Rende al voto: una sfida calabrese
Una città ancora appetibile e contesa, al centro di una competizione intensa tra un anziano (e forse evergreen) big e giovani di belle speranze. La città sorella di Cosenza va al voto dopo due anni circa di commissariamento per mafia e dopo il no alla fusione col capoluogo
Iniziamo con le solite statistiche che si esibiscono in occasione delle elezioni amministrative: Rende ha una popolazione residente di 36.806 abitanti.
A partire dal prossimo 25 maggio se ne contenderanno la guida cinque aspiranti sindaco i quali si appoggiano a varie coalizioni, per un totale di 18 liste e, dato più impressionante, di 428 candidati, ovvero uno ogni 85,98 abitanti circa.
Il rapporto scende se si considera il numero concreto di elettori, circa 22mila. Tradotto: un aspirante consigliere ogni 51,4 abitanti. Circa uno a condominio. E, visto che non parliamo di grandi numeri, non mancano i gruppi familiari che esprimono più di un candidato.
Le percentuali sono in linea con quelle delle grandi città andate al voto negli ultimi anni e, in parte, sono l’effetto un po’ perverso del sistema elettorale, che – tra preferenze singole e ticket – contribuisce a frazionare l’elettorato.
E allora, a Rende ci si candida assai, come a Firenze e a Roma. Ma c’è una cosa che il sistema elettorale non spiega: come mai una cittadina di nemmeno 40mila abitanti accende le stesse passioni di grandi Comuni o di metropoli?

Accenniamo una prima risposta: a Rende, a differenza che nella vicina Cosenza, c’è ancora un po’ di grasso da raschiare. Ma anche tradizioni, politiche e culturali, da difendere o da usare. Questa cittadina è coccolata (e ambita) da tutta la Calabria che conta. Perché è sede dell’Università più anziana della regione e perché è un ottimo trampolino di lancio per le competizioni elettorali regionali e politiche.
Meno satura politicamente e meno in crisi del suo capoluogo, Rende resta ancora un boccone appetitoso. Diamo un’occhiata agli aspiranti gourmet.
Sandro Principe: il passato che “non passa”
Passano i tempi, cambiano i sistemi ma Sandro Principe resta. Come sindaco o ispiratore di coalizioni (quelle che hanno resi primi cittadini Umberto Bernaudo nel 2006 e Vittorio Cavalcante nel 2014).
O come oppositore, prima al progetto civico-destrorso dell’avvocato cosentino Marcello Manna, sindaco dal 2014 al 2023 e poi al tentativo di fusione con Cosenza e Castrolibero. Proprio quest’ultimo, non irrilevante passaggio politico ha riaccreditato Principe come difensore dell’autonomia di Rende. Ma soprattutto della sua storia e, per quel che interessa ai cittadini, dei servizi che ancora il municipio riesce a erogare, a dispetto di tante vicissitudini.
La peggiore delle quali è lo scioglimento per mafia dell’estate 2023, seguito a un bombardamento investigativo notevole, che non si è limitato alla parte politica ma ha decapitato non pochi uffici del Comune.
Principe è Principe, dicono anche i suoi non sostenitori che masticano la politica. A riprova che lo spessore politico non si improvvisa. Di più: proprio il lunghissimo percorso nel Psi, iniziato da suo padre Francesco (Cecchino per i più) nella corrente nenniana e proseguito da lui nel craxismo più ruggente, rischiano di rivelarsi la classica croce e delizia per Sandro Principe.
Troppo politico per riciclarsi nel civismo, Principe ha avuto un rapporto conflittuale con la sinistra della seconda repubblica. Soprattutto con il Pd, di cui pure è stato un esponente di primo piano, non troppo accogliente coi socialisti.

Sbaglierebbe, comunque, chi vedesse nella ricandidatura di Principe un’operazione di potere. Il riaspirante sindaco è fuori dalle stanze dei bottoni da circa dieci anni, passati ad affrontare problemi fisici, drammi familiari più i soliti guai giudiziari in cui incappa chi amministra (per davvero) le realtà calabresi. Da questi ultimi ha ricavato giusto qualche graffio d’immagine, tra l’altro in via di guarigione.
Per il resto, è il Principe di sempre, che mescola espressioni gergali e citazioni coltissime (in questa campagna elettorale è passato da Tolstoj alla teoria dell’élite e alla Politica di Aristotele) senza scordare Machiavelli, come quasi imporrebbe il cognome.
È certo che il Principe del 2025 è piuttosto diverso da quello degli anni Dieci. Soprattutto, non è (più) un uomo di potere. «Avrei preferito fare altro», ha dichiarato a più riprese nei vari incontri che ha tenuto in tante piazze e piazzette, praticamente tutte prodotte dai vari piani regolatori delle amministrazioni socialiste e post socialiste ma comunque principiane. «Però la città mi ha chiamato». Ed ecco un Principe 4.0, interprete di una campagna elettorale postmoderna, giocata tra piazze e luoghi storici (l’Hotel San Francesco e il Cinema Garden) riempiti come uova e i social, cavalcati con un piglio tutto sommato simpatico.
Svecchiare Principe è difficile (e non riesce sempre benissimo) ma, a livello comunicativo, risulta divertente: al giovanilismo risponde con le citazioni di Jovanotti, che fa da soundrack. Un tormentone come il cognome del riaspirante sindaco.
Marco Ghionna & The Others: sfide al cielo
Ci scusiamo di aver messo in un unico calderone gli altri competitor. Ma c’è un motivo: questo Hully Gully non si balla in cinque, perché la partita politica è a due. Da un lato Principe e dall’altro tutti gli altri, che sperano di costringerlo al ballottaggio per impallinarlo.
Ma le narrazioni politiche sono accidentate, a dispetto dell’ottima comunicazione e delle intenzioni nobili. È il caso di Marco Ghionna, presidente degli ingegneri cosentini e capo di una coalizione di centrodestra alle prese con una missione Impossible: far scordare agli elettori che Manna ha governato la città spinto da liste e gruppi di centrodestra camuffati (male) da civici e da civici veri che non sempre hanno metabolizzato la vicinanza coi destrorsi.
Inoltre, Ghionna soffre lo stesso problema di Principe, ma su una scala completamente diversa: troppa politica per potersi dire civico.
«Sono un appassionato di politica», ha detto sul palco. Ed è il minimo: lui proviene dai ranghi del vecchio Fronte della gioventù (l’organizzazione giovanile missina) e si è candidato a più riprese, all’Università della Calabria ma anche come sindaco a Rende con Alleanza nazionale quando Principe era Principe per davvero.
Non a caso, gli ha ricordato l’anziano riaspirante, la Rende dorata dell’infanzia di Ghionna più volte evocata sui social è il prodotto di Principe. Appunto: un passato che non passa.
Ovviamente, non è colpa dell’ingegnere se a Rende, come altrove, si continua a masticare nel linguaggio pubblico un sinistrese a volte irritante: i destri devono anche interrogarsi sui propri limiti prima di attribuire alla (sola) prepotenza una certa egemonia…
E forse non è un caso che personalità storiche della destra cosentina, come Arnaldo Golletti, abbiano sponsorizzato Principe. Sai com’è: c’è chi dice Sandro ma intende LVI.

Altra coalizione, altro ingegnere. Giovanni Bilotti si è segnalato per una verve aggressiva piuttosto anni ’90 e, tanto per cambiare, per un giovanilismo che, da trentenne, si può permettere. Peccato solo che Noi ragazzi di oggi, la vecchia hit di Luis Miguel scelta come tormentone, sembri un richiamo nostalgico per gli over 50 che erano ragazzini negli anni ’80. E, per citare un altro tormentone dell’epoca, la nostalgia è sempre canaglia.
Forse mai quanto certi compromessi politici, ad esempio avere una lista targata Pd in coalizione, sebbene il partito di Schlein non ci metta la faccia del tutto. Infatti, la lista è Democratici e progressisti, il contenitore civetta usato dai dem negli anni d’oro, quando a Cosenza e nel Cosentino facevano il bello e il cattivo tempo.
Discorso più sfumato per Rossella Gallo, leader di una coalizione mista tra pentastellati, seguaci di Fratoianni e rifondaroli indomiti. Tante energie per due liste. Tra gli scopi c’è il test pre elettorale per le prossime regionali: per gli oppositori a oltranza, uno o più seggi in consiglio comunale possono essere un buon trampolino.
A loro va il premio per il maggior numero di big arrivati a Rende: Luigi de Magistris, Giuseppe Conte e Chiara Appendino. Roba da far invidia a Ghionna, per cui si è speso Matteo Salvini (e scusate se è poco…).

In tutte le competizioni ci sono gli outsider. A Rende colma il ruolo Luciano Bonanno, ex consigliere ed ex vicepresidente del consiglio comunale. A lui va un altro primato: lo striscione elettorale vistosissimo su un palazzo di via Rossini di fronte al municipio e alla chiesa, entrambi realizzati su un progetto cocciutamente sostenuto da Principe…
Geografia che cambia
Il totoelezioni è bipolare (per fortuna non nel senso della schizofrenia): da una parte quelli che ipotizzano la vittoria di Principe al primo turno, dall’altra quelli che sperano nel ballottaggio.
Non solo per politica, ma anche per goliardia: magari sperano che il big socialista, finora molto contenuto, esploda in qualcuna delle sue espressioni al peperoncino.
Ma siccome la politica non è solo estro ma progetto, a molti non saranno sfuggite due cose: il sostanziale disimpegno di Roberto Occhiuto, il presidente azzurro della Regione, e il cambiamento della linea politica nell’area urbana cosentina.

A fianco di Principe si sono schierati Orlandino Greco, il sindaco di Castrolibero, già esperto in alchimie e sperimentalismi politici, e Franz Caruso, primo cittadino di Cosenza, socialista di lungo corso anche lui e, soprattutto, fresco di rottura col Pd.
Anziché di fusione, Principe ha parlato di unione di Comuni: la quadra ideale per ispirare sollievo alle casse di Cosenza, provate tuttora da un dissesto enorme, e rassicurare Castrolibero sul suo futuro.
Potrebbe, al riguardo, proprio partire dall’area urbana di Cosenza la prima opposizione strutturata al centrodestra di governo in Regione, guidato dal cosentino Occhiuto.
Fin qui le ipotesi. Ora la parola tocca alle urne.
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