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Addio a De Mauro. E dopo il diluvio

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Il linguista denunciava: i nostri laureati sono tra i peggiori e la scuola collassa. Ma nessuno l’ha mai ascoltato

De mortuis nisi bene, non si può dire che bene dei morti. Ed ecco che nessuno si è sentito di commentare le frasi pesantissime con cui il grande linguista Tullio De Mauro, scomparso la vigilia dell’Epifania aveva crocifisso il sistema scolastico italiano lo scorso febbraio. Cattiverie senili? Forse. Ma erano sempre le cattiverie di un anziano lucidissimo.

Eppoi quelle dichiarazioni pesantissime erano apparse sulla tv online di Beppe Grillo. Facile passarle in secondo piano, come ha fatto Francesco Erbani su Repubblica, che ha preferito ricordare il De Mauro che difendeva le scuole e bacchettava il sostanziale disprezzo degli italiani verso la cultura.

Chiarificatore un passaggio del pezzo di Erbani: «Il problema non era nella scuola o non tanto nella scuola, insisteva De Mauro, che la scuola conosceva bene, in ogni ordine e grado. E che ha sempre difeso, forte di una devozione nell’insegnamento di don Milani. Ma in quel che c’era fuori e dopo la scuola. Nelle famiglie dove non c’è un libro, per esempio. Era di questo che De Mauro si occupava in prevalenza, non di grammatica o di sintassi, ma della lingua come sistema di norme il cui possesso – ancora don Milani – rendeva uguali».

Fin qui il De Mauro buono che, al pari di Umberto Eco, era più propenso a gettare la croce sulla perenne subcultura italiota refrattaria all’istruzione e all’informazione che su quegli stessi sistemi di istruzione e informazione rivelatisi incapaci di scalfire questo sottofondo, salito alla ribalta nell’Italia 2.0, che sul web riesce a dare il peggio di sé.

Il De Mauro cattivo, autore di dichiarazioni gravide di sottintesi, è stato ricordato da Huffington Post, che ha ripreso un articolo pubblicato lo scorso febbraio sul blog di Beppe Grillo. Due passaggi, in particolare, risultano illuminanti.

Primo passaggio: «La parte di popolazione italiana che è al di sotto di quelli che vengono ritenuti i livelli minimi di comprensione di un testo scritto è un po’ più del 70%. Se la domanda è un po’ più complessa e richiede una buona conoscenza, ma anche una buona capacità di utilizzazione della conoscenza, pieno esercizio dell’alfabetizzazione funzionale, della capacità di orientarsi di fronte al testo scritto e di produrlo, la percentuale degli inefficienti arriva addirittura all’80%: 8 su 10 hanno difficoltà a utilizzare quello che ricavano da un testo scritto, 7 su 10 hanno difficoltà abbastanza gravi nella comprensione, 5 milioni di italiani hanno completa incapacità di lettura».

Secondo passaggio: «Un nostro diplomato nella scuola media superiore ha più o meno lo stesso livello di competenza di un ragazzino di 13 anni che esce dalla scuola media: i 5 anni di scuola media superiore girano a vuoto e questo determina un bassissimo livello di quelli che entrano all’università. Il risultato è che i diplomati di scuola media superiore in molti paesi hanno livelli di competenza linguistica, matematica, di comprensione, di calcolo ben superiori a quelli dei nostri laureati».

Sembra quasi di avere a che fare con due persone diverse. Ma qual è il vero De Mauro? Quello bonario di Repubblica o quello incazzato del blog di Grillo? Probabilmente la verità, al netto di edulcorazioni ed esasperazioni, sta nel mezzo: il De Mauro, ormai professore emerito da anni e non più bisognoso di amicizie accademiche, ha detto chiaro e tondo quel che il De Mauro in carriera non poteva dire se non per perifrasi e allusioni. E purtroppo lo scomparso prof – che negli ultimi anni faceva uscite umorali non dissimili da quelle per cui era famoso suo fratello Mauro, il compianto cronista dell’Ora – ha ragione: le scuole e le università italiane hanno bruciato, a partire dagli anni ’80, almeno quattro generazioni di italiani, in cui è stata inculcata l’idea che tutti potessero tutto.

Ma non poteva andare diversamente in un Paese strano come il nostro, in cui il pezzo di carta ha fatto per decenni la differenza tra l’ascesa sociale e la semplice mobilità. E continua a restare un miraggio per molti, specie nelle zone più arretrate.

E non poteva andare diversamente in un Paese come il nostro, in cui la più grande leva dell’ascesa sociale è stata la pubblica amministrazione, gonfiatasi a dismisura, fuori da logiche funzionali e spesso in virtù di criteri clientelari, al Nord come al Sud.

In tutto questo, va da sé, le scuole non hanno fatto eccezione: anzi. Il miracolo della ultrascolarizzazione italiana, di cui ha parlato De Mauro fino all’ultimo, ha avuto costi pesantissimi. In particolare ha comportato la progressiva perdita di qualità dell’istruzione, rimasta agganciata ai modelli elitari della vecchia scuola classista, spesso becera ma efficiente, ma pian piano degradatasi alle esigenze dell’istruzione di massa. L’Italia stessa ha partorito questa scuola che produce i maturati al livello dei tredicenni e continua a farsi del male espellendo le migliori intelligenze.

E su questo c’è poco da fare. Peccato solo che De Mauro certe cose le abbia dette un po’ tardi. E peccato pure che, dopo di lui e di quelli come lui, la scuola resterà materia per politici e sindacalisti. Con conseguenze che possiamo solo immaginare.

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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