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Un bisogno di musica. L’esordio di Enjoy the Void

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Alternative rock originale e di classe nel progetto del cantautore reggino Sergio Bertolino

Concetti filosofici classici in bella evidenza nei testi, visto che il vuoto (The Void, appunto) a cui si riferisce Sergio Bertolino, cantautore-tastierista-compositore di Reggio Calabria, è quello di ascendenza socratico-platonica, quasi sinonimo di bisogno e necessità, ovviamente in senso esistenziale e non (solo) materiale.

Il sound di Enjoy the Void, l’esordio del progetto omonimo di Bertolino, invece è modernissimo: chitarre distorte (suonate egregiamente da Lucio Filizola, Giuseppe Bruno e, nella sola Night, da Giovanni Caruso) quel che basta, con la timbrica tipicamente nasale del fuzz box; basso rotondo e preciso, a tratti funkeggiante, di Tony Guerrieri; rimica quadrata del batterista Francesco Magaldi; il tutto impreziosito dai cori di Caruso (che è anche il fonico del gruppo) e di Brunella Giannì.

Il risultato? È a metà strada tra l’alternative rock e il grunge, con qualche apertura ariosa verso certe sonorità anni ’70.

Bertolino ha iniziato a concepire gli 11 brani che compongono l’album durante un soggiorno a Manchester nel 2014. Il successivo incontro, a Sapri, con i musicisti che gravitano attorno al Bam Factory Studio, è stato fondamentale per la maturazione del progetto, che si è un po’ distaccato dalla matrice cantautorale, che tuttavia resta forte nei testi di taglio esistenziale che risultano non poco ispirati, per indirizzarsi verso la forma canzone tipicamente rock.

E i risultati si sentono, visto che Enjoy the Void (in questo caso ci riferiamo al nome del progetto e non al titolo dell’album) è un’iniziativa corale, compatta negli arrangiamenti, in cui le metriche irregolari dei versi di Bertolino coesistono bene con ritmiche precise ed energiche, funzionali a un’espressività rock a tutto tondo.

Certo, quando si parla di artisti meridionali il rischio del provincialismo è forte e si declina di solito in due modi: l’ossessiva ricerca di spunti e stimoli internazionali o, peggio, la chiusura nei cliché territoriali di una mediterraneità dai confini vaghi e di un sudismo che evoca più il sudore che non il toponimo geografico.

L’uso intelligente del cantato in inglese, sorretto da un riffing essenziale e duro quel che basta, sventa entrambi i pericoli: Enjoy the Void non si basa sulla classica formula cantautore-leader più gruppo, ma è proprio una band nell’accezione più classica del termine. E l’album d’esordio, che è anche il punto di arrivo della maturazione artistica dell’eclettico cantautore reggino, vale più di un ascolto. Provare per credere.

Da ascoltare (e da vedere)

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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