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Moonsaw, quel trap internazionale che vien dalla provincia…

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Il quarto album del russo Fka Ivan e del rumeno Nimen, che vivono nel Modenese e spopolano nei club grazie a un crossover oscuro e ben riuscito tra hip hop, ambient e dream pop, più un pizzico di posse…

È trap, con tutto quel che ne consegue: autoproduzione che risulta pulita grazie alla perizia degli artisti alla consolle; testi aggressivi e a volte estremi, bollati come explicit anche da Spotify; contaminazioni che arrivano a lambire il pop.

In una parola, è Moonsaw, il recente album autoprodotto di Fka Ivan e Nimen, due artisti esteuropei, russo il primo e rumeno il secondo, e italiani di adozione, che vivono e operano a Spilamberto, nel Modenese.

Trap di provincia, il che non è un difetto, visto che parliamo di rap dei sobborghi.

Frozen/Locked apre l’album con un crossover tra una base dub, armonizzazioni ambient e cantato che ammicca al posse. Il «fuck me up» che emerge tra una rima e l’altra giustifica il bollino rosso della piattaforma digitale. Ma è la musica, davvero suggestiva e non limitata a un ruolo di mero supporto ai versi, a fare la differenza.

Stesso discorso per Realize, che presenta una linea melodica più marcata.

Grande atmosfera notturna in Blizzard, forse il brano più claustrofobico, in cui i due virano sul cantato rap più canonico su una base vagamente psichedelica.

Altra incursione notturna in FullMoon, che si distingue per l’uso delle campane tubolari campionate su una base di sequencer cupissima.

Un curioso esperimento di field recording, che riproduce lo zapping televisivo apre la breve Interlude, che, dopo alcune rime (sempre explicit, state tranquilli), sfocia in Banshee, un rap più canonico e dai versi meno spinti, che lambisce l’hip hop tradizionale.

Il mix di melodia e posse torna a farsi sentire in SharpShine.

Miss Me conclude l’album nel segno della melodia.

Efficace, ben concepito e ben arrangiato, Moonsaw segna un importante giro di boa nella produzione dei due artisti, giunti al quarto album e a una discreta notorietà nei circuiti specializzati.

Peccato solo per la dimensione artigianale della produzione, che non consente di far conoscere la musica di questo duo per come meriterebbe.

Ma se amate certe sonorità, ascoltateli attentamente: non ve ne pentirete.

Da ascoltare:

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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