The Secret, la resurrezione elegante di Alan Parsons
Il mago dei suoni ritorna con un album di raffinatissimo pop rock pieno di richiami progressive e di citazioni beatlesiane. Modernità e tradizione senza un briciolo di nostalgia
Alcune cose prima di entrare nel vivo.
La prima: un musicista-autore-produttore come il britannico Alan Parsons è in grado di suonare quel che gli pare senza snaturarsi.
La seconda: molti recensori italiani hanno ribadito col consueto provincialismo dei non specialisti che The Secret, l’ultimo recentissimo album dell’artista londinese, è uscito per la napoletana Frontiers Records.
La terza: c’è qualcuno che ha fatto notare come in quest’album di prog ce ne sia pochino e che la parte prevalente della raccolta oscilla tra rock radiofonico con qualche puntatina nell’hard e pop.
Dov’è la particolarità in tutto questo? Innanzitutto, è vero: la Fontiers ha fatto un colpaccio, ma c’è da dire che la label partenopea è diventata una scuderia di vecchie glorie, se si considera che nell’ultimo anno e mezzo ha pubblicato le ultime fatiche di giganti quali Uriah Heep e Whitesnake.
In seconda battuta, occorre aggiungere che Parsons ha sempre costeggiato il mainstream, anche negli anni più arditi del suo Project, forte della sua esperienza a fianco di superbig come Beatles, Paul McCartney e Pink Floyd, dai quali ha senz’altro appreso che qualità e successo non fanno a pugni tra loro.
In ultima battuta, l’aor non è uno snaturamento né una parolaccia, tanto è vero che lo hanno praticato con efficacia non pochi rocker dal passato duro.
Detto questo, The Secret contiene tutto ciò che ci si deve aspettare da un musicista che ha passato la maturità da un bel pezzo e si avvicina alla fase conclusiva della carriera: grande varietà stilistica e sonora, produzione spettacolare e performance notevolissime, grazie alla presenza di un cast all stars.
Un kolossal in note pieno di architetture ardite ma fruibile da un pubblico vasto. Un equilibrio imponente e delicato allo stesso tempo, che solo uno come Parsons poteva ottenere in maniera credibile.
E non a caso The Secret parte con una chicca: la fantastica cover rock di The Sorcerer’s Apprentice, la celebre sinfonia di Paul Dukas diventata immortale come colonna sonora del disneyano Fantasia. Notevolissimo lo staff impiegato in questa versione postmoderna, in cui la parte sinfonica è affidata a The Cmg Music Recording Orchestra Of Hollywood e quella rock a stelle di primissima grandezza come Steve Hackett, il leggendario ex chitarrista dei Genesis, e Vinnie Colaiuta, uno dei più grandi batteristi (non solo) rock di tutti i tempi.
La magniloquenza prog-sinfonica celebrata sin troppo nella open track fa posto al pop rock soffice e radiofonico di Miracle, che gronda di ammiccamenti agli anni ’80, a partire dall’interpretazione del bravo Jason Miraz, per proseguire con alcune finezze ritmiche funkeggianti, come il giro di basso slappato nel bridge, per culminare nel ruffianissimo assolo di sax.
Alan Parsons in persona interpreta la seguente As Lights Fall, un bel pop morbido che strizza l’occhio a certe cose del Paul McCartney più ottantiano.
A riprova che le vecchie passioni non si dimenticano e il passato non muore mai, lo stile dei vecchi e indimenticati Project fa capolino nella magniloquente One Note Symphony, in cui l’arrangiamento orchestrale esalta una bella base rock e l’elettronica dei tempi passati si prende una piccola rivalsa attraverso la voce del bravo Todd Cooper, filtrata alla grande e resa in versione robotica (un po’ alla Rocketz, per capirci).
Sometimes è invece la superballad dolce e passionale che non può mancare in un album aor che si rispetti. E più aor della voce calda di Lou Gramm dei mitici Foreigner non c’è nulla. Da ballare in una bella serata al chiaro di luna. O da ascoltare sognando le belle feste adolescenziali di trent’anni fa.
Piena di ombre serali e di garbati riferimenti pop, Soiree Fantastique è un bel duetto tra Cooper e Parsons, che si cimentano in una melodia ariosa e struggente piena di echi parigini.
Il richiamo ai Beatles, immancabile per un artista che ha contribuito a creare il sound del leggendario Abbey Road, emerge in maniera sfacciata in Fly To Me, in cui la voce di Mark Mikel dei The Pillbugs interpreta una graziosa melodia eastcoastiana contrappuntata dai coretti che hanno reso immortali i Fab Four.
Con Requiem, interpretata efficacemente da un Cooper in gran forma, il sound vira verso atmosfere jazzate da club di Harlem che esplodono in un bel duetto sax-chitarra. Manca solo una sciantosona alla Jessica Rabbit per completare il quadro.
Beyond The Years Of Glory è una bella ballad, scritta bene, arrangiata meglio e interpretata come si deve dal bravissimo Paul Josef Olsson. Un altro tuffo nella nostalgia per gli anni ’80 rievocati da una melodia epica e struggente.
The Limelight Fades Away è un altro pezzo aor dall’atmosfera rilassata e dalla melodia ruffiana, interpretata da Jordan Huffman.
Chiude la raccolta la dolce e sognante I Can’t Get There From Here, un brano dalla melodia ottantiana ma dagli arrangiamenti più moderni, interpretato con credibile efficacia da Jared Mahone, astro emergente dell’indie pop internazionale.
A dispetto della sua grande passione per i giochi di prestigio (che è poi il motivo conduttore di The Secret), Alan Parsons è riuscito a dimostrare di non aver bisogno di trucchi, proprio lui che ne ha usati e creati tanti nelle sale di incisione di tutto il mondo, per stupire.
The Secret è un bell’album intergenerazionale, capace di commuovere i quarantenni e di toccare le corde dei più giovani, che possono riascoltare certi suoni e certe melodie reinterpretati da uno dei più grandi autori della cultura rock con l’aiuto di uno stuolo a dir poco formidabile di comprimari. C’è altro da aggiungere?
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale di Alan Parsons
Da ascoltare (e da vedere):
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