Il mio nome? Tutta una scommessa, Mirkoeilcane a ruota libera…
Il cantautore e compositore racconta la sua carriera tra colonne sonore e canzoni e, già che c’è, spiega l’origine del suo nickname…
Mirkoeilcane, all’anagrafe Mirko Mancini, sin da piccolo si appassiona alla musica attraverso la chitarra.
Compone colonne sonore, sigle e spot pubblicitari. Scrive anche testi per altri artisti. Nel 2015 inizia un percorso personale con il disco omonimo, Mirkoeilcane, da cui ottiene diversi riconoscimenti. Due anni dopo compone la colonna sonora per il film I peggiori di Vincenzo Alfieri e vince la ventottesima edizione di Musicultura con il brano Per fortuna.
Pubblica un romanzo in formato ebook nel 2018, Whisky per favore. È anche l’anno del disco Secondo me, pubblicato per la Fenix Entertainment.
Con il brano Stiamo tutti bene partecipa alla sessantottesima edizione del Festival di Sanremo nella sezione Nuove proposte. Si classifica al secondo posto, vince il Premio della Critica Mia Martini, il Premio per il Miglior Testo Assoluto, il Premio Enzo Jannacci, il Premio Pmi alla Musica Indipendente e il Premio Luigi Tenco 2018 nella categoria Miglior Canzone.
Mirko firma la colonna sonora del film A Mano Disarmata di Claudio Bonivento del 2019.
Mirkoeilcane: è un nome d’arte di cui non hai ancora svelato il perché. Ho letto che nemmeno tuo madre ne conosce il motivo. Vuoi creare un mito?
Non ho queste mire mediatiche. È un nome nato nel periodo delle scuole superiori. Un nomignolo e quasi una scommessa, del tipo: se un giorno farò il cantautore mi chiamerò Mirkoeilcane. Mentre mi sentivo rispondere che non lo avrei mai potuto fare. E quando l’ho fatto mi è sembrato di buon augurio adottare questo nome d’arte.
Prima di iniziare la carriera solista, hai scritto per altri artisti.
È stata una breve parentesi che ricordo anche con un pizzico di amarezza, perché ciò che creavo era legato ad un aspetto tecnico e a una serialità che non era nelle mie corde. Poi certo ho ripreso a farlo, ma solo se il lavoro viene valorizzato nell’ottica di un prodotto di qualità.
A Sanremo hai vinto numerosi premi. Cosa pensi dei colleghi che incontri durante queste manifestazioni? Molti restano in bilico tra etichette indipendenti e major.
Oggi non c’è più differenza tra major e indie. Non è importante se le canzoni siano di grande consumo oppure di nicchia. A nessuno interessa questo aspetto, se non agli addetti ai lavori. Francamente, mi chiamo fuori da queste dispute, perché la mia realtà è davvero collocabile nel mondo indipendente. È una mia scelta personale perché preferisco essere riconoscibile e mantenere il controllo artistico.
Che differenza c’è tra scrivere colonne sonore per pellicole e scrivere per Mirkoeilcane?
In un film le immagini già esistono, bisogna commentare e capire il pensiero del regista. Tra le pellicole mi piace citare I peggiori di Vincenzo Alfieri del 2017. Le canzoni, invece, bisogna crearle nella testa di quanti le ascoltano. Puoi far immaginare una determinata situazione con le giuste parole. Non è semplice in nessuno dei due casi.
Secondo me, Caparezza diceva che il secondo disco è il più difficile nella carriera di un artista. Mi ricorda anche il brano di Brunori tratto da A Casa Tutti Bene. Tu cosa pensi del tuo secondo disco, Secondo me?
C’è una commistione tra i due diversi aspetti. Fare un gioco di parole tra il secondo album e il secondo me. Proprio perché, anche attraverso i social, abbiamo capito che una cosa può essere gialla per uno e rossa per un altro. A maggior ragione per le opinioni. Considerare più punti di vista può essere più semplice di quanto appare, le divergenze possono risolversi col venirsi incontro.
Stiamo tutti bene, ma chi siamo? Noi fortunati rispetto a Mario?
Dipende con quali orecchie si ascolta il pezzo. Gli ascoltatori un po’ superficiali possono anche reputare fortunate le persone sulle barche. Se invece si possiede una visione carica di umanità ed empatia si può vedere la situazione solo in un’ottica ironica. Se la realtà è questa, certo c’è poco per cui stare bene.
Per Fortuna racconta la triste storia dell’ossessione per lo smartphone e la solitudine che ne deriva. Come uscire da questo impasse?
Lasciando lo smartphone a casa. Molte volte che esco a fare una passeggiata, avverto mia madre che per tre ore sono senza telefono. Proprio perché senza motivo troviamo i nostri capi chini su un schermo. Sul treno preferisco leggere un libro, stare con le cuffie oppure più semplicemente guardare il finestrino. Cose romantiche e antiche che sembrano su un po’ stupide, certo. Ma servono.
Sei un artista molto legato al passato. Ed il futuro?
È tutto in corso d’opera perché ci sono tante canzoni nate in questo periodo. Si vedrà se organizzarle in una nuova pubblicazione. Certo nei prossimi mesi ci sarà da suonare. Tutto un po’ in crossover.
(a cura di Fiorella Tarantino)
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