The Crucible, il viaggio nei ’70 più colti e oscuri dei Motorpsycho
Tre lunghe suite a cavallo tra doom, progressive e psichedelia nell’ultimo album del trio norvegese
A seguirne la corposa discografia, c’è davvero da dare i numeri: The Crucible, uscito di recente per la Stickman, è il ventunesimo album in studio dei norvegesi Motorpsycho, che dal 1989 portano avanti con testardaggine la loro particolare ricetta sonora a base di prog, protometal, psichedelia e stoner settantiano.
Ma, se si considerano i quattro album di country rock pubblicati col nome The International Tussler Society si arriva a venticinque. Ventisei, se si aggiunge alla conta la colonna sonora di The Tussler. E non finisce qui, perché occorre considerare ancora diciassette ep e quattro singoli.
Insomma, abbiamo a che fare con dei veri e propri grafomani della musica, dall’ispirazione infinita e dal livello creativo piuttosto alto, che macinano di tutto.
E i tre lunghi brani che compongono The Crucible non fanno eccezione.
Anzi, è appena il caso di ricordare che The Crucible alla lettera significa il crogiuolo. E, al riguardo, è davvero difficile trovare un titolo più azzeccato, perché nelle loro tre suite, il trio scandinavo – composto dai due storici polistrumentisti Bent Saether e Hans Magnus Ryan più dal batterista Tomas Jarmyr – riesce ad amalgamare bene spunti e idee molteplici ed eterogenei.
A partire, appunto, dallo stoner, che caratterizza l’attacco dell’open track Psychotzar, che sembra preso di peso da un album dei Black Sabbath prima maniera con l’aggiunta di robuste spruzzate di psichedelia vintage, ben dosate dalle incursioni acide delle chitarre, più alcuni passaggi dark e doom di grande suggestione.
Nella suite Lux Aeterna emerge l’aspetto più prog del trio, che cita senz’altro i primi King Crimson nelle parti acustiche e nei melodiosi crescendo vocali, impreziositi dalla partecipazione della cantante Susanna Wallumrod, marcati dal sapiente uso del mellotron e dai fiati di Lars Horntveth, altro ospite prezioso. Ma nel lungo brano, oltre dieci minuti, c’è anche lo spirito di Frank Zappa, che aleggia nelle divagazioni bizzarre delle parti strumentali.
The Crucible, la title track, è un’altra lunghissima suite (venti minuti), dalle forti venature prog, che rinvia agli anni ’70 più colti e oscuri, pescando a man bassa dalle lezioni dei Crimson e degli Yes.
Un viaggio interessante e piacevole nel sound che ha reso una parte del rock un genere nobile. Già: non sempre la nostalgia è un limite e, con questo bell’album, i Motorpsycho lo dimostrano.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale dei Motorpsycho
Da ascoltare:
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