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Un’auto piena d’acidi. Arriva la Destroyer dei Black Mountain

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Un nuovo album più heavy per i padrini del nuovo rock psichedelico

Di sicuro la vicenda umana, artistica e professionale di Stephen McBean non è proprio il top della linearità. Canadese ma residente a Los Angeles, il fondatore-frontman-leader dei Black Mountain vanta un primato particolare: la tarda età (48 anni) in cui ha conseguito la patente, risultato ottenuto nel 2017.

E questo non è proprio un dettaglio secondario, visto che ha ispirato il recentissimo Destroyer, uscito da poco per la Jagjaguwar, sesto album in studio per la band leader del nuovo hard rock psichedelico.

I “nuovi” Black Mountain in posa

Le novità non finiscono qui, in casa Black Mountain.

Infatti, si devono registrare due cambi di formazione non proprio irrilevanti.

Il primo riguarda la storica vocalist Amber Webber, dimissionaria da alcuni mesi e sostituita dalla brava Rachel Fannan, già cofondatrice degli Sleepy Sun, storica band della psichedelia californiana.

Il secondo riguarda il batterista Joshua Wells, sostituito da Adam Bulgasem, già nei Dommengang e nei Soft Kill. Per il resto, sono confermati il bassista Matt Camirand e il tastierista Jeremy Schmidt.

Torniamo alla patente tardiva di mr McBean: di sicuro ha ispirato Licensed To Drive, la penultima traccia dell’album, e il titolo stesso di quest’ultimo, che deriva dalla mitica Dodge Destroyer, una fuoriserie d’epoca, immortalata in centinaia di pellicole americane.

Celie a parte, c’è da dire che i cambi di formazione e la nuova ispirazione hanno avuto l’effetto di americanizzare (nel senso degli Stati Uniti) maggiormente il sound, che si sposta su un versante più heavy pur senza perdere l’impronta acida conferita dalla chitarra distorta col fuzz di McBean e dai sintetizzatori analogici (incluso il mitico mellotron).

La copertina di Destroyer

L’open track Future Shade è un esempio di quest’evoluzione: la struttura richiama l’hard rock melodico più canonico alla Thin Lizzy, ma la sonorità resta acida, grazie al binomio chitarra-tastiera e al cantato a due voci di McBean e della Fannan.

Un riff sulfureo, che ricorda un po’ il Tony Iommi prima maniera e la ritmica rallentata portano la seguente Horns Arising su un versante stoner-doom. Ma il canto straniato della Fannan e i ricami delle tastiere immettono massicce dosi di acido nella composizione, che, sempre a proposito di psichedelia, rivela una chicca ulteriore: una parte acustica eastcostiana all’inizio della seconda parte del brano.

Closer To The Edge è un interludio piuttosto breve (poco meno di tre minuti) che si richiama alla Kosmische Musik.

La psichedelia si mescola allo space rock in High Rise, in cui abbondano i rinvii agli Hawkwind, tra le tastiere sulfuree e il micidiale wha wha della chitarra.

Rachel Fannan

Pretty Little Lazies è un caleidoscopio di stili: attacco vagamente indiano, refrain e bridge prevalentemente acustici e poi galoppata hard-psichedelica a metà brano, che sfocia in una chiusa superlisergica degna dei migliori fricchettoni d’epoca.

Le atmosfere stoner-doom tornano con prepotenza nella rallentata e metifica Boogie Lover, in cui gli acidi (e certi funghetti…) coesistono alla grande con lo zolfo di certo dark d’epoca.

La movimentata Licensed To Drive è un altro esempio di hard rock rivisto e scorretto dai Black Mountain, nel quale i Thin Lizzy danno la mano agli Hawkwind.

Chiude la sognante FD 72, in cui emergono alcuni rinvii ai Velvet Underground, ovviamente ammodernati nel sound e affogati nelle consuete, massicce dosi di acido.

A dispetto dell’attitudine scanzonata e del songwriting chiaro e accattivante, Destroyer non è proprio un album facilissimo, perché non sono facili e proprio consueti i riferimenti artistici di McBean e soci.

Un’altra immagine dei Black Mountain

Detto questo, è comunque un album che vale la pena ascoltare più volte, grazie al sorprendente equilibrio compositivo tra rigore nel citare le fonti di ispirazione e originalità interpretativa.

Difficile dire se e quanto durerà il revival psichedelico, di cui i Black Mountain sono una bella punta di diamante. Certo è che band come questa fanno capire che non si tratta solo di una moda discografica.

Buon ascolto e good trip.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei Black Mountain

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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