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Lodo Guenzi e Federico Borghesi sul palco

Capitalismo magico, teatro e musica alternativi

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Intervista a Lodo Guenzi, il frontman de Lo Stato Sociale, e all’attore Nicola Borghesi, autori di uno spettacolo forte e originale di “teatro-canzone”

Amici da oltre vent’anni e, in due, non ne fanno più di sessanta. Ludovico Lodo Guenzi, il frontman de Lo Stato Sociale, e Nicola Borghesi, attore e fondatore della compagnia bolognese Kepler 452, portano in giro per l’Italia Capitalismo magico, uno spettacolo a cavallo tra musica e teatro basato sull’improvvisazione.

Da sinistra, Nicola Borghesi e Lodo Guenzi

Com’è nato questo spettacolo particolare?

Borghesi: L’idea di questo spettacolo risale a un anno fa, quando mi chiamarono da Radio 3. Ho pensato che di poterla realizzare assieme a Lodo con una formula particolare: abbiamo messo assieme delle cose che avevamo già in un contenitore e le abbiamo legate con un filo conduttore esile ma presente. È uno spettacolo componibile e poroso e, in un periodo in cui le cose cambiano velocemente, avere uno spettacolo in cui puoi modificare i pezzi della struttura può essere efficace: dà la possibilità di dare la giusta attenzione ai fatti e alle loro trasformazioni.

Raccontate le ansie di un’intera generazione. Ma anche la ricerca di vie alternative. Come siamo arrivati all’attuale condizione? E dove si stanno muovendo le nuove generazioni?

G: È importantissimo capire come si stanno muovendo le nuove generazioni. La sensazione è che ci sia stato, negli anni ’90 un buco di quattro o cinque anni in cui si è passati a una prospettiva molto individuale dei problemi e delle soluzioni. Tuttavia, ho incontrato ragazzi nati dopo il 2000 che hanno una percezione collettiva di come salvare la propria esistenza. Andare in tour porta a queste cose. Ad esempio, incontrare persone come Fabio Nirta che riesce a radunare un manipolo di eroi che propongono una cosa peculiare e diversa e trascina le persone fuori di casa con così tanto divario generazionale in un posto dove di solito questa cosa non capita. Per di più in una location bella che rende il tutto più fruibile. Il buco generazionale, di cui parlavo prima, pensava di cavarsela se si faceva da soli successo e soldi.

B: Per me il capitalismo è una specie di rullo compressore che tende a coprire tutto. Ci sono stati personaggi e movimenti che, sin dal XIX secolo, hanno cercato di resistere. Ma negli ultimi anni le forze si sono affievolite. Il riformismo viene trascinato dalla forza di gravità nella merda. Le forze che avrebbero dovuto affrontare questo problema ne sono invece diventate una parte.

Lodo Guenzi

Cosa volete dire quando vi riferite al detto di Margaret Thatcher: «There is no alternative» al capitalismo?

G: Siamo la prima generazione che ha la percezione, sin dalla nascita che questo sia il sistema dato e che non ci sia alcuna possibilità di vivere in modo diverso. Il capitalismo è imperfetto, ma anche questo finirà. C’è un pezzo di Brondi che risponde alla Thatcher e dice: «Non c’è alternativa al futuro» e questa è la migliore risposta.

Lavorate su due piani diversi: Guenzi su quello musicale e Borghesi su quello teatrale. Ma il modo di pensare di affrontare le cose è lo stesso. Vogliamo approfondire un po’ il vostro processo creativo?

B: Non c’è un grande ragionamento dietro. Posso dire che Lodo ha una grande qualità: quando tu dici qualcosa sa come seguirti con la musica. Ma ci riesce perché è anche un bravo attore e innerva un’interpretazione con la musica, che non è né didascalica né soffocante. 

Nicola Borghesi

Dateci qualche altro dettaglio su di voi.

G: Nicola sa fare un risotto perfetto

B: Io per il suo compleanno ho fatto le tagliatelle. Mentre lui per il mio non mi ha fatto nemmeno gli auguri: ha aspettato di incontrami due giorni dopo. 

G: Nicola ha una maniera particolare di pensare gli spettacoli, che lo pone un passo avanti quando mette in scena quelli che cacciano i piccioni dalla vita, quelli che fanno i professori o gli studenti, le persone, insomma. Ma non li mette in scena da soli: li accompagna e li mette in relazione diretta col pubblico. Di solito chi fa teatro, invece, sta chiuso in una torre d’avorio e si sente superiore al suo pubblico. 

(a cura di Fiorella Tarantino)

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