche percepito, da quel che ha detto lo stesso Sassano, il timore di una demolizione del libro, che non era mia intenzione.
Ma cosa ha risposto Aprile? Riguardo a Terzi, dice: «è una persona che ha lavorato per me, che è stata pagata e in quell’intervista dice: “purtroppo quella ricerca ha avuto esiti limitati ad una zona del Napoletano”. Dopodiché, è inutile girarci attorno, c’è stato qualcosa che non ha funzionato, ma nei rapporti privati, e non con me ma che hanno coinvolto me in quanto amico di un’altra persona e da allora Lorenzo Terzi scopre qualche mio difetto e ne ho anche altri».
Riguardo a padre Panella mi ha invitato a rileggere il saggio del religioso, perché, a suo giudizio, «Panella dice di essere passato da un minimo di 400 morti a 200 morti e che dal censimento fatto alcuni mesi dopo il massacro mancano a Pontelandolfo 1.500 persone e a Casalduni 750 persone». Poi il video si interrompe (gli smartphone hanno i loro limiti).
C’è un altro dettaglio su cui voglio chiarirmi. Aprile ha detto che gli ho dedicato circa 40 articoli in un anno. Non è proprio così: gli articoli sono decisamente meno e scritti in un lasso di tempo minore. Non riguardano, non tutti almeno, la persona di Aprile ma il contenuto delle tesi, sue e dei movimenti post meridionalisti e neoborbonici che si richiamano alle sue ricostruzioni (e di cui, viceversa, lui ha adottato le ipotesi storiche).
I materiali sono pubblicati in maniera grezza senza quasi alcun ritocco, tranne l’audio del secondo video che ho alzato un po’ perché Aprile ha un timbro di voce piuttosto basso. Il lettore può dunque rendersi conto da sé.
Per quel che mi riguarda, debbo dire che non ho avuto risposta al dubbio suscitatomi da Terzi: i documenti forniti ad Aprile legittimano o no la tesi del genocidio?
Mentre per Pontelandolfo occorre dire che il saggio di padre Panella, recensito anch’esso su Indygesto, legittima l’ipotesi dei 13 morti e riferisce che non ci sono stati, nella demografia del paese, cali tali ipotizzare un massacro nell’ordine delle migliaia di morti. Sulla scia dell’opera dello storico beneventano altri studiosi, tra cui Giancristiano Desiderio, rifiutano addirittura l’ipotesi di una rappresaglia militare e confermano il numero di 13 morti. Chi ha ragione?
Saverio Paletta
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Egregio Saverio Paletta,
Le scrive Massimo Calabrese fondatore nel 2009 del movimento politico borbonico indipendentista antitaliano dopo aver per caso letto il suo articolo relativo al dibattito confronto tra Pino Aprile e Lorenzo Terzi.
Da testimonianza di uno stretto amico di Terzi ho appreso che tutti i dati pubblicati da Aprile in Terroni sarebbero frutto del lavoro d’archivio di Terzi, che si è ritenuto essere stato “cancellato” (non citato) da Aprile per il successo di Terroni.
Ho partecipato e parrtecipo da molti anni a dibattiti, convegni ed ho studiato, investigando, la bontà delle rivelazioni borboniche contro il risorgimento.
Mi sono sempre confrontato con successo contro gli scrittori savoiardi, risorgimentalisti, tipo Galasso, Maiorana e li ho sempre distrutti.
Il regime italidiota non potendo contrastare le nuove verità storiche che i neoborbonici e tanti altri hanno reso pubbliche e passato con l’assoldare giornalisti, scrittori meridionali per fare controinformazione, ma siete già sconfitti.
Ho testimonianza diretta degli oltre 120.000 faldoni occultati presso il fondo Brigantaggio dell’Esercito italiano in via Lepanto, 2 Roma coperti ancora oggi dal segreto militare dal 1860.
A queste questioni non rispondo cercando di convincere se i porti sono stati 13 o 1000, se è vero che “Civiltà Romana” nel 1870 pubblica che l’infame regime d’occupazione italidiota ha ucciso oltre 1.000.000 di meridionali borbonici.
Replico semplicemente con “chi vi ha chiamato nel 1860?” perché siete venuti a derubarci, massacrarci. NON VI ABBIAMO CHIAMATO E COME I NOSTRI AVI VI HANNO DISPREZZATO, ODIATO E COMBATTUTO DAL 1860 AL 1880, ANCHE NOI OGGI VI ODIAMO, DISPREZIAMO E COMBATTIAMO. Alle regionali pugliesi per la prima volta dopo 160 anni di regime si è presentata una lista elettorale borbonica indipendentista antitaliana e nonostante la censura e sabotaggio subito dal regime italidiota abbiamo aperto un varco.
Continueremo finchè la feccia italidiota tricolorata, soprattutto gli infami meridionali schiavi di Roma e servi padani, saranno cacciati dalla nostra Patria delle Due Sicilie. Nel 2010 il Viminale fece una nota in previsione dei festeggiamenti dei 150 anni di unità italidiota e comunicava con sconcerto al Governo che per ogni sito web favorevole a garibaldi ed all’unità risorgimentale ve ne erano censiti 10 filo borbonici antiunitaristi. Ad oggi il rapporto sarà 1 a100. anche questa nuova tattica della canaglia italiota è fallita, quella di assoldare meridionali venduti che smentiscono e disinformano sulle verità filo borboniche. Questi traditori hanno il solo pregio di manifestarsi in modo che li possiamo individuare ed attaccarli. Nessun dialogo, nessun confronto pacifico. La guerra iniziata nel 1860 continua ancora oggi.
Egregio Calabrese,
non dubito che Lei abbia letto un bel po’ di roba (quella che Le fa comodo, si capisce) sull’Unità nazionale.
Gradirei solo che Lei leggesse meglio anche quel che non Le interessa troppo: ad esempio, l’articolo che ha commentato. Se avesse prestato la dovuta attenzione, si sarebbe reso conto che il dibattito di cui si parla (e di cui sono linkati due videoclip) non è tra Lorenzo Terzi e Pino Aprile ma tra chi Le scrive e Pino Aprile.
Sempre per correttezza d’informazione: Lorenzo Terzi ha rilasciato un’intervista a chi Le scrive in cui ha dichiarato di aver collaborato in qualità di archivista a “Carnefici” ma non a “Terroni”, dove invece è stato menzionato.
Sull’Archivio Militare di cui denuncia presunti misteri: la sua è una favoletta, smentita da tutti gli storici professionisti (e militari in particolare). I documenti esistono e sono consultabili. Solo che problemi logistici salienti (carenza di personale e di spazi idonei alla consultazione) rendono difficile agli studiosi l’accesso ai locali.
Difficile non vuol dire impossibile: tant’è che vari ricercatori, con un bel po’ di pazienza, sono riusciti a consultare i documenti di cui avevano bisogno.
Inoltre: perché siete fissati con gli archivi militari quando gli Archivi di Stato traboccano di documenti dello stesso tipo e, il più delle volte, relativi agli stessi casi su cui dibattete?
Infine, il fatto che qualche politico vi dia spazi per prendersi i voti dei vostri familiari non desta meraviglia: assecondare balle storiche e rivendicazioni più o meno fantasiose è meno impegnativo che parlare di bilanci, amministrazione e interventi pubblici. Già: da che mondo e mondo accontentare i bisogni di un cittadino normale è più difficile che vellicare l’ego di qualche storico dilettante e di qualche meridionalista di paese.
Un saluto e un invito a leggere meglio ciò che critica.
Saverio Paletta