I Fiori di Mandy tornano con Carne
Secondo ep sperimentale per la band sarda specializzata nell’indie più metafisico e trasgressivo
Un’immagine agghiacciante: il viso gelido di un soldato tedesco della Seconda Guerra Mondiale ritratto a tre quarti con un colore vagamente metallico. L’unica traccia di vita è il rivolo di sangue che scorre dall’orecchio sinistro.
È Carne, un’opera particolare di Tonino Mattu, pittore di fama di Oristano.
Ma Carne è anche il titolo e l’immagine di copertina (su concessione dell’autore) del secondo ep dei Fiori di Mandy, una band composta da tre giovani oristanesi che dal 2016 si dedica all’indie rock, uscito a breve distanza di Invadere, il singolo apripista con videoclip inquietante e sperimentale.
La particolarità di Carne, composto da sei brani scritti tra il 2016 e il 2017, è la registrazione in presa diretta, cioè è un live registrato in uno studio allestito appositamente a Sinnai, nel Cagliaritano, da Christian Mandas e Mattia Ciccu, che hanno curato l’incisione.
Il risultato, diciamolo subito, è valido: i brani sono tirati e carichi di energia e i suoni puliti e brillanti, con quella marcia in più che può dare l’esecuzione estemporanea.
Apre l’album Invadere, con le sue acrobazie orientaleggianti in controtempo. Buona la prova d’assieme del gruppo, che risulta affiatatissimo: Edoardo Mantega, canta e declama (bene) i versi eccentrici e vagamente esoterici della canzone e, contemporaneamente, esegue veri e propri arabeschi con la chitarra; Luigi Frau riempie il suono con linee di basso pulsanti e ipnotiche e Raffaele Mura, dotato di un approccio percussionistico, si destreggia bene tra i continui cambi di tempo del brano.
La stessa compattezza si nota in Karter, un pezzo più lento e rarefatto, dedicato a Hurricane Carter, il campione americano dei pesi medi diventato icona dei diritti civili.
Ottima la performance di Mura in In virtù del piovere, concepito in parte come una sorta di danza pagana in più movimenti. Di sicuro il brano più complesso e suggestivo dell’ep.
Quelli di ieri, dedicata alla scomparsa di un amico, è la canzone più intimista di Carne: il pezzo si snoda attraverso vari cambi di atmosfera interpretati in crescendo.
Suoni decisamente più duri in Mandria, il brano più rock, in cui Mantega e Frau si sbizzarriscono coi distorsori tra un cambio di atmosfera e l’altro. Un dettaglio curioso e non disprezzabile: sui toni alti Mantega ricorda un po’ Giuliano Sangiorgi.
Chiude l’ep la dinamica Tra le storie la storia, anch’essa in crescendo dopo una partenza ariosa.
Carne è una buona prova per un gruppo che promette bene. Un piccolo appunto ai testi, su cui i Nostri forse dovrebbero lavorare di più, soprattutto nell’aspetto metrico. Nessuno pretende le rime baciate, ci mancherebbe. Ma i versi sciolti sono davvero un po’ troppo e danneggiano un po’ le belle immagini che evocano.
Forse questo è un limite di molti che cercano di conciliare il rock con l’italiano. Ma i Negramaro, che abbiamo citato non a sproposito al riguardo, non saranno indie ma hanno dimostrato che il rock può comunque conciliarsi con testi di non indifferente complessità, concettuale e metrica.
Intanto Carne vale l’ascolto, meglio ancora se dal vivo, dimensione in cui I Fiori di Mandy risultano particolarmente a loro agio. I petali sono belli e le corolle robuste. Aspettiamo i frutti.
Per saperne di più:
Vai alla recensione di Invadere
Da ascoltare (e da vedere):
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