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Face The Music, l’hard secondo i Burning Rain

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La band storica di Doug Aldrich e Keith St. John torna a incidere dopo sei anni e consegna al pubblico undici perle grezze di rock massiccio e pieno di blues

Face The Music, alla lettera Affrontare la musica.

Un titolo più azzeccato i Burning Rain non potevano sceglierlo, per il loro ritorno sulla scena discografica a sei anni di distanza dall’ottimo Epic Obsession (2013), con cui il quartetto americano è entrato nella scuderia della Frontiers.

I Burning Rain

Un supergruppo? Proprio no, a dispetto della presenza di due big come l’asso delle sei corde Doug Aldrich, più che noto per i suoi trascorsi con Dio e Whitesnake, e il frontman Keith St. John, già nei Kingdom Come e nei Montrose: i Burning Rain, come sanno gli appassionati e gli addetti ai lavori, esistono dal 1998, e la loro discontinuità, testimoniata da una discografia esigua sebbene di alta qualità, è dovuta essenzialmente agli impegni professionali dei due leader.

Che in Face The Music, il loro quarto album, sono accompagnati da due comprimari più che validi: il bassista Brad Lang (già negli Y&T) e il batterista Blas Elias (in forza negli Slaughter).

Con questi presupposti gli errori sono praticamente impossibili e, infatti, l’album centra il bersaglio. Innanzitutto nella formula musicale: un hard rock classico dalla forte matrice blues ma dal sound moderno. Poi nella qualità musicale, in cui il valido songwriting è valorizzato a dovere dall’ottima produzione e dalle notevoli capacità tecniche della band.

La copertina di Face The Music

Roba di lusso, simile a quanto lo stesso Aldrich ha fatto ascoltare ai suoi ammiratori con i Dead Daisies, ma meno sleaze e più robusta.

Il riffing potente della open track Revolution, che si avvale dell’ottima interpretazione di St. John, è una dichiarazione di intenti. Cadenzato e bluesseggiante, il brano esplode in un assolo da brividi di Aldrich.

Lorelei è un brano hard durissimo, dalla ritmica rallentata, dalle sonorità un po’ più oscure e dal riff pastoso che richiama gli anni ’70 con qualche ammiccamento allo stoner. Ma il coro piuttosto arioso e la voce squillante di St. John riequilibrano il tiro in direzione di una maggiore modernità.

Doug Aldrich in azione

Nasty Hustle è un rock ’n roll tiratissimo, a metà strada tra Led Zeppelin e Whitesnake, con una bella sequenza cadenzata a metà brano, prima dell’assolo, come sempre micidiale di Aldrich che parafrasa coi suoi virtuosismi lo stile del Page d’antan.

Un tiro quasi funky, col basso in evidenza, caratterizza Midnight Train, il singolo apripista, dal riffing più essenziale e dal cantato ruvido.

Shelter è una power ballad piena di richiami country nella parte acustica e di riferimenti zeppeliniani in quella elettrica, in cui St. John quasi si diverte a fare il verso al Plant vecchia maniera.

Face The Music, la title track, è un hard potente e cadenzato dal coro ruffiano, in cui la lezione degli Whitesnake convive alla grande con le sonorità bluesy alla Aerosmith.

Sempre zeppeliniana, grazie alla struttura botta e risposta (alla Black Dog, per capirci), Beautiful Road si segnala per il suo groove possente e il refrain semplicemente irresistibile.

I virtuosismi vintage della slide guitar introducono l’hard blues martellante di Hit And Run, che evolve in un coro americaneggiante che ricorda di nuovo gli Aerosmith anni ’70.

If It’s Love è un lento anni ’80 carico di atmosfera e non poco debitore degli Whitesnake più soft.

Ancora slide guitar e groove nella trascinante e radiofonica Hideaway, in cui un refrain aor convive con un arrangiamento heavy.

Since I’ve Loving You chiude l’album con un altro omaggio agli Zeppelin, in cui i due leader fanno a gara ad emulare Plant e Page.

A mo’ di appendice, la versione completamente acustica di Shelter, che esalta le timbriche plantiane di St. John.

Keith St. John

Face The Music è un ottimo ritorno per i Burning Rain, che spinge ad augurarsi due cose: la possibilità di vederli in azione dal vivo, cosa non facile dati i moltissimi impegni dei singoli componenti della band, e una maggiore prolificità compositiva.

Certo, non parliamo di musica innovativa o di sperimentazioni ardite. Ma di fronte a tanta qualità possiamo benissimo chiudere un occhio. O no?

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei Burnig Rain

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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