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Brunori si racconta alla Varia

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Il cantautore cosentino è ospite d’onore nel cartellone particolare dei festeggiamenti della patrona di Palmi. Un percorso autobiografico tra ricordi e canzoni

Dal sacro al profano: c’è anche Dario Brunori nel cartellone dei festeggiamenti in onore della Varia di Palmi, la festa popolare in onore di Maria Santissima della Sacra Lettera, patrona della città. Nel 2014 è diventata festa della Calabria, rientra nella Rete delle grandi macchine a spalla italiane, e dal 2013 inserita nel Patrimonio orale e immateriale dell’umanità dell’Unesco.

Stringiamo il focus sul cantautore che si definisce «artista a tutto tondo, che veste con camicia allegra ma scrive canzoni deprimenti».

E continua: «Infatti mi ascoltano perché deprimo. Anche mia madre, che mi nutre con amorevoli attenzioni, allo stesso tempo mi umilia dicendomi “ma chi panza ha fatto!».

Dario Brunori si racconta durante la Varia

In una sua canzone racconta di quando, da ragazzo, cantava davanti ad un falò per cercare attenzioni ma ad un certo punto diventa lui il centro dell’attenzione: «Non c’è un momento, succede che piaci».

Il primo stupore di Brunori è arrivato quando si è accorto che le sue canzoni autobiografiche erano cantate da molti non calabresi che non conoscono la sua vita e tantomeno Guardia Piemontese (l’ambientazione della mitica Guardia ’82). E poi sono arrivati i riconoscimenti, che non sono stati importanti per il premio in sé quanto per il fatto che il lavoro artistico è apprezzato a dovere. 

E infatti, spiega il cantautore con un pizzico di sana autoironia:

«Essere apprezzato da chi ascolta la musica dei cantautori, ti fa sentire responsabile. Nasco come chitarrista e mi sono formato col metal, quindi non ho mai ascoltato cantautorato. Il chitarrista cerca attenzioni invano, mentre gli altri consumano. Poi a 40 anni scrivi delle canzoni deprimenti. Per esempio l’accostamento a Rino Gaetano mi ha fatto rispondere: “Io non sono il nuovo Rino Gaetano ma è lui ad essere il vecchio Brunori…”. Ma dentro avevo un po’ di magone. Ho conosciuto il Lucio Dalla di Come è profondo il mare, per me è stata una scoperta. Ricevere input che mi fanno scoprire nuovi spunti. Il mio è un racconto umano alla ricerca dell’empatia, un racconto rivolto alle persone. C’è uno scambio fra me e il pubblico, ma io non lo ringrazio. Quando mi dicono: “Quel passaggio mi ha ricordato (ad esempio) Pavese» rispondo Ah bravo. Ma poi mi studio la citazione e poi la rivendo alla prossima intervista».

Il percorso della Brunori Sas nasce da un evento drammatico: la perdita del padre. Per questo motivo Dario torna nel paese natio per lavorare nella sua azienda di mattoni.

I suoi fratelli lavoravano lì da sempre come ingegneri, mentre lui si occupava solo di musica: «Ho lavorato in ditta e ho conosciuto il mondo concreto, i muratori ecc, e ciò mi ha fatto capire le priorità. Questo fanno i dolori veri: scremano i finti dolori e creano una wish list diversa. Così ho iniziato a scrivere senza velleità, come i vecchi bluesman nei campi di cotone. Da una necessità, da un’urgenza interiore, è nato qualcosa di autentico. La prima canzone è stata L’imprenditore. Una canzone che considero importante e che ho creato con assoluta spontaneità».

Creare un’etichetta indipendente non è stato un merito, ma la classica necessità diventata virtù. Attraverso il suo racconto si percepisce il clima in cui è sorta l’iniziativa: «È stata un’idea importante che poi ha vinto. All’epoca essere indie era una scelta da sfigato, era un’attitudine musicale bella ma non figa. Poi è arrivata la svolta e siamo entrati in una primavera dell’indie. Se hai una visione e hai il coraggio di portarla avanti poi verrai premiato».

Brunori descrive poi l’esperienza nella scorsa edizione del Festival di Sanremo: «Sono andato da una posizione in apparenza più comoda, cioè da ospite. Tutti siamo cresciuti con il Sanremo come simbolo nazionalpopolare. Sembrava di essere in un film, perché lì si entra in un film. È un baraccone da vivere con leggerezza, perché competere sarebbe stato massacrante».

Un altro sguardo approfondito alla concretezza della creazione artistica: «È come essere collegati ad una wireless che appartiene a qualcun altro e tu con una password riesci ad accedervi. Scrivendo, tu fingi un dolore che non hai mai provato. La canzone può creare crea una connessione che nella vita quotidiana non riusciresti mai ad ottenere. Entri in una dimensione diversa, come in un miracolo. La musica supera le barriere, ha che fare con le parole ma va oltre proprio grazie alla musica».

E poi scherza: «Non so cosa ho detto ma l’ho detto molto bene».

Un’estemporanea sonora di Dario Brunori

Infine Brunori si esibisce con Lui, lei, Firenze, Paolo, Guardia ’82 e La verità. In alcuni di questi brani il cantautore è accompagnato dalla Takabum Stretto Band. Ad certo punto, tra una canzone e un’altra, chiede: «Preferite che continuiamo la conversazione oppure che faccio un altro brano con i Takabum?» La risposta è scontata. O no?

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