Gli Arctic Monkeys mollano l’indie rock e fanno centro
Il quartetto di Sheffield torna con Tranquillity Base Hotel & Casino: sonorità morbide e poche chitarre. Ma il fuoco degli esordi brucia sottotraccia
È ancora presto per dire se Tranquillity Base Hotel & Casino, il sesto album in studio degli Arctic Monkeys, sia solo una tappa sperimentale nel percorso del quartetto di Sheffield oppure rappresenti un’evoluzione stilistica vera e propria.
Certo è che il nuovo prodotto di Alex Turner e soci ha spiazzato proprio tutti: basta un giretto su Google per trovare la classica montagna di recensioni che dicono la stessa cosa. Cioè che con quest’album la band britannica ha abbandonato i lidi indie rock e post punk (ah, dimenticavamo il garage rock…) per prendere un’altra direzione.
Quale sia questa direzione, nessuno però lo ha chiarito.
La sorpresa più grossa inizia da subito: le scimmie artiche non solo hanno mollato l’indie, ma anche il loro rock è in forse. E lo si nota da subito, sin dalle atmosfere chill di Star Treatment, in cui Turner fa un po’ il verso a certo Bowie vecchia maniera (l’unico riferimento che i vari recensori dell’album finora non hanno colto). Il nuovo approccio piano-oriented della band emerge anche nella seguente One Point Perspective, un saggio di musica da club con tanto di violini sognanti e sonorità vintage.
In American Sports c’è qualche eco dei Radiohead, che tuttavia si scioglie nel coro arioso e sognante.
Notturna e dolcissima, la title track evoca i Muse più melodici dell’era Absolution.
Muse oriented anche la seguente Golden Trunks, concepita come coda del brano precedente.
Fascinosa e morbida, Four Out Of Five, che tra l’altro è il singolo tratto dall’album, si sviluppa su un riff distorto e si lancia in un refrain arioso.
The World’s First Ever Monster Truck Front Flip è un divertissment con una piccola trovata cabarettistica nell’arrangiamento. Science Fiction, grazie alla linea di basso funkeggiante di Nick O’Malley, ai suoi controtempi e alle sue armonie dilatate e non prive di richiami romantici è un bel tuffo negli anni ’70. She Looks Like Fun è un altro omaggio al decennio più complesso dello scorso secolo, stavolta però con una strizzatina d’occhio al glam e non è un caso che proprio in questo brano le chitarre, per il resto piuttosto trascurate, di Turner e di Jamie Cook si riprendano il loro spazio.
Con tutta probabilità, il più sacrificato di questo nuovo corso degli Arctic Monkeys è il batterista Matt Helders, costretto a contenere il proprio slancio dinamico a causa di partiture che risultano anguste per la propria verve.
Batphone è un altro divertissment notturno, che fa da introduzione alla conclusiva The Ultracheese, forse la più bella di questa raccolta, in cui Turner riesce a stupire nei panni per lui inediti del crooner.
Diciamolo pure: Tranquillity Base Hotel & Casino è un gran bell’album, da ascoltare mettendo da parte tutte le leggende metropolitane che ne hanno accompagnato la gestazione, piuttosto lunga: i cinque anni che lo separano dal predecessore AM.
Inutile fare paragoni col passato. Più semplicemente, è lecito pensare che prima o poi a tutti viene la tentazione di tentare nuove direzioni e lasciare sentieri già percorsi (e che, come nel caso degli Arctic, si è contribuito non poco a tracciare) e prossimi all’esaurimento creativo per tentare qualcosa di nuovo o di diverso. Ad esempio, la riscoperta delle radici seventies di gran parte del rock contemporaneo.
Il tentativo è riuscito. Certo, è difficile dire se Tranquillity Base… sia l’inizio dei nuovi Arctic Monkeys. Nel dubbio, godiamocelo.
Da ascoltare (e da vedere):
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