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Una Rolls Royce per l’estate. Achille Lauro a Cosenza

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L’artista romano conquista il centro storico della città calabrese durante la XXI edizione di Invasioni con sonorità ultrarock. Sul palco con lui, un open act d’eccezione: il violinista Andrea Casta

Per il concerto del 18 luglio del Festival delle invasioni di Cosenza, giunto alla XXI edizione, si sono misurati due artisti che nella loro recente produzione musicale hanno celebrato il cinquantesimo anniversario della missione Apollo 11 che portò il primo uomo sulla Luna.

La serata si apre con Andrea Casta, violinista elettrico italiano apprezzato a livello internazionale e riconosciuto globetrotter (ha toccato 26 nazioni negli ultimi anni con i suoi concerti ed esibizioni in eventi, festival e club).

Il musicista era nel capoluogo calabrese per girare un videoclip diretto dai fratelli Loren ed Ervin Bedeli, in cui ha raccontato in musica e immagini il tema della nascita: infatti Birth è il titolo della prossima canzone del suo concept album e progetto multimediale, The Space Violin Project, un racconto sonoro di 12 episodi, che unisce fantascienza e musica elettronica con un linguaggio nuovo e contaminato tra illustrazione e immagini reali.

Il palco cosentino di Achille Lauro

Lo sfondo alle riprese è il Planetario Giovan Battista Amico di Cosenza, che fa da scenario al tema raccontato: attraverso il personaggio del Comandante AJ, il suo alias nel racconto fantascientifico, Casta vive avventure tra terra e spazio che si snodano intorno al 2235, e in questo modo porta nel futuro tutta la sua community di fan. Anche il suo spettacolo è stato un mix efficace di musica e contenuti visuali di matrice fantascientifica.

È la volta di Achille Lauro, pseudonimo di Lauro de Marinis, che col nuovo pezzo 1969, che dà il titolo al suo ultimo album, si riallaccia alla visione futuristica di Casta

Appena salito sul palcoscenico, Lauro saluta il pubblico con un’esortazione: «Delle regole questa notte per divertirsi. La prima: i telefonini cortesemente tutti in tasca, grazie. Questa è una festa, domani lo racconterete. Quindi se non conoscete le persone vicino a voi, stringetegli la mano». E subito la parola passa alla musica.

Un alto momento del concerto di Achille Lauro

A partire, ovviamente, da Rolls Royce, il brano reso celebre dall’ultima edizione di Sanremo, grazie anche alla collaborazione di Boss Doms e del duo Frenetik & Orang3. Poi si prosegue con Zucchero, Cardillac, C’est la vie, la citata 1969, Ulalala, Thoiryche è la versione remix dell’omonimo successo di Puritano e Quentin40, sviluppata assieme a Boss Doms e Gemitaz.

Dopo il concerto, c’è la conferenza stampa nel backstage. È l’occasione per fare alcune domande all’artista romano.

Il retropensiero metal è una sindrome di molti artisti emergenti. Sul palco si notano il look alla Motley Crue e il sound pesante. Questo emerge soprattutto nella cover del classico di Lucio Battisti Il tempo di morire di cui già i Litfiba avevano fatto una cover metallizzata La scelta di appesantire i suoni, in particolare nella cover di Battisti, deriva da qualche ispirazione oppure è farina del vostro sacco?

Per la scelta della cover è stata importante una combinazione di eventi. Prima di Sanremo cantavamo spesso questo pezzo. Arrivati al Festival ci hanno chiesto di scegliere tra Fegato spappolato di Vasco o il Tempo di morire. Per noi la scelta era quasi obbligata.

Un primo piano di Achille Lauro nel backstage

Ma l’indurimento del sound dal vivo si nota in tutti i brani con ad esempi Rolls Royce, dove fa bella mostra di sé la Les Paul oro. È la vostra vera natura che emerge sul palco?

Assolutamente sì. Ascoltiamo da sempre artisti duri, come Metallica, Ac/Dc e Jimmy Page. Ma allo stesso tempo abbiamo l’influenza della musica elettronica. Infatti, proprio in Rolls Royce manteniamo le batterie elettroniche per ibridare il suono, spero in maniera originale.

Il pezzo 1969 celebra i cinquant’anni dallo sbarco sulla luna. Ma è anche l’anniversario di Woodstock, che ha rivoluzionato la cultura contemporanea, non solo musicale…

Di sicuro è stato un decennio dove c’era molta voglia di un cambiamento e di libertà che si riversava nell’arte, con un rimescolamento dei generi venivano mescolati e grandi sperimentazioni. Il nostro obiettivo è proprio questo.

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