Vlad The Impaler: Dracula morde in norvegese
Power metal e melodie sublimi nel secondo concept album della saga musicale dedicata dallo scandinavo Trond Holter al Conte più famoso dell’immaginario contemporaneo
Buona la seconda. A tre anni dall’ottimo (e fortunato) Dracula-Swing Of Death, l’asso norvegese della chitarra Trond Holter rimette mano alla saga rock dedicata al vampiro più celebre dell’immaginario moderno e sforna il più che valido Vlad The Impaler, pubblicato come il predecessore dalla napoletana Frontiers.
Già dal titolo si capisce che Vlad The Impaler più che un sequel è un prequel, dedicato al Dracula storico, cioè a Vlad Tepes conte di Valacchia e acerrimo nemico dei turchi.
O meglio, come si intuisce da una lettura approfondita dei testi, l’album racconta l’inizio della dannazione del fiero e feroce condottiero e la sua trasformazione in vampiro. Il concept, diviso in dieci brani brillanti e tesi, è quindi un po’ più sofisticato di quel che sembra al primo impatto.
Le novità rilevanti riguardano gli interpreti: a fianco del chitarrista stavolta non c’è il mitico Jorn Lande, forse il cantante metal più gettonato della scena scandinava, che ha deciso di mollare il progetto per concentrarsi sulla sua band.
Ne ha rilevato il posto l’ottimo Nils K Rue, il frontman della prog metal band Pagan’s Mind, dotato di una timbrica decisamente più dura e in grado di imprimere all’album un’ottima caratterizzazione.
L’altra novità è data dall’ingresso della cantante Eva Iselin Erichsen, che si incarica di interpretare l’immortale Mina al posto di Lena Fleitmoen.
Per il resto, la formazione è immutata, segno che il progetto di Holter sta diventando una band vera e propria (e che squadra vincente non si cambia): il bassista Bernt Jansen (anche lui, come il leader, proveniente dai Wig Warm), il tastierista Erling Henanger e il batterista Per Morten Bergseth, proveniente dai Fracture.
Anche in questa prova il team esibisce affiatamento e compattezza notevoli nell’affrontare il songwriting complesso e carico di suggestioni del chitarrista, che brilla per varietà e versatilità, pur nel rispetto dei canoni classici del power metal.
I paragoni con Dracula-Swing Of Death, su cui si è esercitata la maggior parte dei commentatori che hanno approcciato l’album, sono fuori luogo: Vlad The Impaler non è migliore o peggiore del primo capitolo del concept, ma diverso. Più metal e meno operistico, più diretto e meno magniloquente.
Ma non per questo meno privo di quel pathos senza il quale non si dà rock opera degna del nome né è possibile raccontare la storia di un dolore e di un odio tali da portare dalla gloria alla dannazione.
Di sicuro l’open track Worlds On Fire, un pezzo potente ed epico di power metal dai cori ariosi e pieno di citazioni classicheggianti, soprattutto nelle parti soliste, racconta con efficacia la gloria guerriera di Vlad, evocando scenari di battaglia e spirito marziale.
Awakened (alla lettera Il risvegliato) introduce il tema dell’odio e della vendetta con un riffing durissimo e cupo che fa da contraltare a un approccio melodico che ricorda ancora una volta i classici della tradizione power (gli Helloween di The Dark Ride, giusto per fare una citazione).
Su toni altrettanto oscuri e potenti si muove la successiva Drums Of Doom, che parte con una citazione sfacciata (il riff iniziale è uguale a quello di Innuendo dei Queen) ed evolve in un power speed tiratissmo pieno di cambi di tempo e di atmosfera. Notevolissima l’interpretazione di Rue, che dà prova di un camaleontismo timbrico e di un’estensione tutt’altro che disprezzabili.
In The Last Generation, un brano più americano, che si segnala per l’uso suggestivo delle tastiere nel refrain, fa la sua prima comparsa solista la Erichsen, con una prova carica di pathos e un approccio vocale piuttosto pulito.
Di nuovo superba e piena di tratti crudeli l’interpretazione di Rue in I’ll Die For You, con cui Dracula si allontana dall’aspetto marziale per entrare in quello più intimistico e maledetto del personaggio. Con questo pezzo tirato e sofferto si entra nel vivo dell’odio che porta alla dannazione che a sua volta genera quella contraffazione dell’immortalità che è la condizione del non morto. Morirò per te, canta Rue ed esprime il dolore estremo dell’amore che muta nel suo contrario.
Shadows Of Love, che si segnala per un’altra bella interpretazione della Erichsen è una ballad sognante dai toni tragici, in cui l’amore di Mina culmina nella vampirizzazione.
Un arpeggio di pianoforte e di spinetta gotico e decadente introduce la teatrale Without You, in cui c’è la migliore interpretazione di Rue, che raggiunge livelli di trasformismo degni del miglior King Diamond. Il pezzo dura meno di tre minuti, ma le emozioni, tra cambi di atmosfere, riff priestiani e controtempi, sono più che assicurate.
In Under My Skin la Erichsen si prodiga in un’altra prestazione superba su un bel pezzo tutto in crescendo dalle grandi aperture melodiche cucito letteralmente sulla sua voce.
Vlad The Impaler, la title track, è un pezzo strumentale pieno di effetti orchestrali e di suggestioni cinematiche. Notevole la prestazione di Holter, che sfoga il suo virtuosismo in un assolo micidiale.
Save Me Part II, che riprende dal capitolo precedente e chiude l’album, è il miglior brano dell’album, grazie a un bel duetto dei due cantanti e a un coro suggestivo di voci femminili. Sugli scudi anche le prodezze del chitarrista nel lungo assolo malmsteeniano che conclude il pezzo.
Per gli appassionati c’è un simpatico omaggio: la versione acustica di Shadows Of Love, che aggiunge poco all’originale. Forse, un’interpretazione più sofferta della Erichsen e un assolo di chitarra ben impostato, che non scade nelle facilonerie flamenco a cui si concedono spesso i virtuosi metal quando suonano unplugged.
Vlad The Impaler è un album riuscito, grazie soprattutto a un songwriting a prova di bomba, che riesce a piegare tutti i cliché del power metal e dell’hard melodico al servizio di un racconto metamusicale in cui musica e letteratura si fondono alla perfezione.
Non è facile trattare un mito abusato come quello di Dracula. E meno facile è inserirsi con efficacia nel binomio rock e horror.
Trond Holter c’è riuscito e le dieci canzoni di Vlad The Impaler lo dimostrano. Non resta che ascoltarlo con attenzione e sperare in qualche data italiana del tour promozionale: chi ha avuto modo di assistervi dal vivo assicura che lo spettacolo che Holter e i suoi mettono in scena è all’altezza della musica. E allora incrociamo le dita…
Da ascoltare (e da vedere):
8,370 total views, 12 views today
Comments