True North, l’autunno luminoso di Michael Chapman
L’ultimo padre nobile del folk britannico lancia il suo album, pieno di riferimenti alla tradizione celtica e alla musica popolare angloamericana
Punta in avanti ma guarda indietro, perché forse a 78 anni suonati non si può fare molto altro.
E canta, con la consapevolezza dei tanti anni passati e del poco che resta: «Se solo il tempo fosse dalla mia parte».
Michael Chapman, il veterano più longevo della scena folk britannica, è tornato con True North (Paradise of Bachelors, 2019), undici gemme di minimalismo sonoro cariche di suggestioni e malinconia.
Una scelta essenziale, coerente con la carriera da outsider di lusso dell’arzillo inglese, che si fa accompagnare nella sua (forse ultima) avventura dal fido Steve Gunn, che produce l’album e vi suona tracce asciutte di chitarra elettrica, dal bravo BJ Cole, mago della lap steel guitar, dall’ottima violoncellista Sarah Smouth e dalla veterana del folk inglese Bridget St John, che alterna e sovrappone la propria voce a quella asciutta e un po’ stentata del Maestro.
A proposito di nostalgia e malinconia: non è un caso che l’open track dell’album si intitoli It’s Too Late, in cui Chapman canta quasi recitando su un robusto arpeggio fingerpicking ricamato qui e lì dai leggeri ghirigori della lap steel che spostano le sonorità su versanti country.
Alcune frasi leggere di chitarra elettrica introducono la sognante After All This Time, una ballata campestre arricchita dalla melodia eterea del violoncello e dal garbato intervento della St John.
Ancora più minimale Vanity & Pride, affidata solo alla voce stanca del Nostro e alla sua chitarra, suonata con uno strumming essenziale e un po’ pigro, arricchita solo da un riverbero quasi impercettibile per dare profondità al suono.
Eleuthera, il primo dei due pezzi strumentali di True North, è un bel pezzo in fingerpicking che strizza l’occhio a certa world music, grazie alle inserzioni delle chitarre e alle leggerissime armonizzazioni del violoncello.
Bluesman sembra più evocare la tristezza implicita nel significato letterale del titolo (uomo triste) che il genere musicale: il brano è un robusto country folk, arricchito dalle chitarre che si lanciano in piccole divagazioni dal retrogusto psichedelico e dalla voce della St John che si presta a far da corista.
Full Bottle, Empty Heart è un altro inno alla malinconia per chitarre, voci e lap steel impostato a cavallo tra folk e avanspettacolo.
Il sofisticato fingerpicking di Truck Song racconta l’intima epicità dei viaggi sulle strade del Galles. Chapman canta pochi versi con la poca voce rimastagli, il resto lo fanno il violoncello e le chitarre, che aggiungono ornamenti delicati alla dinamica trama sonora.
Le brume della provincia britannica emergono nella stupenda Caddo Lake, secondo pezzo strumentale, che riprende al massimo livello lo schema compositivo che ha reso unico Chapman: base arpeggiata con un fingerpicking virtuosistico, grazie anche all’uso intelligente delle note stoppate e degli armonici. E poi le armonizzazioni raffinatissime degli altri strumenti, che suggeriscono il tema principale per frammenti e con molte variazioni. Di sicuro è roba già sentita nella world music e in certo folk di ispirazione celtica, di cui il cantautore inglese è un maestro: ma, appunto, è roba che nelle mani dei maestri acquista una specie di eterna giovinezza capace di donare emozioni e atmosfere uniche.
La trama fingerpicking di Caddo Lake sembra proseguire nella triste Hell To Pay, una riflessione retrospettiva e intimista per chitarre e voce carica di amara dolcezza.
Sempre a proposito di nostalgia, la dolcissima e sognante Youth Is Waysted On Young è un richiamo alle occasioni perdute del passato per la propria immaturità, come suggerisce il titolo con un gioco di parole beffardo: La gioventù è sprecata nei giovani.
Chiude nel segno dell’ironia il country folk scanzonato di Bon Ton Roolay.
Se il precedente 50, prodotto sempre da Gunn, era l’album dell’autocelebrazione, True North è l’album della consapevolezza di cui i (pochi) capelli grigi sono la stimmata e l’emblema.
Michael Chapman è un artista anziano nel senso più nobile del termine: non deve più inventare né dimostrare nulla. Non deve più nemmeno sperimentare: gli basta suonare per dimostrare chi è. E continuare a stregare chi lo ascolta.
Il suo Nord non è profondo né alto. È solo vero. Autentico come una giornata di nebbia in una campagna britannica. Reale come l’inverno della vita.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale di Michael Chapman
Da ascoltare:
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