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Dal post rock al prog, il ritorno dei Nosound

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Molti li considerano la risposta italiana ai Radiohead. In realtà la band romana, forte di una lunga esperienza nella scena indipendente, ha molti spunti originali da offrire. E il recente Allow Yourself lo dimostra

Allow Yourself, alla lettera concediti. E difficilmente altro titolo risulterebbe più appropriato per l’ultimo album dei Nosound, romani d’appartenenza e internazionali per vocazione, uscito nell’autunno per Kscope.

Giancarlo Erra, polistrumentista (canta e si alterna con eguale bravura tra chitarra e tastiera) e i suoi sodali proseguono il percorso minimale iniziato col precedente Scintilla (2016), mettono in secondo piano il post rock del passato recente e limano gli aspetti più prog del loro suono per sperimentare con garbo.

I Nosound

Nuovo album, nuovo percorso e – quindi, anche se non necessariamente – una nuova formazione in cui il sedile della batteria è occupato da Ciro Iavarone, che ha preso il posto di Giulio Caneponi, e Orazio Fabbri al basso, che a sua volta ha rilevato il posto del cofondatore Alessandro Luci.

Invece il chitarrista Paolo Vigliarolo e il tastierista-cantante Marco Berni ci sono ancora, per dare una continuità artistica al progetto che vada oltre l’iniziativa individuale di Erra. Ed è della partita anche la violoncellista Marianne DeChastelaine.

La copertina di Allow Yourself

Minimalismo e sperimentalismo, dicevamo: sono i due poli tra cui oscilla l’opener Ego Drip, che si muove su un poliritmo condito da effetti sonori di chitarra e tastiera e voci sovrapposte.

Shelter incede lenta su un raffinato gioco di controtempi elettronici che reggono il tappeto sonoro rarefatto delle tastiere sul quale Erra canta con pathos una delicata melodia.

Le percussioni emergono in tutta la loro fisicità ma mantengono un andamento irregolare e spiazzante in Don’t You Dare, che si sviluppa tra ritmi stranianti e spazi sonori dilatati gestiti dalle tastiere. Quel che ci vuole per rendere originale una melodia che, altrimenti, sembrerebbe uscita da un album dei Radiohead. Il crescendo, in questo brano non è una questione di tempi, ma di densità sonora, assicurata dalle distorsioni della chitarra di Vigliarolo.

L’attacco di My Drug, affidato a un arpeggio semplice e delicato di pianoforte e alla voce evocativa del leader, ricorda alcune cose dei Muse. Il brano, stavolta, cresce in maniera più minimale, grazie al violoncello che sottolinea con efficacia ma senza invadenza le evoluzioni del cantante.

Miracle è un altro bel saggio di minimalismo carico di atmosfera: tutto il pezzo ruota attorno alle frasi del violoncello e della chitarra che si integrano su armonie estreme ed impalpabili.

This Night rinvia nuovamente ai Radiohead, grazie all’interpretazione sofferta di Erra, che evoca sofferenza e leggerezza con un cantato sempre misurato, che mira ad integrarsi nel tappeto sonoro marcato di nuovo dal violoncello e segnato dalle percussioni, le quali mirano più ad accentare i passaggi musicali che a dare il ritmo.

Ancora un crescendo efficacissimo in At Peace, che ricorda di nuovo i Muse per l’aspetto più mainstream e i Radiohead per quello più sperimentale. Pregevolissima la chiusura del brano, che sfocia in un arpeggio di chitarra simile a una ninna nanna per carillon.

L’alternanza tra momenti rarefatti e fortissimi caratterizza anche Growing In Me, dotato di una melodia evocativa, ora dolce e ora disperata che si appoggia prima su essenziali accordi del pianoforte e poi sulle bordate della chitarra elettrica.

Saviour è un gioiellino per voce e piano dal cantato sinuoso e incisivo allo stesso tempo.

Weights è un tuffo nella psichedelia contemporanea, tra arpeggi delicati di chitarra, accordi delicati dei synth e melodia vocale suadente ed evocativa.

Defy chiude l’album con una breve melodia che si fa spazio tra effetti, rumori bianchi e poliritmi.

Giancarlo Erra

Convincente ed efficace, Allow Yourself è l’ennesima prova di come Erra e soci guardino alle scene indipendenti europee senza complessi provinciali e smanie esterofile, ma con una personalità artistica ben delineata e più che matura.

Senz’altro per fan e intenditori, ma anche per i semplici cultori della buona musica, quest’ultima prova dei Nosound dà indicazioni importanti sulle possibili direzioni future della musica indipendente. Un corso minimale in cui maestosa è solo la suggestione.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei Nosound

Da ascoltare (e da vedere):

Il video ufficiale di Don’t You Dare
Il video ufficiale di This Night
Il video ufficiale di Shelter
Il video ufficiale di Saviour

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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