Vittime del Risorgimento, la giornata della memoria è un inciucio
La proposta di dedicare una giornata della memoria alle presunte vittime dell’Unità d’Italia non è stata solo una trovata dei grillini, bensì vi ha partecipato un gruppo di deputati meridionali, in maggior parte pugliesi, che lo scorso 28 febbraio ha depositato una mozione in tal senso a Montecitorio. Il documento sembra la copia carbone di quello usato dai grillini e riprende alcune tesi dello scrittore Pino Aprile. Non solo: a prescindere dalle loro appartenenze politiche – Fi, Ncd, Pd , fittiani e persino un leghista – alcuni di questi deputati hanno un legame piuttosto stretto con il governatore pugliese Michele Emiliano, l’unico amministratore importante che abbia appoggiato in maniera esplicita l’idea della commemorazione. Ad esempio, l’ex ministra Nunzia De Girolamo, moglie del deputato dem Francesco Boccia, a sua volta creatura di Emiliano. Quest’ultimo, inoltre, è molto legato ad Aprile, da quando era sindaco di Bari. Gattopardi e grillini nello stesso calderone revisionista?
Per fortuna stavolta si parlava solo di storia. Altrimenti, se inciuci come quello che stiamo per raccontarvi dovessero ripetersi per cose più urgenti dovremmo allarmarci.
O forse dobbiamo allarmarci comunque, perché anche gli argomenti meno attuali e in apparenza più innocui, possono essere la spia di comportamenti politici degni di certo trasversalismo della peggiore Prima Repubblica.
Parliamo della proposta di istituire un giorno della memoria alle presunte vittime meridionali del Risorgimento, che la scorsa estate, complice anche la penuria agostana di notizie, ha tenuto banco negli organi d’informazione, con dovizia di duelli mediatici tra gli storici, da una parte, e i rappresentanti della galassia neoborbonica dall’altra.
Su questa curiosa vicenda ci sono molte cose note e una ignota.
Ad esempio, è noto che, a metà febbraio 2017, in occasione dell’annuale raduno neoborbonico a Gaeta, il giornalista Pino Aprile, uno dei pochi scrittori ad essersi arricchito col revisionismo sudista, aveva annunciato che di lì a poco gli esponenti del Movimento 5Stelle avrebbero presentato, in Parlamento e nei consigli di sei Regioni, la mozione per celebrare questo giorno della memoria.
È noto, inoltre, che la mozione è stata presentata nei Consigli di tutte le Regioni del Sud, ad eccezione della Calabria, in cui M5S non ha consiglieri regionali. Questa mozione è stata presentata anche in Senato dal grillino Sergio Puglia, per capirci quello che si è beccato il richiamo del presidente Pietro Grasso per le parolacce in aula.
È noto, ancora, che mentre poco o nulla si sa di quel che è capitato in Campania e Sicilia, solo il Consiglio regionale pugliese ha approvato senza remore e con una sola opinione dissenziente, la mozione presentata dalla consigliera Antonella Laricchia. Il Consiglio lucano, invece, ha fatto marcia indietro con una contromozione.
Infine, è nota la polemica scatenata a fine estate da Aprile nei riguardi della rivista Il Mulino, che aveva pubblicato un intervento critico verso la giornata della memoria scritto dagli storici Gian Luca Fruci e Carmine Pinto. In buona sostanza, i due avevano parlato di accordo politico tra gli ambienti neoborbonici e i 5Stelle. Apriti cielo: lo scrittore pugliese contestò l’idea dell’accordo per accreditare quella, a dire il vero non troppo plausibile, di un’adesione spontanea dei grillini alle tesi revisioniste, sue e dei neoborbonici.
Veniamo alla cosa ignota, che fa crollare come un castello di carte mesi di dibattiti.
Il 28 febbraio 2017, mentre Puglia, con dovizia di citazioni (qualcuna anche a sproposito…), presentava la propria mozione in Senato, a Montecitorio qualcun altro provvedeva a fare altrettanto, quasi alla chetichella. L’unico a dare l’annuncio sulla propria pagina Facebook fu Pino Aprile, che fece un nome eccellente: quello della deputata azzurra Nunzia De Girolamo. Dopodiché quasi non se ne è parlato.
Eppure l’atto è facilmente reperibile: è una mozione, di cui in effetti la prima firmataria è la De Girolamo, sottoscritta da altri sedici deputati, nessuno dei quali grillino.
Il testo sembra la copia delle mozioni presentate dai grillini: si parla di migliaia di meridionali morti, senza specificare un numero e senza mai menzionare il termine brigantaggio (ma forse è meglio così: mai impegnarsi troppo con la storia, se non la si conosce a fondo…), si accenna ai paesi rasi al suolo, a partire dall’immancabile Pontelandolfo, si critica una presunta storiografia di regime, rea di aver occultato tanto genocidio, e, finalmente si chiede l’istituzione della giornata della memoria. Fin qui, nulla di nuovo o d’interessante. Soprattutto nulla di particolarmente utile, visto che la mozione risulta tuttora in corso ed è difficile pensare che il Parlamento, ormai tecnicamente sciolto, trovi il tempo di approvarla.
Interessanti, più dei contenuti, sono i firmatari: appartengono un po’ a tutte le forze politiche e sono tutti meridionali. È solo spirito di campanile o c’è dell’altro?
Per capirlo occorre soffermarsi sulle biografie di questi parlamentari che, a prescindere dagli schieramenti, sembrano avere subito la stessa folgorazione dal revisionismo apriliano. Tutti revisionisti, allora?
1) Così è per l’agrigentino Nino Bosco, passato dal Pdl a Ncd e ora in Alternativa Popolare, tra quelli che sembrano intenzionati a mantenere i legami col Pd.
2) Così è per il lucano Cosimo Latronico, un passato in Cl e nella Dc, ora trasferitosi nei Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto dopo aver militato nel Pdl e in Forza Italia.
3) Così è per il catanese Francesco Catanoso Genoese, detto Basilio, un passato nel Msi, una carriera in An e l’approdo al Pdl, quindi a Forza Italia.
4) Così è per la messinese Maria Tindara Gullo, passata dal Pd a Forza Italia nella presente legislatura per amor di garantismo, interpretato ovviamente in chiave berlusconiana.
5) Così è per l’altro messinese, Rocco Crimi, passato da Fi al Pdl e poi rientrato all’ovile. C’è da notare che Crimi è considerato uno dei deputati meno produttivi in assoluto. Perciò la causa del rivendicazionismo meridionale doveva essere davvero importante, altrimenti non l’avrebbe firmata…
6) Così è per Nicola Stumpo detto Nico, calabrese di nascita e di fatto, ma residente a Roma. Stumpo ora aderisce ad Articolo 1, dopo una carriera da communista così, iniziata nel glorioso Pci, proseguita in Rifondazione (quella che prendeva i voti), poi nei Comunisti unitari, poi nei Ds, quindi nel Pd, che l’ha fatto deputato. Non risultano a suo carico altre significative battaglie e iniziative legislative.
7) Così è per il palermitano il dem (già diessino) Roberto Lauricella. Figlio d’arte (suo padre Salvatore fu parlamentare, ministro, presidente dell’Assemblea regionale siciliana e presidente del Psi), Lauricella è avvocato cassazionista, dicono anche bravo, e docente universitario di Diritto costituzionale. Di diritto, si badi bene, mica di storia…
8) Così è per il campano (di Sant’Antimo) Luigi Cesaro, un passato nel Psi, poi in Fi, quindi nel Pdl, infine di nuovo in Fi.
9) Così è per il cosentino Roberto Occhiuto. Fratello minore di Mario, sindaco di Cosenza, Roberto è un veterano della politica calabrese: prima in Forza Italia, poi nel Ccd, poi nell’Udc, in cui è diventato consigliere regionale, quindi deputato, poi il ritorno in Fi. Occhiuto, coi neoborbonici ha un feeling particolare: a suo tempo depositò un’interrogazione parlamentare sul Museo Lombroso di Torino. Perché non bissare con la firma su questa mozione, tanto più che suo fratello di recente ha patrocinato come sindaco un convegno neoborbonico?
Gli altri sette sono anch’essi folgorati dal verbo apriliano. Ma hanno, rispetto ai loro colleghi la classica marcia in più: sono tutti pugliesi.
Si distinguono in pugliesi di razza, turbo ed extra.
È di razza Elvira Savino di Manfredonia, un passato in Rifondazione, poi il passaggio nel Pdl quindi in Fi. C’è da dire che la vecchia militanza comunista non le aveva impedito di lavorare per l’Udc. Poi col matrimonio, a cui ha partecipato come testimone Berlusconi in persona, sono arrivati l’amore e la conversione politica. E un seggio a Montecitorio.
Sempre di razza, ma di altro (e sulla carta opposto) schieramento il concittadino Michele Bordo, che ha avuto un comportamento politico più lineare: Pds, Ds, Pd. La sua coerenza è stata premiata prima con un seggio, praticamente fisso, in Consiglio regionale e poi a Montecitorio. È laureato in legge e a suo carico non risultano altri impieghi professionali. Di sicuro ha trovato il tempo per approfondire i capolavori di Pino Aprile.
Sono turbo i baresi Francesco Paolo Sisto e Antonio Distaso. Il primo è avvocato figlio d’arte, docente universitario e deputato, passato dal Pdl a Fi, il secondo, nipote di presidente di Regione, è passato dal Pdl a Forza Italia e poi tra le braccia di Fitto. È più turbo, ma di poco.
È extra il conversanese Trifone Altieri. Secondo dei non eletti nel 2013 nella lista del Pdl, passa a Forza Italia e, in seguito all’abbandono di Antonio Leone, passato al Csm, entra a Montecitorio l’anno successivo. Giusto il tempo di convolare con Fitto. Ma non è nulla di serio: ora la sua liason è con Salvini. Un degno epilogo per un sostenitore di Aprile…
Era turbo ma è tornato di razza il leccese Rocco Palese. Già candidato alla presidenza della Regione contro Vendola per conto di Fitto, il poppido Palese ha avuto una lunga trafila, iniziata nella Dc, proseguita nelle sigle postdemocristiane Ppi e Cdu, quindi la fascinazione berlusconiana e l’adesione a Fi, poi il Pdl, poi di nuovo Fi, quindi Fitto, infine Fi. Il tempo di leggere, tra tutte queste giravolte, è pochino. Tanto più che Palese è medico e i medici, si dice, leggono poco.
Più lineare, quindi turbo, il brindisino Nicola Ciracì: Pdl, Fi, Fitto.
Per completare il quadro, due parole sulla De Girolamo.
La deputata beneventana, già ministra alfaniana del governo Letta, è moglie del biscegliese Francesco Boccia, deputato Pd e creatura del governatore Michele Emiliano. È pugliese onoraria. Probabilmente extra e non solo perché tanta.
Certo è che i grillini potrebbero prender male il fatto che la loro battaglia, in cui hanno messo la faccia per primi sia sostenuta da rappresentanti del vecchio.
Ma il problema è un altro: le mozioni sul giorno della memoria hanno una base meridionale e un epicentro pugliese. Infatti, tutti i fili sembrano riportare ad Emiliano, personaggio di rottura (di cosa non si sa, o forse sì, ma meglio non approfondire…) del Pd e perno di un sistema trasversale a cerchi concentrici: pugliesista prima e meridionalista poi. Emiliano ha un lungo flirt culturale con Aprile, che dura dai tempi in cui era sindaco di Bari. Non a caso, Aprile pensò a lui, e in subordine a De Magistris, come leader carismatico del costituendo e abortito Partito del Sud.
Certo, immagineremmo in un magistrato in aspettativa letture più raffinate. Ma tant’è: il governatore ha voluto Aprile come consulente culturale assieme ad altri noti intellettuali del calibro di Albano in Regione. E lo scrittore ha ricambiato, preparando questo bellissimo piano di battaglia, che, alla faccia dello spontaneismo, ha tutta l’aria di una strategia concertata a tavolino. Peccato solo che nel Pd quasi non se ne siano accorti e che si siano incazzati solo gli storici.
Certo non è bello per gli iconoclasti che hanno creduto a Grillo in nome del nuovo, ritrovarsi a fianco di un gruppo di inamovibili Gattopardi della politica. Che, tranne in pochi casi, per il Sud hanno fatto pochissimo. E, purtroppo, in questo poco rientra anche il giorno della memoria.
Per saperne di più:
La mozione per il giorno della memoria
10,234 total views, 2 views today
Comments