Beware Of The Dogs, il femminismo indie di Stella Donnelly
L’album d’esordio della giovane cantautrice australo-britannica è un atto d’accusa alle molestie e alle prevaricazioni maschili. Ironia e suoni dolci per urlare meglio la rabbia
È carina, delicata e un po’ stralunata come Audrey Tautou nel celebre Amelie.
La giovanissima (27 anni) Stella Donnelly, di origine gallese ma naturalizzata australiana, è riuscita a diventare un’icona del neofemminismo, quello nato dalle proteste antistupro e antimolestie, per una coincidenza più che fortunata: il suo Boys Will Be Boys, brano ispirato dallo stupro subito da un’amica, divenne un hit proprio mentre infuriavano le polemiche contro Harvey Wienstein, il produttore cinematografico finito in disgrazia anche in seguito alle accuse di molestie e abusi sessuali mossegli da molte attrici, famose e non.
Insomma, quando le star denunciano i grossi predatori sessuali (a prescindere o meno che abbiano iniziato a rigettare un certo meccanismo quando non le favoriva più…) una brava cantautrice di provincia può diventare star a sua volta.
Certo, la piccola Stella l’aria della pasionaria non ce l’ha proprio. Non è né sarà mai una novella Joan Baez e le sue rivendicazioni sono più intime e generazionali che di genere o, come si diceva una volta, di classe…
Ma il talento e la creatività ci sono. E Beware Of The Dogs, l’album d’esordio uscito gli scorsi mesi per la prestigiosa Secretly Canadian, li ribadisce come si deve.
La ricetta di Stella è semplice e (per questo) efficace: un indie pop chitarristico efficace dalle melodie zuccherose cantato con un bel piglio ironico e con voce da usignolo, come si conviene alle cantantesse british di nuova generazione. In più c’è la genuinità dell’artista che ha creato da sé la sua poetica senza lo zampino di quei producer delle major che una volta erano capaci di inventarsi rivoluzionari a tavolino pur di fare cassetta.
Non è il caso della giovane australogallese, che in fondo resta una ragazza desiderosa di vivere in pace nel suo mondo personale fatto di emozioni private e punta il dito contro il maschio predatore solo perché ne turba gli equilibri.
Il connubio tra melodie pop soffici e testi duri emerge sin dall’open track Old Man, un atto di accusa contro il sessismo degli stupratori espresso con versi che più taglienti non si potrebbe:
«Your personalitity traits don’t count if you put your dick/ In someone’s face».
La dolce e sensuale Mosquito affronta un altro tema centrale del cosiddetto femminismo 2.0: il desiderio femminile. Siamo ancora nel conformismo delle rivendicazioni private, cantato con i toni dolci di una ninna nanna (anche se i sogni che ne dovrebbero seguire sono bagnati…).
La dolce e ariosa Season’s Greetings è un bell’esempio di pop rock contemporaneo cantato con grazia.
Allergies, altra mini ballad, racconta gli strascichi delle rotture sentimentali con toni elegiaci e sonorità cristalline e notturne allo stesso tempo.
L’allegra Tricks contiene la critica alla presunta idiozia del genere maschile, cantata con soave leggerezza e con un pizzico di ironia.
La citata Boys Will Be Boys è una nenia dolce, sussurrata più che cantata, quasi a ribadire che non serve urlare per esprimere indignazione.
Altro pezzo altra ballad semiacustica: Lunch si regge benissimo sul cantato soave e soffice di Stella che riesce a marcare bene le parti più intense con i suoi acuti un po’ striduli ma molto caratteristici.
Bistro è invece debitrice del dream pop grazie all’uso intelligente ed efficace dell’elettronica vintage che disegna un arrangiamento allo stesso tempo minimale e sofisticato.
Die è un’altra incursione allegra nel pop elettronico, interpretata con grande leggerezza. Tutta quella che ci vuole per dire I don’t wanna die (non voglio morire).
Accesa e passionale, Beware Of The Dogs, la title track, è un grido di sdegno contro il degrado umano dei cattivi comportamenti sessuali, ben canalizzato dall’arrangiamento in crescendo e dall’interpretazione forte ma mai eccessiva.
Dopo tanta forza arriva il momento del riposo. Lo fornisce la morbida U Owe Me, che si regge su un bell’arpeggio di chitarra e su un tappeto quasi impercettibile di tastiera.
Sempre su toni soft ma arricchiti dall’elettronica, Watching Telly combina bene una melodia indie con sonorità dream pop.
Chiude la romantica Face It, altra ninna nanna minimale interpretata con la consueta, suadente dolcezza.
È inutile insistere troppo sulla poetica di Stella Donnelly e ribadire in maniera stucchevole la dualità tra testi duri e musiche dolci.
Il punto non è questo: la declinazione quasi esclusivamente privata dell’immaginario della giovane cantautrice, riduce il femminismo a una dimensione individuale e corporea e lo rende quasi una caricatura.
Non basta accusare gli uomini delle colpe che hanno o potrebbero avere per essere rappresentative davvero dei problemi e delle istanze delle donne.
E infatti, a dispetto di certa critica che si ostina a cercare nella politicizzazione dei contenuti il valore aggiunto dell’arte, non è questo il punto di forza di Beware Of The Dogs, che resta un bell’album per quel che esprime (lo sdegno per un modo di vivere e di concepire i rapporti umani che lede la dignità delle persone) e a prescindere da quel che esprime, perché su tutto parla la musica: fresca, ben concepita e interpretata, matura nel suo incedere postadolescenziale.
Non sappiamo se la Donnelly saprà mantenere la sua promessa di grande musica in futuro. Ma al momento godiamoci la promessa, perché c’è e non è davvero piccola.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale di Stella Donnelly
Da ascoltare (e da vedere):
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