Independence, il Risorgimento diventa metal
Il nuovo album degli Scala Mercalli ripropone alcuni episodi chiave dell’Unità nazionale. Un concept articolato, composto bene e suonato meglio per portare il tricolore e l’Inno di Mameli sul palco…
Su una cosa va riconosciuto un merito ai revisionisti antitaliani, a partire dal sopravvalutato Angelo Del Boca per finire all’altrettanto sopravvalutatoPino Aprile: hanno fatto da pungolo alla storiografia accademica e costretto i big a fare i conti col Risorgimento in maniera non retorica e, soprattutto, non viziata dai pregiudizi ideologici.
Ma che il Risorgimento potesse uscire dalla storiografia e ispirare addirittura l’immaginario metal, questo ci mancava.
E non perché il metal leghi male col patriottismo e con la retorica marziale. Ma perché l’immaginario patriottico italiano, relegato fino a non troppo tempo fa nelle vecchie biblioteche, non ha mai bucato nelle culture e subculture giovanili. Come, invece, è accaduto altrove ai patriottismi altrui.
Al riguardo, è persino banale richiamare gli Iron Maiden che esaltano i fanti inglesi durante la guerra di Crimea in The Trooper o i piloti della Raf che salvarono la Gran Bretagna in Aces High. E nessuno si meraviglia nell’udire il discorso di Churchill che apre Live After Death o nel vedere Bruce Dickinson sventolare l’Union Jack sul palco.
Per questo è quantomeno originale la proposta degli Scala Mercalli di Fermo, che si incaricano di colmare la lacuna mollando il cuoio e le borchie in favore delle uniformi (garibaldine e sabaude) d’epoca e iniettando massicce dosi di epopea risorgimentale in un contesto musicale a dir poco robusto, fatto di metal classico, che si richiama in parte ai big della Nwobhm (senz’altro gli Iron Maiden ma anche i Saxon più epici di Wheels Of Steel, The Power And The Glory e Crusader) e strizza l’occhio alla scena power tedesca (Helloween, Gamma Ray e Primal Fear su tutti).
Ovviamente non è solo l’immaginario il piatto forte della band, che esibisce una qualità musicale indiscutibile e apprezzata dal pubblico degli appassionati che hanno avuto modo di assistere alle loro esibizioni anche nel ruolo di spalla a big internazionali come gli Wasp, gli Exodus e i Lacuna Coil.
I cinque marchigiani non scherzano affatto col pentagramma: validissimo il cantante Christian Bartolacci, dotato di una buona estensione e di un timbro pulito e aggressivo allo stesso tempo, ottima la coppia di chitarristi costituita da Cristiano Cellini e Clemente Cattalani, entrambi ferratissimi sullo strumento e molto bravi nel riproporre l’amalgama tipico dei grandi duetti (ci riferiamo di nuovo ai Maiden ma anche ai Judas Priest), potente e versatile la sezione ritmica, composta dall’abile bassista Giusy Bettei e dal versatile batterista Sergio Ciccoli, capace di mescolare un drumming classico con un uso efficace della doppia cassa.
Con il recentissimo Independence, uscito a gennaio per la Alpha Omega, la band riprende il discorso di New Rebirth (2015) e racconta alcuni episodi e personaggi chiave del Risorgimento, con una poetica musicale più che credibile.
Retorica? Senz’altro. Ma quale grande episodio storico non ha una sua retorica? Nel caso degli Scala Mercalli, si tratta di una retorica sana, che oscilla tra il mazzinianesimo e lo spirito garibaldino, quindi poco incline alle suggestioni xenofobe che oggi inquinano la società italiana e per fortuna non sono ancora tracimate nella musica.
Come da tradizione power, Independence inizia con un pezzo strumentale, il maestoso The Crossing On The Sea (From Quarto To Marsala), dedicato alla traversata dei Garibaldini verso la Sicilia.
Difficile da immaginare le battaglie garibaldine, raccontate al massimo con le fanfare, in un contesto metal. Ma c’è da dire che The 1000 (Calatafimi Battle) funziona come si deve, grazie a un riff durissimo e a un refrain epico e asciutto, in cui Bartolacci si concede qualche buon acuto. Ottima l’impostazione del brano, pieno di cambi di tempo e di atmosfera e notevoli le performance dei chitarristi. Il pezzo, che racconta la prima, celebre battaglia tra i garibaldini e le truppe duosiciliane del generale Francesco Landi, è cantato in inglese, tranne che nel verso finale: «Spade nel vento, cuore d’acciaio/E Italia sarà». Retorica? Forse, ma non dispiace affatto.
La saxoniana Honest Brigand, che fonde un riffing e una ritmica serrata con un buon appeal melodico, sembra l’unico cedimento ad alcune tesi garantiste sul brigantaggio. Ma è un’apparenza: i briganti onesti di cui cantano gli Scala Mercalli sono gli ex garibaldini datisi alla macchia perché non furono incorporati nel Regio Esercito e si sentirono traditi da Vittorio Emanuele II.
Apparentemente fuori tema, il singolo apripista Be Strong è un inno al coraggio e alla forza che proviene dai grandi ideali, anche quando la speranza sembra persa. Il tutto cantato con grinta su un ritmo cadenzato e ben armonizzato delle incisive linee di basso della Bettei. Notevoli le parti strumentali di chitarra, melodiche e virtuosistiche ma misurate, che ricordano i Queensryche vecchia maniera.
Con The Last Defense (Repubblica Romana 1849) si ritorna in maniera diretta alle tematiche risorgimentali ma con un salto all’indietro: il brano parla della gloriosa resistenza dell’esercito della Repubblica Romana, che riuscì a respingere le truppe francesi del generale Oudinot. La più bella vittoria del più effimero tra gli Stati risorgimentalisti preunitari. Il brano è un bell’esempio di power metal epico, cantato in inglese, tranne che per un verso significativo, anche del modo in cui la band marchigiana intende il Risorgimento e il suo patriottismo: «Il cuore in un istante tutto affronterà/La vita non svanisce se è per la libertà».
Una bella scarica di batteria, che ricorda un po’ l’attacco della priestiana Painkiller, introduce la tosta Never Surrender, un bel pezzo alla Helloween prima maniera, dedicato al coraggio e alla perseveranza di fronte alle difficoltà.
Tolentino 1815 è un altro salto all’indietro e racconta la sconfitta, subita appunto a Tolentino, da Gioacchino Murat, che tentò per primo di unificare l’Italia contro gli austriaci. Forse l’unico, importante tentativo di fare l’Italia da Sud, che fu l’inizio della fine per il cognato di Napoleone. Anche per questo, molti storici considerano questo scontro la prima battaglia del Risorgimento. Il brano è all’altezza del contenuto: un power metal marziale dal ritmo pesante e dalla melodia evocativa, impreziosito da una parte strumentale in cui le chitarre si scatenano in un bel duetto maideniano su un tempo veloce, marcato egregiamente dalla doppia cassa.
L’epica e potente White Death racconta con il consueto connubio di ritmi veloci e melodie intense l’eroismo di chi si sacrifica in battaglia.
Con Whispers In The Night gli Scala Mercalli fanno un’altra incursione nel power teutonico arricchito da citazioni orientaleggianti e da riff priestiani.
Anita (Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva), l’unica power ballad dell’album, è dedicata, appunto, ad Anita, compagna di Giuseppe Garibaldi ed eroina femminile dell’epopea risorgimentale. Il brano, dolce a tratti, è il più vario della raccolta, grazie all’efficace alternanza tra parti lente e acustiche e galoppate strumentali piuttosto tirate.
Una chicca per chiudere: la versione metallizzata di Fratelli d’Italia, in cui il Corale Angelico Rosati esegue l’Inno di Mameli su una credibilissima base rock. Un modo efficace di ricordare Il canto degli italiani al di fuori dei consueti contesti calcistici in cui la Nazionale si impegna (sempre meno bene) ogni due anni.
Independence è un concept album ben riuscito in cui gli Scala Mercalli tentano in maniera convincente un esperimento coraggioso di rock patriottico al di là delle categorie di destra e sinistra (e, a voler proprio categorizzare, il Risorgimento di Mazzini e di Garibaldi e il protorisorgimento di Murat furono piuttosto di sinistra). Speculazione retorica e voglia di essere originali a tutti i costi? No. Anzi: molto più della band marchigiana si dimostrano inclini alla speculazione quelle vecchie glorie del cantautorato che riciclano le tarantelle per cantare dei briganti (Bennato) o gli angeli caduti del pop italiano che si sono dati al revisionismo alla Pino Aprile (Povia).
Quello degli Scala Mercalli è un afflato sincero e c’è da sperare che così venga percepito dagli ascoltatori e dagli addetti ai lavori che, ci si augura, si facciano passare la puzzetta sotto il naso e apprezzino Independence per quel che è: il lavoro onesto e ben riuscito di un gruppo che canta in inglese e sogna le platee europee ma pensa e ama l’Italia in italiano e con l’orgoglio per un grande passato.
Per saperne di più:
L’articolo dell’IndYgesto sugli Scala Mercalli
Il sito web ufficiale degli Scala Mercalli
Da ascoltare (e da vedere):
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Recensione impeccabile. Grazie!
Bell’articolo anche se penso che il vero nemico del Risorgimento sia Lorenzo Del Boca e non Angelo che è un esperto di eventi storici legati all’Africa settentrionale.