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Stavolta è mainstream. Il nuovo crossover di Tom Morello

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Il chitarrista americano, già elemento di spicco dei Rage Against The Machine e braccio destro di Bruce Springsteen, torna con The Atlas Underground, un album solista pieno di contaminazioni hip hop, dance e dubstep

C’è una causa giusta, o almeno meritoria. C’è la voglia di sperimentare di sempre. E c’è il talento consueto, che lo permette.

C’è Tom Morello, che a quasi venti anni dallo scioglimento dei titanici Rage Against The Machine – e archiviate le collaborazioni coi superbig alla Bruce Springsteen, messe in stand by le tentazioni folk di The Nightwatchman e archiviati gli Audioslave – ha deciso di uscire, finalmente, con un album solista interamente a suo nome: The Atlas Underground, uscito di recente per la Bmg e concepito in collaborazione con la Save (Suicide Awareness Voices Of Education), un’associazione no profit che si occupa di prevenzione dei suicidi.

Tom Morello

Solista non vuol dire da solo: infatti, il chitarrista più innovativo di fine millennio, si è avvalso della collaborazione di venti artisti della scena rap-hip hop, per tentare una strada a tratti più mainstream, di sicuro meno rock e comunque diversa rispetto al passato.

Il crossover c’è ancora e la chitarra del Nostro ruggisce e fischia ancora, ma il contesto sonoro è decisamente più rarefatto e morbido, visto che l’elettronica – orgogliosamente rifiutata nell’era Ratm ma anche dopo – la fa da padrona.

La copertina di The Atlas Underground

Battle Sirens, un pezzo strumentale eseguito con gli Knife Party, è una sorta di bandiera di questa novelle vague morelliana: sulle basi dubstep e sul noise del duo australiano, il chitarrista italo-afro-americano spara i suoi consueti riffoni alla Jimmy Page e lancia i fischi a tutto switch che lo hanno reso famoso.

Un riff duro e distorto apre Rabbit’s Revenge, un tostissimo hip hop dalle rime trucide dedicate ai consueti scenari di violenza metropolitana, in cui l’Outkast Big Boi e Killer Mike si alternano ai microfoni sopra i tappeti sonori ruvidi della chitarra distortissima e degli effettacci supercampionati.

Killer Mike

In Every Step That I Take, il singolo apripista che si avvale della collaborazione dei Portugal.The Man, le atmosfere si fanno più morbide e la chitarra passa in secondo piano per favorire una virata decisa verso il dubstep e l’edm.

Un leggero strumming di chitarra acustica introduce la tosta We Don’t Need You, un inno anarcoide antisistema in chiave hip hop, rappato con rabbia da Vic Mensa sul riff funkeggiante e carico di wha wha di Morello.

Con Find Another Way, eseguita con la partecipazione del cantante, polistrumentista e produttore britannico Marcus Mumford, si cambia di nuovo direzione verso una sofisticata edm dai suoi garbatamente rock, per commentare un testo decisamente più intimistico.

Forse non c’è più il metal del passato, ma ciò non vuol dire che a Morello non interessi più il crossover. Infatti, la scatenata How Long, che si avvale della partecipazione del puritano dell’hardcore Tim McIlrath, chitarrista e cantante dei Rage Against, e del dj nippoamericano Steve Aoki, è un’incursione tra il punk e l’edm molto interessante, grazie ai cambi di atmosfera marcati dalla chitarrona di Morello e dai campionatori di Aoki. Protesta sociale e dancefloor assieme, quasi a significare che certi messaggi dirompenti si possono lanciare anche divertendosi e divertendo.

Tim McIlrath

Ma ciò non vuol dire che la lezione dei Ratm sia finita nel dimenticatoio. Più semplicemente, è finita in un altro contesto, diluita e contaminata quanto si vuole, ma sempre riconoscibilissima. È il caso di Lucky One, in cui Morello torna quello di sempre, coi suoi riff distorti, funkeggianti e pieni di fischi, ma la linea vocale, interpretata con toni da gatta dalla brava K. Flay, è morbida e sensuale e crea un contrasto tutt’altro che sgradevole col tappeto sonoro pesante e cadenzato.

K. Flay

Lo strumentale One Nation, eseguita col dj e re della edm Pretty Lights, è un efficace esempio di contaminazione sonora con suggestivi spunti trance e inserzioni funky.

Il noise e il crossover tornano prepotenti (ma con le ormai consuete deviazioni ballabili) in Vigilante Nocturno a cui partecipa il polistrumentista e produttore Carl Restivo, già sodale di Morello in The Nightwatchman.

La dance spadroneggia di nuovo in Where It’s At Ain’t What It Is, a cui partecipano la stella emergente del blues Gary Clarck Jr e il mago del mixer Nico Stadi.

Gli echi dei Ratm riemergono nella durissima Roadrunner, un hip hop contaminato dal metal e declamato con cattiveria e maestria dalla misteriosa Leikeli47, la rapper col passamontagna. Superba la prestazione di Morello, che dà letteralmente di matto con lo switch.

Leikeli47

Un tris di star per chiudere in bellezza: sono i rapper Rza e Gza e il produttore HeRobust, un altro re dell’hip hop, che verseggiano come dannati nella violenta ed epica Lead Poisoning, che riprende gli scenari di violenza urbana cari ai fan dei Ratm e, più in generale, agli amanti del crossover.

A giudicare dalle recensioni, in generale piuttosto tiepide, sembra che con The Atlas Underground il chitarrista newyorchese abbia spiazzato sia la critica sia i suoi seguaci.

Troppo pop per alcuni e comunque non abbastanza crossover per i più, il primo album solista del Nostro è risultato piuttosto divisivo.

Ma prendere o lasciare: ci sta che un innovatore come Morello tenti altre strade dopo averne indicate molte alle nuove leve. In fondo è merito suo e dei suoi Rage Against The Machine (e certo, anche delle divagazioni di Anthrax e Beastie Boys) se i rapper sono diventati più cattivi e socialmente impegnati e se legioni di metallari e punk non disdegnano di urlare rime a raffica.

E allora tanto vale che il Nostro, anziché sfornare l’operazione nostalgia desiderata da tanta critica, si sia cimentato in quella nuova cultura underground di cui è uno dei padri fondatori. Forse, più che di musica, il problema è di firma: l’avesse prodotto un altro, non mancherebbero gli osanna a The Atlas Underground che, comunque lo si giudichi, è un ottimo contenitore delle nuove tendenze dell’universo dei club.

Accostiamoci a quest’album senza pregiudizi, perché Morello riesce comunque a dimostrare, tra un eclettismo e l’altro di essere il Morello di sempre. E scusate se è poco.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale di Tom Morello

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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